Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33522 del 27/12/2018
Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, (ud. 30/11/2018, dep. 27/12/2018), n.33522
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22208/2012 R.G. proposto da
AMIFIN DI A.A. & C. SNC, B.R.,
rappresentati e difesi dall’avv. Roberto Tieghi e dall’avv. Ernesto
Maria Ruffini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma,
via Sicilia n. 66.
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,
rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio
legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato. – controricorrente avverso la sentenza della
Commissione tributaria regionale delle Marche, sezione n. 4, n.
39/04/12, pronunciata il 17/01/2012, depositata il 22/02/2012.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 novembre
2018 dal Consigliere Riccardo Guida.
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del
Sostituto Procuratore Generale De Renzis Luisa che ha chiesto il
rigetto del ricorso.
Fatto
RILEVATO
che:
1. Amifin di A.A. & C. Snc, con sede legale in Pesaro, e B.R., in qualità di socio, ricorrono, con due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche (in seguito: CTR), in epigrafe, che – nella controversia riguardante l’impugnazione di due avvisi di accertamento che recuperavano a tassazione, ai fini delle imposte dirette, per l’anno 2002, maggiore imponibile della società, imputato per trasparenza al socio, in conseguenza del mancato riconoscimento della detassazione, di cui alla L. n. 383 del 2001 (c.d. Tremonti bis), sull’investimento immobiliare consistente nell’acquisizione, tramite contratto di leasing, di un immobile, ad uso negozio/ufficio, posto nel Comune di Milano – ha rigettato l’appello dei contribuenti, confermando la sentenza di primo grado;
la CTR, per quanto ancora rileva, ha affermato che: a) ai sensi della L. n. 383 del 2001, art. 4, comma 4, l’agevolazione fiscale è riconosciuta solo se l’investimento immobiliare riguarda l’acquisto (anche mediante contratti di locazione finanziaria) di beni strumentali per natura, ossia di “beni strettamente funzionali all’esigenza di produzione della società”; b) la società aveva modificato il proprio oggetto sociale (da quello di commercio all’ingrosso di bevande a quello di locazione di beni immobili propri e sublocazione), in data successiva al 25/10/2001 (data di entrata in vigore della L. n. 383 del 2001) e, inoltre, essa non aveva provato di avere iscritto l’immobile nel registro dei beni ammortizzabili;
i ricorrenti hanno depositato una memoria ex art. 380-bis1 c.p.c.;
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si denunciano la violazione e la falsa applicazione della L. n. 383 del 2001, art. 4, comma 4, per non avere la CTR riconosciuto l’agevolazione fiscale che, invece, con riferimento agli investimenti immobiliari, riguardava i beni strumentali “per natura”, come quello oggetto di causa, consistente in un ufficio (categoria A/10), bene strumentale per natura, appunto, anche ai sensi dell’art. 40 T.U.I.R., posto che: “per una società che ha quale oggetto sociale la “locazione immobiliare di beni proprio o in leasing”, non esiste nulla di più strumentale che un bene immobile da dare in locazione (…)”;
1.1. il motivo è infondato;
la Corte ha avuto modo di affermare che: “la portata selettiva dell’agevolazione, circoscritta dalla L. n. 383 del 2001, citato comma 4, per le società immobiliari solo ai beni strumentali per natura, anche per il possibile rinvio definitorio all’art. 40 T.U.I.R., comma 2, ratione temporis vigente, rimanda ad una nozione di esclusivo riguardo agli immobili che abbiano, come unica destinazione, quella di essere impiegati direttamente dal contribuente nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali, sì da non essere idonei a produrre un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale, nel quale sono inseriti (Cass. 1225/2011). E’ vero poi che in tema di imposte sui redditi, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 40, gli immobili appartenenti ad imprese commerciali gestite da società di capitali costituiscono beni strumentali, anche se non sono utilizzati direttamente e sono dati in locazione, ma solo se per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa destinazione senza radicali trasformazioni, restando altrimenti assoggettati al regime proprio delle fonti di reddito (nella specie, fondiario) ed in ogni caso incombe al contribuente che intenda far valere la natura strumentale dell’immobile l’onere di fornire la prova della sua destinazione esclusiva all’utilizzazione nell’attività propria dell’impresa (Cass. 25609/2006).” (Cass. 2/04/2014, n. 7625);
la CTR, facendo corretta applicazione di questo principio di diritto, ha affermato che – alla luce della ratio della norma agevolativa, volta a stimolare l’attività produttiva del Paese – per il riconoscimento del beneficio fiscale in esame, in relazione all’investimento immobiliare su beni strumentali “per natura”, è necessario che ricorra il requisito oggettivo della funzione strumentale del bene rispetto all’attività d’impresa;
dopodichè, con un accertamento di fatto, incensurabile in questa sede di legittimità (se non sotto il diverso profilo del vizio di motivazione), la sentenza impugnata, per un verso, ha osservato che la società, come suaccennato, aveva mutato il proprio oggetto sociale successivamente al 25/10/2001, data di entrata in vigore della legge n. 383/2001; per altro verso, ha negato che lo stesso ente collettivo, gravato del relativo onere probatorio, avesse dimostrato di avere registrato il fabbricato ad uso ufficio, posto in Milano, nel registro dei beni ammortizzabili;
2. con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono dell’insufficiente motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n 5, che non avrebbe chiarito la ragione per la quale un immobile strumentale, classificato nella categoria catastale A/10, e destinato a locazione, da parte di una società che ha per oggetto sociale proprio la locazione di immobili, non dovrebbe essere annoverato tra i beni strumentali dell’azienda;
2.1. il motivo è infondato;
diversamente da quanto affermano i ricorrenti, la CTR, senza incorrere in vizi di ordine logico o giuridico, come risulta dalla disamina del precedente motivo, ha dato conto, in modo esaustivo, delle ragioni che l’hanno indotta a negare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento, alla società, della detta agevolazione fiscale in relazione all’acquisto, in leasing, del fabbricato ad uso ufficio posto nel capoluogo lombardo;
3. ne consegue il rigetto del ricorso;
4. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna i contribuenti, in solido, a pagare all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.300,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2018