Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32222 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. III, 13/12/2018, (ud. 04/10/2018, dep. 13/12/2018), n.32222

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20827-2015 proposto da:

B.A., F.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

GIOVANNI BARRACCO 2, presso lo studio dell’avvocato ANGELA SOCCIO,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati CESARE BOSIO,

GUIDO MEDINA giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n, 153/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 05/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/10/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza del 21 luglio 2008 il Tribunale di Imperia rigettava la domanda di riscatto di un terreno proposta da F.G. e B.A. nei confronti dell’acquirente di tale terreno, P.A., per difetto di prova del requisito di mancanza di alienazione di fondi da parte degli attori nel biennio antecedente alla compravendita.

F.G. e B.A. proponevano appello principale e P.A. appello incidentale. La Corte d’appello di Genova, con sentenza del 5 febbraio 2015, rigettava il gravame principale e dichiarava assorbito quello incidentale.

Hanno proposto ricorso, articolato in due motivi, F.G. e B.A.; l’intimata non si difende.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115,116,61,198 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 3 in relazione alla L. n. 590 del 1965, art. 8 e L. n. 817 del 1971, art. 7 nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo.

Come il primo giudice, anche il giudice d’appello ha ritenuto indimostrato il requisito dell’omessa alienazione nel biennio antecedente di fondi da parte degli attuali ricorrenti; a entrambi giudici di merito sarebbe sfuggito che la prova è rinvenibile negli atti: l’onere probatorio sarebbe infatti assolto, sia con omessa contestazione specifica di controparte, sia (ciò è ancora più evidente, e tutto assorbe) in base alle dichiarazioni dei redditi di F.G. nel biennio interessato, prodotte con l’atto di citazione, e ai modelli CD1, pure prodotti con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6. Di questo le motivazioni non farebbero menzione. Segue un’analisi di tali documenti, per affermare poi che sarebbe stata ammissibile al riguardo la consulenza tecnica d’ufficio e per concludere infine per la sussistenza della violazione di tutte le norme invocate in rubrica.

Pur tentando di rientrare, nella parte finale, nell’ambito di una censura giuridica, il motivo in realtà si presenta ictu oculi direttamente fattuale, prospettando una valutazione alternativa del compendio probatorio da parte del giudice di legittimità e quindi risultando inammissibile.

2. Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115,116 e 167 c.p.c. in relazione alla L. n. 590 del 1965, artt. 8 e 7, nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo.

Pur reputando risolutivo il motivo precedente, i ricorrenti spiegano di aggiungere il presente motivo “per mero scrupolo difensivo”. Avrebbe errato la corte territoriale negando che non vi sia stata la non contestazione di controparte sul requisito dell’omessa alienazione nell’antecedente biennio, e su tale profilo il motivo argomenta.

Questa censura è del tutto inconsistente (e ciò è confermato pure, a ben guardare, dalla sua graduazione subordinata rispetto a quella precedente), giacchè, come emerge con assoluta evidenza dalla sentenza impugnata, proprio su tale requisito si è imperniato il giudizio di merito. Rileva infatti la corte territoriale che già nella comparsa di risposta con cui si era costituita davanti al primo giudice la P. aveva rimarcato la necessità di non avere venduto fondi rustici nel biennio precedente come requisito e aveva successivamente affermato di nutrire “seri dubbi” sul possesso pure di tale requisito, per tutti i requisiti oggettivi e soggettivi come mancanti in capo agli attori infine concludendo (motivazione, pagina 3). L’appello poi era stato proposto dagli attuali ricorrenti in riferimento ancora a tale requisito e la controparte si era costituita resistendo, oltre a presentare impugnazione incidentale a proposito dei requisiti ritenuti invece sussistenti dal primo giudice.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, non essendovi luogo a pronuncia sulle spese dato che la intimata non si è difesa. Sussistono D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis cit. articolo.

PQM

Rigetta il ricorso e dichiara non luogo a pronuncia sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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