Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33250 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2018, (ud. 03/07/2018, dep. 21/12/2018), n.33250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 23215 del ruolo generale dell’anno 2011

proposto da:

Serber Chimica s.r.l., in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa dagli Avv.ti Ettore Bontempi e Michele Aureli

per procura speciale a margine del ricorso, elettivamente

domiciliata in Roma, via Asiago, n. 8, presso lo studio di

quest’ultimo difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia della entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia Romagna, n. 46/7/10, depositata il giorno 30

giugno 2010;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2018

dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo.

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: la ricorrente aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Rimini avverso la cartella di pagamento con la quale l’Amministrazione finanziaria aveva disconosciuto un credito Iva relativo all’anno 2001, che la società contribuente aveva esposto nella dichiarazione Iva relativa all’anno 2002, in quanto nell’anno precedente non era stata presentata la dichiarazione annuale Iva; la Commissione tributaria provinciale di Rimini aveva rigettato il ricorso; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello la società contribuente;

la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha rigettato l’appello, avendo ritenuto che, non avendo la società contribuente presentato la dichiarazione annuale Iva per l’anno 2001, la stessa non poteva riportare il credito Iva maturato in quell’anno nella successiva dichiarazione dell’anno 2002;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte la società contribuente, affidato a tre motivi di censura;

si è costituita l’Agenzia delle entrate depositando controricorso;

la società contribuente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere pronunciato sul motivo di appello con il quale la contribuente aveva contestato la decisione del giudice di primo grado che aveva omesso di pronunciare sulla questione del difetto di motivazione della cartella di pagamento;

con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere pronunciato sul motivo di appello con il quale la contribuente aveva contestato la decisione del giudice di primo grado che aveva omesso di pronunciare sulla questione della nullità della cartella di pagamento per eccesso di potere, non potendosi applicare, alla fattispecie, la previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, limitata solo alle ipotesi di accertamento di errori materiali o di calcolo commessi dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, ovvero alla non tempestività dei versamenti;

i motivi, che possono essere esaminati unitamente, sono fondati;

dall’esame del ricorso della società contribuente si evince che la stessa aveva proposto, come specifici motivi di appello, le questioni sopra descritte nell’illustrazione del contenuto dei presenti motivi di ricorso e su di essi non risulta che il giudice di appello si sia pronunciato;

secondo la giurisprudenza di questa Corte, sussiste il vizio di omessa pronuncia, con violazione dell’art. 112 c.p.c., allorchè manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado, mentre tale violazione non ricorre nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda (Cass. n. 16254 del 25/09/2012; id n. 11756 del 2006);

con riferimento alla presente controversia, la pronuncia del giudice di appello ha riguardato unicamente la questione, in diritto, degli effetti della mancata presentazione della dichiarazione annuale Iva sul diritto alla detrazione nell’anno successivo;

la questione, quindi, su cui è stata resa la pronuncia assume una valenza giuridica autonoma non strettamente connessa, sotto il profilo logico-giuridico con quella, diversa, del difetto di motivazione dell’atto impositivo, sicchè, in siffatti casi, non può ragionarsi in termini di assorbimento implicito della questione del difetto di motivazione prospettato;

con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 9 e 30, per avere ritenuto che la mancata presentazione della dichiarazione annuale Iva impedisca di portare in detrazione nell’anno successivo il credito Iva maturato nell’anno precedente;

il motivo è fondato;

lo stesso pone la questione relativa alla possibilità per il contribuente di portare in detrazione un credito Iva (nella specie, entro il secondo anno successivo a quello di maturazione) in caso di omessa dichiarazione IVA nel primo anno successivo;

successivamente alla proposizione del ricorso, a cagione dei contrasti registrati sul punto tra le Sezioni semplici della Corte, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite, che hanno affermato il principio di diritto secondo cui “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a Iva o finalizzati a operazioni imponibili” (Sez. Un., 8 settembre 2016, n. 17757; Cass., sez. 5, 20 gennaio 2017, n. 1927);

alla luce della suddetta linea interpretativa, il contribuente, pertanto, può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale (e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto) purchè siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione. La sussistenza di tali requisiti esclude difatti la rilevanza dell’assenza di quelli formali, ivi comprese le liquidazioni periodiche, purchè sia rispettata, come nel caso in esame, la cornice biennale prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 per l’esercizio del diritto di detrazione (in tale senso, Cass. 28 luglio 2015, n. 14767; Cass. 3 marzo 2017, n. 5401);

al necessario rispetto del termine biennale di decadenza fa, del resto, espresso riferimento, nell’enunciazione del principio di diritto, la suindicata sentenza delle Sezioni Unite, che identifica la cornice biennale come “rilievo generale ed interno” che governa l’esercizio del diritto di detrazione;

la pronuncia censurata non ha fatto applicazione dei suddetti principi, avendo ritenuto che la mancata presentazione della dichiarazione Iva sia ostativa al riconoscimento del credito Iva portato in detrazione nella dichiarazione Iva dell’anno successivo; ne consegue l’accoglimento ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio;

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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