Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20838 del 02/08/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/08/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 02/08/2019), n.20838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5743-2018 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO MULA;

– ricorrente –

contro

COMPAGNIA ITALIANA DI PREVIDENZA ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI SPA,

B.C., B.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 943/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 30/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2007, S.A. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Agrigento, Italia Assicurazioni, Baio Carmela e Bellavia Domenico, per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i danni subiti nel sinistro stradale verificatosi in data 10.11.2004.

Lo S. espose che in prossimità di un incrocio, la B. non si fermò al segnale di stop, scontrandosi con la sua auto. A seguito di tale incidente, gli venne diagnosticato un “trauma discorsivo spalla DS e cervicalgia da contraccolpo”, con una prognosi di giorni 10. Circa un anno dopo, a causa di dolori persistenti, venne sottoposto ad un intervento chirurgico di reiserzione trans-ossea del capo omerale del tendine grande pettorale dove venne diagnosticato un disturbo Post Traumatico da Stress.

Il Tribunale di Agrigento, con sentenza n. 104/2012 del 27/01/2012, nella contumacia di B.C. e B.D., condannò la Italiana Assicurazioni s.p.a., B.C. e B.D., in solido tra loro, a pagare la somma complessiva di Euro 53.091,06, oltre gli interessi legali dalla data della decisione a quella del saldo, le spese di lite sostenute e le spese di C.T.U.

Seppure in parte favorevole, avverso tale sentenza, S.A. propose appello chiedendone parziale riforma. Si costituì in giudizio Italiana Assicurazioni Spa con memoria difensiva, contenente anche appello incidentale, chiedendo il rigetto dell’istanza per infondatezza.

2. Con sentenza n. 943/17 del 30/06/17, la Corte di Appello di Palermo, riformava in parte la decisione di prime cure. In punto di fatto, la Corte concordava con il Tribunale, riconoscendo la responsabilità prevalente nella causazione del sinistro, nella misura del 90%, in capo alla B. e, il residuo del 10%, in capo allo S., poichè quest’ultimo aveva l’obbligo di attenersi a canoni di prudenza, ovvero per non avere dato prova di avere rallentato in prossimità dell’incrocio.

Condividendo il giudizio dei CTU e della sentenza di prime cure, la Corte riconosceva il danno non patrimoniale da invalidità temporanea.

In parziale riforma della decisone del Tribunale, la Corte riconosceva la valutazione del danno permanente nella misura del 24%, comprensivo del danno biologico e del danno c.d. morale, come danno patrimoniale, le spese mediche sostenute, per un totale complessivo di Euro 74.289,16, oltre le spese di lite sostenute.

Infine, veniva rigettata per infondatezza, la domanda tendente a conseguire il risarcimento del danno patrimoniale subito da S., per la perdita totale della capacità lavorativa specifica, consistente nel deficit disfunzionale, a carico della spalla destra. A fondamento della decisione, la Corte riteneva che non poteva farsi discendere, in modo automatico, la presunzione del lucro cessante. La riduzione della capacità di guadagno, che comporta la diminuzione dalla produzione di reddito, integra un danno patrimoniale, liquidato a norma dell’art. 2043 c.c. Nel caso di specie, S. non aveva provato di aver subito, a causa del sinistro, una riduzione del proprio reddito.

3. Avverso tale sentenza S.A. ricorre per Cassazione sulla base di due motivi.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.

6.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la “Violazione o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. (ex art. 360 c.p.c., n. 5). La Corte avrebbe errato laddove nella sentenza a pag. 16 e 17, non ha riconosciuto l’incapacità lavorativa specifica del ricorrente”.

La Corte avrebbe mal interpretato la norma dell’art. 2043, in merito alla risarcibilità del danno da incapacità lavorativa specifica, poichè nel caso di specie – distacco del muscolo pettorale sinistro, conseguita da operazione di reinserimento trans-ossea del capo omerale del tendine grande pettorale – avrebbe portato S. ad una incapacità lavorativa specifica del 100% quale allenatore di Bodybuilding, a causa del divieto assoluto di alzare pesi, oltre ad una incapacità psichica a lavorare a seguito del sinistro.

6.2. Con il secondo motivo il ricorrente si duole dell'”Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Nella specie, la Corte avrebbe errato nell’aver omesso di esaminare le critiche avanzate nelle CTU medico-legale, redatta dal Prof. P. e L.S., nelle quali si evidenzierebbero gravissime contraddizioni, che avrebbero inficiato la valutazione dei postumi invalidanti e lo stesso accertamento del danno patrimoniale in merito al danno estetico, al danno psichico e al danno da incapacità lavorativa specifica.

7. Le due doglianze possono essere esaminate congiuntamente.

In disparte l’inammissibilità derivante dal fatto che essi sono strutturati con la mera riproduzione di atti difensivi di parte.

E comunque, il primo motivo si risolve nella sostanziale richiesta di apprezzare in modo diverso da quello deciso dai giudici del merito. Il profluvio di considerazioni postula un simile apprezzamento e lo fa evocando risultanze probatorie così sollecitando una valutazione della quaestio fatti che colloca al di fuori dei limiti in cui il nuovo n. 5 la consente, giusta le Ss.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014.

Infatti l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Per quanto riguarda il secondo motivo anche qui si risolve in una sollecitazione a valutare una sede di risultanze probatorie e non denuncia un vizio in iure: Nella parte finale pone, poi, almeno parrebbe, un problema di mancata valutazione di documenti e di ammissione di prove, il che conferma quanto osservato sul tenore del motivo.

Come più volte ribadito da questa Giurisprudenza, la valutazione delle prove ricade nella discrezionalità del Giudice di merito. La motivazione non è affetta da vizi logico-giuridici, ovvero perfettamente coerente con gli elementi di prova acquisiti.

8. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Non occorre disporre sulle spese in considerazione del fatto che l’intimata non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2019

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