Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32543 del 14/12/2018
Cassazione civile sez. VI, 14/12/2018, (ud. 10/07/2018, dep. 14/12/2018), n.32543
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6572-2018 proposto da:
O.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso
la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati ARESI
TIZIANA, SEREGNI MASSIMO CARLO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il
17/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/07/2018 dal Consigliere Dott. ALDO ANGELO
DOLMETTA.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.
1.- La cittadina nigeriana signora Olaye Glory ha presentato domanda di protezione internazionale davanti alla Commissione Territoriale di Brescia.
Ha esposto di avere appreso, al momento della morte del padre, che questi faceva parte di una setta segreta (indicata nella setta degli (OMISSIS)); che i membri della setta esigevano, per celebrare i funerali, il suo sacrificio, quale figlia primogenita; che era allora fuggita dapprima a casa del fidanzato, poi in Libia e infine in Italia; che era giunta a Milano, dove aveva conosciuto una donna nigeriana che l’aveva accolta nella sua casa, così riuscendo a vivere di elemosine; che temeva il rimpatrio in Nigeria perchè sarebbe stata catturata dai membri della setta.
La Commissione Territoriale ha respinto la domanda, ritenendo le dichiarazioni rese del tutto generiche e per nulla credibili.
2.- Con decreto del 17 gennaio 2018, il Tribunale di Brescia ha rigettato il ricorso presentato dalla cittadina nigeriana avverso il provvedimento della Commissione.
In particolare, la pronuncia ha rilevato come non fosse stato indicato alcun elemento probatorio propriamente inteso, la richiedente fornendo altresì una “versione assolutamente inverosimile, generica e per diversi aspetti contraddittoria” dei fatti. E ha concluso che nella specie non era emerso nessun elemento atto a integrare i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato; e neppure per il riconoscimento della protezione sussidiaria, posto che in proposito la richiedente si era limitata a “indicare alcune pronunce giurisprudenziali e le instabili condizioni del paese di provenienza”.
3.- Contro tale decreto è insorta O.G., con ricorso affidato a due motivi di cassazione.
Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.
4.1.- Il primo motivo di ricorso denunzia “violazione dell’art. 360 c.p.c, comma 1, n. 3 in relazione al D.Lgs n. 251 del 2007, artt. 3 e 5”.
Nella sostanza, esso contesta la valutazione sulla credibilità delle dichiarazioni della cittadina nigeriana che è stata effettuata dal Tribunale lombardo. “Le dichiarazioni della ricorrente risultano coerenti, lineari e assolutamente plausibili alla luce delle informazioni relative al suo luogo di provenienza” – si rileva in particolare – “ove la setta degli (OMISSIS) è presente e attiva”.
4.2.- Il motivo è inammissibile.
Al di là della pure evidente loro genericità, le censure della ricorrente – per quanto formulate nella prospettiva del vizio della violazione di legge – vengono in realtà a contrapporre alla valutazione dei fatti compiuta dal Tribunale (: “quella degli (OMISSIS) non è una setta di assassini, bensì una confraternita”) degli apprezzamenti difformi in relazione alle regole di comportamento della setta degli (OMISSIS). Peraltro, il riesame dei fatti è attività non consentita all’esame di questa Corte.
5.1.- Il secondo motivo di ricorso denunzia “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n.3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c) e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3”.
Nel concreto, il motivo assume che il Tribunale di Brescia si è basato – nel verificare la situazione generale esistente in Nigeria – su dati risalenti, così non tenendo conto che la situazione socio-politica di questo Paese è “degenerata negli ultimi mesi”, “con pesante recrudescenza della violenza, sia da parte di gruppi privati, che addirittura dalle forze dell’ordine”.
A proprio conforto, il motivo richiama gli estremi di una serie di pronunce di merito.
5.2.- Il motivo è inammissibile.
In effetti, lo stesso, se da un lato richiede un nuovo esame delle circostanze di fatto rilevanti, d’altro non va oltre enunciati meramente generici, in nulla circonstanziati.
6.- In conclusione, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a mente del medesimo art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 12 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2018