Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20542 del 30/07/2019

Cassazione civile sez. II, 30/07/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 30/07/2019), n.20542

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Maura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26422-2014 proposto da:

IMMOBILGEST RE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

DELL’EMPORIO 16/A, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GUIZZI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ILARIA PAGNI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE FIORENTINO, che lo rappresenta e difende

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

IMMOBILFIN SRL, FINGEST REAL ESTATE SRL, elettivamente domiciliate in

ROMA, PIAZZA DELL’EMPORIO 16/A, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE GUIZZI, rappresentate e difese dall’avvocato CLAUDIO

CONSOLO in virtù di procura a margine del controricorso;

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 79/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 12/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/03/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

del ricorso principale ed incidentale, con l’assorbimento degli

altri motivi;

udito l’Avvocato Anna Scotti per delega dell’Avvocato Consolo e

dell’Avvocato Guizzi, e l’Avvocato Giuseppe Fiorentino per l’INPS.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione del 30/11/2007 I’INPDAP convenne dinanzi al Tribunale di Oristano la Fingest Real Estate S.r.l., la Immobilfin S.r.l. e la Immobilgest R.E. S.r.l. esponendo quanto segue.

In base alle previsioni di cui al D.L. n. 79 del 1997 sono stati individuati dall’Agenzia del Demanio degli immobili di proprietà di enti pubblici previdenziali da inserire nel programma straordinario di cessione previsto dalla stessa norma.

Tra tali beni era stato incluso anche un complesso immobiliare sito in (OMISSIS), ed appartenente all’INPDAP, costituito da quattro edifici e da una piastra di collegamento, denominati rispettivamente (OMISSIS).

Assumeva l’INPDAP, cui nelle more è subentrato l’INPS, che nel piano di dismissione era stato inserito il solo edificio (OMISSIS), e che in base al D.L. n. 351 del 2001, con D.M. 30 novembre 2001, solo tale bene era stato trasferito a titolo oneroso alla SCIP S.r.l., appositamente costituita al fine di procedere alla cartolarizzazione degli immobili appartenenti ai detti enti, al fine della successiva alienazione a privati.

La SCIP S.r.l. aveva a sua volta concluso un contratto di gestione con il Consorzio G6 che aveva indetto un’asta per la vendita di una serie di beni, tra cui anche quello in Oristano, e che all’esito di tale procedura, il bene era stato aggiudicato alla Fingest Real Estate S.r.l., con la quale venne stipulato l’atto di vendita in data 18 marzo 2004.

L’aggiudicataria quindi con atto del 28 luglio 2005 aveva venduto i beni de quibus alla Immobilfin S.r.l. che in pari data li aveva trasferiti alla Immobilgest R.E. S.r.l..

A fronte di tale complessa vicenda traslativa, l’INPDAP assumeva che, poichè nel piano di dimissione del proprio patrimonio immobiliare era stato incluso il solo edificio denominato (OMISSIS), come confermato anche dal codice interno utilizzato per la sua identificazione a fini interni, e che tale codice trovava corrispondenza anche nel diverso codice assegnato dal Consorzio incaricato della vendita, l’indicazione sia nell’avviso di asta che nell’atto di trasferimento del 18 marzo 2004 di dati catastali sommari, in quanto riferibili a tutte le quattro Torri ed alla piastra, non poteva avallare la conclusione secondo cui l’acquisto della società aggiudicataria riguardasse l’intero complesso immobiliare e non, come invece doveva reputarsi corretto, la sola (OMISSIS).

Per l’effetto chiedeva dichiararsi la nullità ovvero l’annullabilità, l’inefficacia e l’inopponibilità all’attore dei contratti intervenuti, chiedendo la riconsegna dei beni non compresi nel piano di cessione.

Nella resistenza delle società convenute, che chiedevano il rigetto della domanda, il Tribunale di Oristano con la sentenza n. 11 del 5 gennaio 2011, accertava e dichiarava che la (OMISSIS) e la (OMISSIS), facenti parte del più ampio complesso immobiliare sito in (OMISSIS), non erano state incluse nel piano di cartolarizzazione, con la conseguente nullità del contratto di alienazione del 18 marzo 2004 e dei successivi atti di rivendita del 28/7/2005 per contrarietà a norme imperative, nella parte in cui avevano disposto anche dei suddetti beni, con la condanna di Immobilgest S.r.l. al rilascio in favore dell’attore.

