Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33008 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2018, (ud. 30/11/2018, dep. 20/12/2018), n.33008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25359/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

S.I.T.A.T. Srl, rappresentata e difesa dall’avv. Gualtiero Cannavò,

elettivamente domiciliata presso il suo studio in Messina, via

Camiciotti n. 13.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, sezione n. 27, n. 133/27/11, pronunciata il 22/12/2010,

depositata il 29/09/2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 novembre

2018 dal Consigliere Dott. Guida Riccardo.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La controversia riguarda l’opposizione, da parte della SITAT Srl, avverso un avviso di accertamento del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41-bis, con il quale l’Agenzia delle entrate, in seguito ad un verbale di constatazione della Guardia di Finanza (datato 7/08/1998), contestò alla società, ai fini IRPEG e IRAP, per l’annualità 1995, un maggiore reddito imponibile di Lire 319.072.000 (Euro 164.786,93);

2. la Commissione tributaria provinciale di Messina, con sentenza n. 621/05/2002, accolse il ricorso della contribuente; tale pronuncia è stata confermata dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia (in seguito: CTR), con la decisione in epigrafe;

la CTR, per un verso, ha escluso che la contribuente, in qualità di appaltatrice, nell’anno d’imposta 1995, avesse maturato un credito, certo ed esigibile, verso la committente Sicom Srl, per lavori eseguiti presso il cantiere “(OMISSIS)”, in quanto, al 31/12/1995, i lavori erano tuttora in corso; per altro verso, con riferimento al recupero a tassazione di Lire 38.258.000, relativo ad un versamento dei soci a copertura delle perdite, non ha ritenuto: “violata alcuna normativa fiscale.”;

3. per la cassazione ricorre l’Agenzia delle entrate, sulla base di quattro motivi; la società, che resiste con controricorso, ha depositato una memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c..

Diritto

Considerato

che:

1. con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in cui sarebbe incorsa la CTR che, da un lato, non ha esposto le ragioni del proprio convincimento e, dall’altro, non ha tenuto conto che il recupero fiscale è scaturito da un controllo incrociato, compiuto dalla Guardia di Finanza, sulla contabilità di SITAT Srl e di Mar Costruzioni, che aveva effettuato lavori edili, presso il cantiere “(OMISSIS)” di proprietà della Sicom Srl (che, formalmente, aveva incaricato dell’esecuzione delle opere la stessa SITAT Srl), per i quali aveva emesso cinque fatture, per complessive Lire 212.5000.00, intestandole a SITAT Srl;

da questa circostanza, tralasciata dal giudice d’appello, l’Agenzia aveva desunto che, se l’appaltatrice effettiva aveva fatturato a SITAT Srl, quest’ultima avrebbe dovuto ri-addebitare alla committente Sicom Srl il corrispettivo pagato, maggiorato della percentuale del 30%, pari alla normale redditività del settore edilizio, per un totale di Lire 276.250.130, quale reddito non dichiarato che, perciò, era stato recuperato a tassazione;

in base alla prospettazione dell’Amministrazione finanziaria, quindi, il decisum dei giudici di merito, secondo cui il recupero non era legittimo in quanto la società verificata non aveva alcun obbligo di fatturazione, al 31/12/1995, poichè i lavori erano ancora in corso, era eccessivamente semplicistico, sia perchè non erano indicati gli elementi di fatto sottesi a una simile asserzione, sia perchè l’emissione delle fatture, da parte della società che aveva effettivamente eseguito i lavori, e il loro pagamento, da parte di SITAT Srl, costituivano una solida base presunzione rispetto al fatto, ignoto, che anche il credito di SITAT Srl verso la committente Sicom Srl fosse stato soddisfatto;

2. con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si addebita alla CTR la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis, per non avere attribuito alcuna rilevanza alla ricostruzione presuntiva del reddito in questione, da parte dell’Ufficio che, dal canto suo, si era uniformato al meccanismo probatorio delineato da tale articolo;

2.1. il primo e il secondo motivo, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono fondati;

e, invero, l’accertamento parziale non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto a quello previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39 e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55, bensì una modalità procedurale che ne segue le medesime regole, sicchè il relativo oggetto non è circoscritto ad alcune categorie di redditi e la prova può essere raggiunta anche in via presuntiva (Cass. 4/04/2018, n. 8406);

ciò precisato, la CTR non ha fatto corretta applicazione di tale principio e, a causa di un error in judicando, ha completamente trascurato che, a norma dell’art. 41-bis, l’esistenza di un reddito non dichiarato può essere accertata anche per presunzioni; in secondo luogo, con un vizio dell’apparato argomentativo, ha affermato, in termini anapodittici, che, alla fine del 1995 (annualità in verifica), l’appalto che avrebbe generato il reddito non dichiarato era ancora in corso; infine, non ha preso posizione, esplicitando il percorso logico seguito, sulla tesi dell’Agenzia, per la quale il reddito in questione poteva essere accertato per presunzioni, giacchè, di solito, l’appaltatrice paga l’impresa cui ha demandato la realizzazione delle opere solo dopo avere ricevuto, a sua volta, il pagamento da parte della committente;

3. con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si fa valere il vizio di motivazione della decisione che ha laconicamente disatteso il recupero a tassazione delle somme versate dai soci a copertura delle perdite, non ritenendo violata alcuna norma, senza considerare che l’Ufficio aveva puntualmente esposto che, per la deducibilità di quel costo, sarebbe stata necessaria la prova documentale dell’esistenza della perdita e della decisione sociale di coprirla con un versamento da parte dei soci, laddove, nella specie, SITAT Srl non aveva prodotto, neppure in fase contenziosa, un documento (ad esempio: un verbale d’assemblea) a supporto di una simile scelta gestionale;

4. con il quarto motivo, ai sensi degli artt. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, infine, si critica la sostanziale assenza di motivazione e, conseguentemente, la nullità della sentenza, che poggerebbe su mere affermazioni di principio;

4.1. il quarto motivo è fondato;

secondo l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. 7/04/2014, nn. 8053 e 8054): “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”;

onde, a seguito della riforma del 2012 – proseguono le sezioni unite scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della motivazione, ossia con riferimento a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata;

le sezioni unite, inoltre, hanno statuito che: “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto tale una motivazione caratterizzata da considerazioni affatto incongrue rispetto alle questioni prospettate, utilizzabili, al più, come materiale di base per altre successive argomentazioni, invece mancate, idonee a sorreggere la decisione)” (Cass. 3/11/2016, n. 22232);

nella controversia tributaria in esame, con riferimento al tema del decidere (recupero, da parte dell’ente collettivo, delle somme versate dai soci a copertura delle perdite), la Commissione regionale dichiara, esclusivamente, di non ravvisare la violazione di alcuna norma, senza illustrare alcun iter logico e senza prendere posizione sull’assunto dell’Ufficio, che aveva negato la deducibilità del costo, in mancanza di una corrispondente deliberazione societaria;

5. il terzo motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento del quarto motivo;

6. alla stregua di queste considerazioni, accolti il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso, assorbito il terzo motivo di ricorso, la sentenza è cassata, con rinvio alla Commissione regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui è demandato anche di decidere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso; dichiara assorbito il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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