Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33118 del 21/12/2018
Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 18/09/2018, dep. 21/12/2018), n.33118
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19699-2017 proposto da:
Q.D., nella propria qualità di legale rappresentante
della (OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI SANNA;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE
di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO
GHISIGLIERI;
– controricorrente –
contro
ENI SPA (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 73/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
depositata il 30/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 18/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA
ALDO ANGELO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
1. – Con sentenza del 29 marzo 2017 il Tribunale di Savona ha dichiarato il fallimento della s.r.l. (OMISSIS). Contro la pronuncia ha sporto reclamo la società, a mezzo del suo legale rappresentante Q.D., assumendo in particolare la sussistenza in fattispecie di tutti i requisiti di “non fallibilità” stabiliti dalla norma della vigente L. fallimentare, art. 1, comma 2.
2. – Con sentenza pubblicata il 30 giugno 2017 la Corte di Appello di Genova ha respinto il reclamo così proposto.
Essa ha rilevato in special modo che, al di là dell’esistenza di un debito erariale, la “posizione debitoria della società, oltre ai debiti per cui vi è stata insinuazione al passivo del Fallimento pari a Euro 289.294,00, è aggravata dai debiti bancari oggetto di accollo non liberatorio previsto nell’atto di cessione di azienda… per altri Euro 210.867,43 e così per debiti superiori a Euro 500.000,00”. Ha aggiunto che, nell’ambito dei ricavi lordi, andava ricondotto pure il corrispettivo ottenuto dalla cessione dell’azienda rappresentata da uno stabilimento balneare, da solo determinante per il “superamento di questo requisito”. Ha osservato, altresì, che “dai bilanci prodotti dal Fallimento” emergeva “un attivo patrimoniale superiore a Euro 300.000,00 che smentisce la ricostruzione fatta da (OMISSIS)”.
3. – Contro la detta pronuncia ha fatto ricorso la s.r.l. (OMISSIS), affidandosi a tre motivi di cassazione.
Il Fallimento ha depositato controricorso. Non ha invece svolto difese la s.p.a. ENI, creditore che aveva presentato l’istanza di fallimento.
4. – Il primo motivo “deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per omessa pronuncia”.
Il motivo rimprovera alla Corte di non essersi pronunciata sul fatto che i debiti erariali, individuati a carico della società, era contestati dalla medesima; che era stata sollevata, anzi, un’apposita “eccezione di prescrizione quinquennale”.
Con il secondo motivo, il ricorrente assume “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. fall., art. 5, la violazione della L. abolitrice del contezioso amministrativo, art. 5, nonchè della L. fall., art. 1 comma 2”.
Riprendendo il tema già svolto nel primo motivo, il ricorrente sostiene che “molti” dei pretesi debiti tributari “sono soggetti a prescrizione quinquennale e conseguentemente avrebbe dovuto comunque il Tribunale di Savona effettuare una verifica reale sui debiti”. Del resto – aggiunge il motivo – “non vi è neppure prova della notifica nè degli atti impositivi nè delle cartelle esattoriali relative”.
Il terzo motivo lamenta, “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2424 c.c.e dell’art. 2424 bisc.c., nonchè dell’art. 2426 c.c., comma 1, n. 2”.
Il motivo dichiara di contestare l’assunto della Corte territoriale, secondo cui “quanto ottenuto dalla cessione del ramo di azienda” di cui allo stabilimento, avrebbe dovuto essere inserita nei ricavi lordi.
Ad avviso del ricorrente, la Corte genovese confonde tra ricavo e immobilizzazione materiale, così violando il disposto dell’art. 2426 c.c. e pure quello dell’art 2424 c.c., là dove queste disposizioni si occupano degli “elementi patrimoniali destinati a essere utilizzati durevolmente” e che, in via correlata, debbono essere sistematicamente ammortizzati esercizio per esercizio. Si segnala altresì che, “se dalla vendita del bene scaturisce un valore di realizzo superiore rispetto al valore contabile, tale differenza prende il nome di plusvalenza patrimoniale”.
5. – I motivi esposti dal ricorrente sono da considerare in modo unitario, posto che la norma della L. fall., art. 1 comma 2, richiede la contestuale presenza di tutti i requisiti ivi previsti, per potere pervenire all’esonero dal fallimento.
Ora, i motivi sviluppati dal ricorrente si concentrano solo su due dei tre requisiti che sono previsti dalla norma: quello di cui alla lett. c. (con riferimento al primo e al secondo motivo) e quello di cui alla lett. b. (con riguardo al terzo motivo).
Non risulta dunque in alcun modo censurata l’affermazione della Corte genovese relativa alla mancata presenza, in fattispecie, del requisito di cui alla lett. a.
Ne consegue – pure in via enunciativa della ragione più liquida di giudizio – che un distinto esame dei motivi positivamente svolti dal ricorrente non potrebbe comunque portare a un mutamento di vettore della decisione che è stata impugnata.
6. – Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 4.100,00 (di cui Euro 100 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.
Dà atto, ai seri del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a mente dell’art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018