Infine, rigettava la domanda riconvenzionale di arricchimento senza causa proposta dalla convenuta.

A seguito di appello principale di Immobilgest S.r.l., ed incidentale delle altre società convenute, la Corte d’Appello di Cagliari con la sentenza n. 79 del 12 febbraio 2014 accoglieva per quanto di ragione l’appello principale ed incidentale, ma dichiarava comunque inopponibili all’INPS le vendite di cui all’atto di citazione, limitatamente ai beni di cui alla (OMISSIS) ed alla (OMISSIS).

Rilevava la sentenza di appello che andava esaminato prioritariamente il quarto motivo di appello, con il quale si deduceva l’erroneità della decisione del Tribunale che aveva dichiarato la nullità dei vari contratti di compravendita per contrarietà a norme imperative, costituite dalle previsioni in tema di cartolarizzazione degli immobili pubblici.

La sentenza, dopo avere ricostruito la disciplina dettata dalla legge, con l’individuazione dei vari passaggi richiesti dapprima per la dismissione degli immobili e poi per la loro collocazione sul mercato immobiliare, tramite l’intervento di SCIP, riteneva che effettivamente non fosse possibile ravvisare un’ipotesi di nullità nel caso in esame, in quanto le norme de quibus esauriscono la loro funzione con il completamento della fase pubblicistica, e quindi quando i beni sono trasferiti alla SCIP con provvedimento amministrativo, mentre la successiva fase è tutta regolata dalla disciplina di diritto privato.

La deduzione dell’attore era finalizzata a dimostrare che in realtà non era possibile per la SCIP trasferire diritti di contenuto più ampio di quelli alla medesima pervenuti, così che l’eventuale violazione di tale principio non poteva determinare la nullità dell’atto di vendita (e di quelli successivi) ma la sola inefficacia ed inopponibilità nei confronti dell’attore in quanto ancora proprietario.

Tuttavia, ancorchè dovesse essere accolto tale motivo, palesandosi quindi erronea la dichiarazione di nullità adottata dal giudice di prime cure, non poteva in ogni caso addivenirsi al rigetto della domanda attorea.

Ed, invero l’INPS in primo grado aveva proposto anche delle ulteriori di domande di invalidità ed inefficacia che non erano state esaminate in quanto evidentemente ritenute assorbite.

La parte attrice, vittoriosa nel merito, non era tenuta a proporre un motivo di appello incidentale, ma doveva limitarsi alla loro riproposizione ex art. 346 c.p.c.

Nella fattispecie l’appellato aveva riassunto con completezza le proprie difese svolte in primo grado, avendo così dimostrato di volersene avvalere.

Passando quindi alla loro disamina, osservava che se le domande di annullamento e di inefficacia erano inammissibili in quanto proposte da un soggetto che non era stato parte dei contratti ai quali si imputava tale patologia, era invece fondata la domanda di accertamento dell’inopponibilità, per avere gli atti in questione disposto di beni in realtà mai trasferiti alla SCIP.

Rilevava la sentenza d’appello che i codici con cui l’ente proprietario aveva identificato i beni avevano portata determinante ai fini di individuare i beni effettivamente trasferiti a SCIP, e non poteva quindi avere rilevanza la circostanza che l’atto del 18 marzo 2004 contenesse i dati catastali, e precisamente tutti i subalterni, ivi inclusi anche quelli della (OMISSIS) e della piastra di collegamento, occorrendo invece considerare che la descrizione del bene contenuta nell’atto coincideva con la sola (OMISSIS).

Ancora, occorreva considerare che in tema di compravendita immobiliare, ai fini dell’individuazione del bene oggetto della compravendita, i dati catastali non hanno valore determinante, e sono recessivi rispetto al contenuto descrittivo del titolo, fatta salva la sola ipotesi, che qui non ricorreva, in cui le stesse parti avessero inteso attribuire portata determinante ai dati catastali.

