Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20329 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/07/2019, (ud. 17/01/2019, dep. 26/07/2019), n.20329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14152-2018 proposto da:

P.A., nella qualità di Procuratore Generale di

PA.AN.EM., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GAETANO MACCARRONE;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2067/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 10/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Pa.An.Em. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Catania la Fondazione SAI s.p.a., per sentir accogliere le conclusioni risarcitorie relative ai danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dalla ricorrente, essendo stata investita da un motociclo il cui conducente proseguiva la marcia, incurante delle conseguenze dell’accaduto; chiedeva, inoltre, di condannare la convenuta al pagamento delle spese, anche medico-legali, diritti e oneri di giudizio.

Controparte, ritualmente costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto delle domande attoree.

Il Giudice di prime cure, con sentenza n. 3840/2015, facendo proprie le conclusioni della CTU, che attribuiva una invalidità residua permanente del 12%, accoglieva parzialmente la domanda attrice, nell’importo di Euro 40.830,00 oltre alla rivalutazione e agli interessi.

2. La Pa. parzialmente soccombente, proponeva formale impugnazione avverso la pronuncia di prime cure. La Corte di Appello con sentenza n. 2067/2017 del 10.11.2017, confermando la sentenza di primo grado, rigettava l’appello e condannava l’appellante a rifondere, in favore di UnipolSais s.p.a., le spese del grado. La Corte riteneva che il consulente d’ufficio avesse correttamente valutato il trauma, nella percentuale del 12%, comprensivo del danno psichico e del ridotto danno fisico. La Corte, attenendosi alle Tabelle del Tribunale di Milano, per il danno non patrimoniale, riteneva che nel caso di specie non risultassero circostanze dedotte diverse rispetto a quelle già tenute in considerazione dal consulente, nè ricorressero condizioni per dar luogo alla richiesta personalizzazione del danno.

3. Avverso tale pronuncia P.A., quale procuratore generale di Pa.An.Em., propone ricorso per cassazione, sulla base di un motivo. L’intimata non ha svolto attività difensiva.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.

6.1. Con l’unico motivo di ricorso formulato, parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e omesso riscontro delle critiche alla ctu della Dott.ssa V. con la conseguente compromissione degli esiti della impugnata sentenza e non esatta rinnovazione della ctu richiesta sia in primo che in secondo grado. Si duole, ancora della violazione o falsa applicazione dell’art. 2054 c.c..

La parte contesta i criteri di valutazione delle percentuali di invalidità, in quanto contrasterebbero con le valutazioni diagnostiche formulate nella documentazione medica e della stessa CTU, in ordine alle descrizioni anamnestiche, diagnostiche e prognostiche effettuate dagli enti interpellati ad esprimersi sul merito, in rapporto alla gravità delle patologie riscontrate. In tale documentazione si rileva “un disturbo post-traumatico da stress cronico moderato-grave su cui si è soprapposto un disturbo evidente di personalità”. La parte ritiene che la riconosciuta invalidità del 12% rientri nella parte bassa del range della Tabella di Milano (dal 10% al 20%), relativa a un “disturbo post-traumatico da stress cronico – forme lieve”.

Il ricorso è inammissibile.

A norma dell’art. 366 c.p.c., n. 3, il ricorrente è onerato dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, pena l’inammissibilità del gravame.

In particolare, l’illustrazione dello svolgimento dell’iter processuale non può prescindere dall’argomentazione intorno alle ragioni, di fatto e di diritto, che hanno indotto il Giudice d’appello alla determinazione gravata. In altri termini, il ricorso deve essere riferire, sebbene sinteticamente, il fatto sostanziale e processuale, in modo tale da consentire con immediatezza il vaglio delle questioni sottoposte all’attenzione della Corte.

Il ricorrente si è limitato ad indicare le censure formulate in secondo grado, senza nulla dire in ordine ai motivi posti dal giudicante a fondamento della propria decisione. Peraltro, non risulta neppure chiaro se il rigetto dell’appello sia stato o meno integrale.

Inoltre, fermo che l’intestazione del motivo nemmeno individua il paradigma dell’art. 360 c.p.c., alla stregua del quale lo stesso è dedotto, nella illustrazione si omette di individuare le critiche che erano state svolte con l’appello, che vengono evocate con un anodino “nelle suddette critiche”; e si omette qualsiasi considerazione critica – nel senso di argomentazione che vi si rapporti – sull’ampia motivazione della sentenza impugnata, tanto che in essa non si scorge affatto la natura di un motivo prima ancora che di ricorso per cassazione, di impugnazione.

Ad ogni modo, il ricorso sarebbe ugualmente inammissibile in quanto diretto ad ottenere una nuova valutazione dei fatti di causa, non rinvenendosi nella motivazione sviluppata alcun vizio logico o giuridico idoneo ad inficiare la validità del dispositivo.

A ben vedere, infatti, nel rigettare l’unica doglianza sollevata, la Corte territoriale catanese ha ritenuto di aderire a quanto già sostenuto in prime cure, non avendo l’appellante dedotto in quali modi sarebbero stati violati i criteri di determinazione del danno biologico permanente. Allo stesso tempo, il Giudicante ha rimarcato che, stante la pacifica ammissibilità della personalizzazione del danno, la stessa è possibile soltanto a fronte dell’allegazione di circostanze che attribuiscano al fatto un’apprezzabile peculiarità. Quanto detto vale ad evidenziare l’assoluta coerenza della decisione con gli elementi di fatto e di diritto posti al vaglio della Corte, sicchè i vizi in questa sede lamentati non possono dirsi sussistenti.

8. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Non occorre disporre sulle spese in considerazione del fatto che l’intimata non ha svolto attività difensiva.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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