Quanto al primo motivo di appello, con il quale si denunciava un vizio di extrapetizione per avere il Tribunale ritenuto che il Decreto Ministeriale non fosse idoneo a trasferire alla SCIP le porzioni di immobili oggetto di causa, la sentenza rilevava che in realtà tale valutazione era finalizzata all’accertamento dei fatti costitutivi della domanda attorea e quindi non vi era alcuna violazione del precetto di cui all’art. 112 c.p.c.

Ancora andava disatteso il secondo motivo di appello, in quanto non vi era la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti della SCIP.

In relazione al terzo motivo di appello che lamentava come fosse erronea la valutazione del Tribunale circa il fatto che il provvedimento dell’Agenzia del Demanio avesse escluso anche i beni di cui chiedeva la riconsegna l’attore, la sentenza di secondo grado rilevava che dal D.M. 30 novembre 2001, ritualmente prodotto in atti, si evincevano gli elenchi allegati con l’individuazione dei beni da privatizzare, e che erano gli stessi già identificati dal D.I. 16 marzo 2000 poi sostituito dal D.I. 27 settembre 2000.

Ciò trovava conferma nel preambolo del Decreto del Direttore dell’Agenzia del Demanio del 30/11/2001 che era stato prodotto in giudizio dalla stessa difesa dell’appellante.

Pertanto ben poteva farsi riferimento all’elenco allegato al provvedimento del demanio in atti.

A ciò doveva aggiungersi che i Decreti Interministeriali richiamati nel preambolo erano stati a loro volta pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, dovendosi quindi ritenere noti alla generalità e senza necessità di produzione in giudizio.

Ancora non vi era contestazione circa la medesimezza dei beni di cui al provvedimento del demanio con quelli oggetto dei precedenti decreti interministeriali.

Inoltre era assorbente la considerazione secondo cui, attesa la non decisività ai fini dell’individuazione dei beni trasferiti, dell’indicazione dei dati catastali, il titolo traslativo conteneva una chiara ed esauriente descrizione del compendio alienato che consentiva di identificare senza incertezza l’oggetto della vendita nella sola (OMISSIS).

Era infine disatteso il motivo di appello con il quale si contestava la valutazione d’inammissibilità della domanda di arricchimento senza causa.

La valutazione dell’appello principale imponeva poi che analoga sorte avessero gli appelli incidentali che riproponevano le medesime censure del primo, dovendosi disattendere sia il motivo di appello autonomo di Fingest R.E., quanto alla dedotta nullità dell’atto di citazione, sia quello altrettanto autonomo di Immobilfin circa la carenza di interesse ad agire dell’ente appellato.

La Immobilgest R.E. S.r.l. ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza sulla base di tre motivi.

Fingest Real Estate S.r.l. ed Immobilfin S.r.l. hanno depositato controricorso, proponendo a loro volta ricorso incidentale affidato a sette motivi.

L’INPS ha resistito con controricorso sia al ricorso principale che al ricorso incidentale.

Tutte le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.

Con ordinanza interlocutoria n. 21432/2018 del 30 agosto 2018, la Corte rinviava la causa a nuovo ruolo in quanto reputava necessario previamente acquisire il fascicolo d’ufficio presso la Corte d’Appello di Cagliari.

Provvedutosi a tale adempimento la causa è stata rimessa alla pubblica udienza del 6 marzo 2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale si articola nei seguenti motivi.

1.1. Il primo motivo denuncia la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 per la violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c.

Infatti, pur avendo accolto il quarto motivo di appello, i giudici di appello escludevano che ricorresse un’ipotesi di nullità degli atti di acquisto relativamente alla (OMISSIS) ed alla (OMISSIS), ma ritenevano di dover comunque procedere alla disamina delle altre domande avanzate dall’attore in primo grado, e che erano rimaste assorbite per effetto della declaratoria di nullità adottata dal Tribunale di Oristano.

A tal fine si è ritenuto che fosse idoneo a soddisfare il requisito della riproposizione delle domande assorbite ex art. 346 c.p.c. il solo fatto che fossero state illustrate in comparsa di risposta le difese svolte nel precedente grado di giudizio, occorrendo invece che la riproposizione fosse oggetto di una specifica richiesta, laddove nel caso di specie l’ente si era limitato a concludere per il rigetto dell’appello.

Pertanto, non poteva la Corte distrettuale pervenire all’accoglimento delle domande non più riproposte.

1.2 Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4

In primo luogo si contesta l’affermazione del giudice di appello che ha ritenuto non contestata la limitazione dei beni trasferiti alla sola (OMISSIS), a fronte della netta e contraria presa di posizione della difesa della ricorrente.

Ancora erronea è l’affermazione secondo cui vi sarebbe identità tra i beni ricompresi nel piano straordinario di cessione ed i beni oggetto della ricognizione compiuta dal Decreto dell’Agenzia del Demanio del 30/11/2001, sul presupposto che il piano di cessione era stato recepito nel D.I. 16 marzo 2000, poi sostituito dal decreto del 27 settembre 2000, attesa la mancata produzione in giudizio del piano, non potendosi sostenere tale affermazione con il riferimento all’avvenuta pubblicazione dei decreti sulla Gazzetta ufficiale, e ciò in quanto non si tratta di atti aventi carattere normativo.

1.3 Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 per vizio assoluto di motivazione sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 nella parte in cui la sentenza gravata assegna portata assorbente alla descrizione dei beni contenuta nel titolo traslativo.

La Corte d’appello non si confronta con la circostanza che nel caso in esame la descrizione dei beni si accompagna all’indicazione dei dati catastali e che il titolo del trasferimento era un decreto dell’Agenzia del Demanio che si richiama a decreti ministeriali che a loro volta identificano il bene con il richiamo ai dati catastali.

Ne deriva che si tratta di una motivazione perplessa ed incomprensibile e quindi affetta da nullità assoluta.

Del pari depone per la nullità assoluta per difetto di motivazione il richiamo alla valenza dei codici alfanumerici usati a soli fini interni per l’identificazione dei beni trasferiti.

2. Il ricorso incidentale si articola nei seguenti motivi.

2.1 Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 346 e 112 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto che le domande avanzate in primo grado dall’attore, e reputate assorbite dal Tribunale, fossero state riproposte, sebbene in realtà abbandonate dall’ente appellato.

Il motivo appare sovrapponibile al primo motivo del ricorso principale.

2.2. Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. in quanto la Corte d’Appello ha ritenuto che fosse stata fornita la prova che era stata cartolarizzata solo la (OMISSIS), e ciò sebbene l’attore non avesse fornito la dimostrazione del proprio assunto.

Ed, infatti il decreto del Direttore dell’Agenzia del Demanio faceva riferimento ai fini identificativi ai soli dati catastali, mentre l’attore non aveva dimostrato che la dismissione avesse riguardato la sola (OMISSIS), non essendo stati prodotti i D.I. 16 marzo e D.I. 30 settembre 2000 che invece individuavano i beni oggetto della cartolarizzazione, così che la assunta identificazione dei beni alienati alla ricorrente incidentale con la sola (OMISSIS) è frutto di un ragionamento induttivo carente di qualsivoglia substrato probatorio.

2.3 Il terzo motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2699,2700,2727,2728 e 2729 c.c., in quanto la Corte d’Appello avrebbe fondato il proprio convincimento sul contenuto del preambolo del Decreto del Direttore dell’Agenzia del Demanio, privo però di efficacia probatoria privilegiata, affidandosi quindi a presunzioni a loro volta prive dei caratteri legali di precisione, gravità e concordanza.

In tal senso quanto dichiarato nel preambolo del D.M. 30 novembre 2001 circa l’identità deì beni trasferiti a SCIP con quelli di cui ai precedenti decreti interministeriali non ha valore di atto pubblico e quindi non poteva vincolare l’accertamento necessario sul punto.

Una volta esclusa tale efficacia, e considerata quindi la valutazione dello stesso preambolo quale mero elemento indiziario, è frutto di un erroneo ragionamento presuntivo l’assunto del giudice di appello secondo cui tale dichiarazione assicurerebbe la prova, sia pure presuntiva, dell’identità degli elenchi di cui ai precedenti decreti a quello allegato al Decreto dell’Agenzia del Demanio.

2.4 Il quarto motivo di ricorso incidentale denuncia la violazione degli artt. 2730, 2733, 2735 e 115 c.p.c. in quanto non si sarebbe tenuto conto delle confessioni stragiudiziali plurime provenienti dall’ente pubblico in ordine alla titolarità dell’intero complesso immobiliare in capo alla Fingest, ovvero, in subordine, l’omessa disamina di un fatto decisivo per il giudizio.

Infatti, in corso di causa erano state prodotte delle missive dell’Inpdap nelle quali, a distanza di breve tempo dalla stipula dell’atto di vendita, la società aggiudicataria era stata sollecitata a compiere interventi di manutenzione ed a contribuire alle spese di gestione degli immobili anche per unità che esulerebbero, secondo la tesi di parte attrice, da quelle oggetto invece di effettivo trasferimento.

2.5 Il quinto mezzo di ricorso incidentale denuncia la violazione dell’art. 2752 (rectius 2652) c.c., comma 1, n. 6 in quanto la sentenza gravata avrebbe dichiarato inopponibile all’attore la vendita intervenuta tra SCIP e Fingest, senza tenere conto degli effetti della pubblicità sanante, avendo Fingest acquistato in buona fede.

2.6 Il sesto motivo di ricorso incidentale lamenta la violazione del D.L. n. 351 del 2001, art. 1 e art. 3, comma 16 conv. nella L. n. 410 del 2001 e dell’art. 2644 c.c. in quanto la sentenza impugnata avrebbe ascritto importanza determinante ai codici interni con i quali l’ente proprietario aveva identificato i singoli beni destinati alla vendita, codici mai pubblicati e non conoscibili dai terzi.

Viceversa andrebbe considerato che anche l’atto di alienazione intervenuto tra SCIP e Fingest contemplava i dati catastali che erano riferibili all’intero complesso immobiliare dovendo prevalere rispetto a non meglio individuabili codici identificativi.

2.7 I settimo motivo di ricorso incidentale, nel caso di mancato accoglimento dei precedenti motivi, lamenta infine la manifesta ed irriducibile contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in quanto è del tutto inconciliabile l’affermazione contenuta in sentenza, circa il fatto che la fase pubblicistica di individuazione dei beni condiziona la successiva fase di privatizzazione, con l’affermazione successiva secondo cui l’indicazione dei dati catastali, pur utilizzati nei vari decreti di individuazione e trasferimento dei beni, non assumeva carattere decisivo, dovendosi invece dare prevalenza ai codici identificativi interni.

3. Carattere preliminare assumono la disamina del primo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale con i quali si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c., in relazione all’esame ed all’accoglimento da parte del giudice di appello della domanda di accertamento dell’inopponibilità degli atti traslativi della proprietà della (OMISSIS) e della (OMISSIS), domanda che pur essendo stata proposta in primo grado dall’attore, era stata però ritenuta assorbita dal Tribunale stante l’accoglimento della diversa domanda di nullità.

Ed, invero se appare incontestato il principio di diritto al quale si è uniformata la sentenza gravata, secondo cui la parte pienamente vittoriosa in primo grado non è tenuta a proporre appello incidentale al fine di sottoporre nuovamente all’attenzione del giudice di appello quelle domande assorbite, nell’ipotesi in cui trovi invece accoglimento l’appello principale promosso dalla controparte, essendo a tal fine sufficiente la loro riproposizione a norma dell’art. 346 c.p.c., è invece controversa la modalità con la quale deve essere manifestata tale volontà di riproposizione, onde evitare la presunzione di rinuncia per comportamento omissivo.

A tal fine deve essere richiamata la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 2091/2018) secondo cui la parte vittoriosa in primo grado che abbia visto, però, respingere taluna delle sue tesi od eccezioni, ovvero alcuni dei suoi sistemi difensivi, pur non avendo l’onere di proporre appello incidentale per chiederne il riesame, è tenuta, comunque, a manifestare in maniera esplicita e precisa la propria volontà di riproporre la domanda o le eccezioni rigettate, onde superare la presunzione di rinuncia e, quindi, la decadenza di cui all’art. 346 c.p.c., essendosi altresì precisato che (cfr. Cass. n. 10796/2009), pur se libera da forme, la riproposizione deve essere fatta in modo specifico, non essendo al riguardo sufficiente un generico richiamo alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice, di modo che (Cass. n. 23925/2010) il mero richiamo generico alle conclusioni assunte in primo grado non può essere ritenuto sufficiente a manifestare la volontà di sottoporre al giudice dell’appello una domanda o eccezione non accolta dal primo giudice, al fine di evitare che essa si intenda rinunciata (conf. Cass. n. 15003/2004).

Da ultimo anche le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 11799/2017 hanno affermato che la riproposizione deve comunque avvenire in modo espresso, cioè con una specifica attività di richiesta al giudice d’appello di esaminare l’eccezione.

In relazione alla vicenda in esame, si è specificamente ribadito che (cfr. Cass. n. 27570/2005) l’onere di riproposizione non può reputarsi ottemperato nel caso in cui i soggetti interessati si siano limitati a chiedere il rigetto del gravame avverso la sentenza impugnata che, avendo accolto la domanda principale, non aveva esaminato quella subordinata, assorbita dall’accoglimento della prima (conf. Cass. n. 126/2004).

La sentenza gravata, nell’applicare la previsione di cui all’art. 346 c.p.c. ha rilevato che l’ente appellato aveva riassunto con completezza le difese svolte nel giudizio di primo grado ed in tal modo aveva dimostrato chiaramente la volontà di avvalersene.

Ma siffatta motivazione tradisce evidentemente il prevalente orientamento della Corte sopra ricordato, che non si accontenta di un semplice richiamo alle difese della fase precedente ma presuppone una reiterazione della domanda, che non può ritenersi avvenuta, laddove, come nel caso in esame, ed avuto riguardo al contenuto della comparsa di risposta in appello (della quale il Collegio ha potuto prendere visione all’esito dell’acquisizione del fascicolo d’ufficio di appello), l’INPDAP (cui è subentrato l’odierno contro ricorrente) dopo avere esposto i fatti di causa (richiamando anche le domande assorbite dal Tribunale), ha preso espressa posizione solo sui motivi di appello principale, concludendo a pag. 27, per il mero rigetto del gravame, ma senza alcun riferimento alle domande non esaminate in prime cure.

Ne deriva che non potendosi ravvisare la rituale riproposizione delle domande assorbite da parte dell’attore, la Corte d’Appello non poteva procedere alla loro disamina, sicchè, una volta accolto l’appello delle società, quanto all’erronea dichiarazione di nullità, avrebbe dovuto arrestare la propria attività decisoria, non potendo pronunciarsi su domande non validamente risottoposte alla sua attenzione.

Pertanto, la sentenza impugnata, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale ed incidentale deve essere cassata senza rinvio, in quanto risulta ormai preclusa in questo giudizio la disamina delle domande avanzate dall’attore in via subordinata, rispetto a quella invece accolta in prime cure.

4. L’accoglimento dei motivi di cui al punto che precede implica evidentemente l’assorbimento degli altri motivi del ricorso principale ed incidentale.

5. Attesa la peculiarità delle questioni processuali poste dalla presente della controversia che ha implicato la valutazione della applicabilità della giurisprudenza di questa Corte in ordine all’art. 346 c.p.c., in relazione alle modalità di formulazione delle difese dell’attore in appello, si ritiene, alla luce della previsione di cui all’art. 92 c.p.c. applicabile ratione temporis, tenuto conto della data di introduzione del giudizio (30/11/2007), che ricorrano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale ed incidentale, ed assorbiti gli altri motivi, cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti;

Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019

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