Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20382 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. II, 26/07/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 26/07/2019), n.20382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10872-2015 proposto da:

P.G., rappresentato e difeso dall’avvocato GIANLUCA

MONTELEONE;

– ricorrente –

contro

CARROZZERIA SF SNC DI F.F. & C F.F. E

C.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2308/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 29/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/02/2019 dal Consigliere SERGIO GORJAN;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.G., quale titolare dell’omonima impresa edile, evocò in giudizio, avanti il Tribunale di Torino, la snc Carrozzeria S.F. di F.F. & C. deducendo che tra le parti era intercorso contratto d’appalto per la costruzione di stabile da adibire ad uso officina, uffici ed abitazione per il prezzo di Euro 142.900,00.

Precisava, ancora, l’attore che erano state chieste opere extra preventivo e che era stato estromesso dal cantiere prima che le opere commissionategli fossero state ultimate.

Di conseguenza chiedeva che, dedotti gli acconti ricevuti, la società committente fosse condannata al pagamento del residuo prezzo secondo le indicazioni scaturite dall’espletato accertamento tecnico preventivo.

Resistette la snc Carrozzeria S.F., contestando la pretesa attore e chiedendo, in via riconvenzionale, il ristoro dei danni patiti per i ritardi nell’esecuzione dei lavori ed in conseguenza dei vizi palesati dalle opere eseguite o non ultimate.

Ad esito della trattazione istruttoria della lite,il Tribunale piemontese condannò la società committente a pagare all’appaltatore la somma capitale di Euro 58.218,14 oltre interessi commerciali ex D.Lgs. n. 231 del 2002.

Avverso la prima decisione interpose appello la snc Carrozzeria S.F. e, resistendo il P., la Corte subalpina, accolse il gravame dichiarando che la società committente nulla doveva all’appaltatore per integrale compensazione dei reciproci accertati crediti – per saldo prezzo e per ristoro danni -.

La Corte torinese ebbe a disporre nuova consulenza tecnica ed,all’esito,ritenne di ridurre il compenso ancora effettivamente dovuto al P. ed a ritenere sussistente la posta di ristoro danno proposta dalla Carrozzeria S.F. snc committente; poste che,risultando “sostanzialmente” equivalenti,comportavano la reciproca intergale estinzione per compensazione.

Avverso la sentenza resa dalla Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione P.G., articolando tre motivi di doglianza.

La snc Carrozzeria S.F ed i soci amministratori, ritualmente evocati, sono rimasti intimati.

All’odierna udienza pubblica,sentito il P.G. – rigetto del ricorso – in assenza delle parti private,la Corte adottava decisione siccome illustrato in presente sentenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da P.G. appare fondato limitatamente al terzo motivo di ricorso ed in tale misura va accolto, mentre le prime due ragioni di ricorso sono prive di fondamento.

Con il primo motivo di doglianza il P. denunzia vizio di nullità poichè la Corte di merito ha omesso di pronunziare sulla sua domanda di riconoscimento degli interessi a tasso commerciale sul suo credito,comunque,esistente prima della disposta compensazione giudiziale.

Osserva il ricorrente come il Tribunale ebbe già a riconoscere, sulla somma dovutagli da parte della società committente, la decorrenza degli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002 dalla data della domanda giudiziale ed detta statuizione non risultava attinta da gravame.

Tuttavia,continua il P., la Corte subalpina, anzichè riconoscere detti interessi sulla somma – siccome rideterminata al ribasso – a titolo di saldo prezzo dovuta dal committente, ebbe a compensare i rispettivi crediti delle parti senza tener conto che, ex art. 1242 c.c. la coesistenza dei controcrediti s’ebbe a generare solamente con la pubblicazione della sentenza in sede d’appello, sicchè gli interessi per il periodo antecedente sul suo credito erano dovuti ed al riguardo s’è consumata l’omessa pronunzia.

La censura mossa s’appalesa priva di pregio giuridico per due ragioni concorrenti.

Anzitutto, come rettamente sottolineato dal P.G., nella specie non si verte in situazione concreta di compensazione propria bensì impropria, poichè i rispettivi crediti – saldo prezzo per l’appalto e ristoro danni per lavori mal eseguiti o non eseguiti – hanno origine da unico rapporto – Cass. sez. 3 n 7624/10, Cass. sez. 3 n 16800/15 -.

In secondo luogo parte impugnante non ha invero specificato la diversa data di insorgenza dei crediti,azionati dalle parti nel presente procedimento sulla scorta del titolo contrattuale, limitandosi a rilevare che, per quanto riguarda il credito azionato dalla società committente, questo ebbe a sorgere al momento della pronunzia della Corte territoriale sulla domanda di ristoro danni,mentre il suo credito sorge al momento della domanda svolta in questo procedimento.

Tuttavia nella specie, come visto, si verte in situazione di compensazione impropria, sicchè era onere delle parti dedurre specifica pattuizione di contratto a sostegno di diverso momento di insorgenza del proprio credito rispetto al contro credito ed un tanto doveva esser oggetto di apposito accertamento da parte del Giudice.

Ma un tanto il ricorrente non deduce di aver fatto, sicchè l’accertamento del Giudice comporta la coesistenza dei reciproci crediti.

Con la seconda ragione di doglianza il ricorrente rileva nullità della decisione impugnata per violazione del disposto ex art. 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., avendo la Corte territoriale disattese le conclusioni, cui è pervenuto il consulente tecnico, senza esporre motivazione ovvero motivazione inadeguata od ancora apparente.

Osserva il P. come la Corte subalpina ebbe a disporre l’effettuazione di consulenza tecnica,ma non ritenne esaustive le conclusioni del consulente circa l’assenza di danno in relazione alla realizzazione dl piazzale, i pali d’illuminazione ed alla realizzazione delle pareti in cartongesso, senza all’uopo esporre specifica motivazione per discostarsi dalle motivate conclusioni rese dal professionista.

In effetti la Corte cisalpina, non già, ha disatteso le conclusioni, cui è pervenuto il consulente tecnico d’ufficio, bensì ha fatto proprie quelle indicate dal citato professionista in sede di chiarimenti a seguito di apposita richiesta dello stesso Giudice d’appello.

Viceversa nell’articolare la sua critica il P. opera riferimento al primo elaborato reso dal consulente tecnico,così non confrontandosi in effetti con l’argomentazione utilizzata dai Giudici del merito.

La Corte, infatti, circa il riconoscimento di somme a titolo di ristoro danno per opere viziate ovvero non eseguite ma ricomprese nel valore complessivo dell’appalto, ha esposto puntuale motivazione in relazione a ciascuna delle poste esaminate, sicchè il vizio di nullità denunziato non concorre, bensì il ricorrente lamenta adozione di statuizione che non lo soddisfa.

Con la terza ragione di doglianza il ricorrente deduce vizio di nullità ex art. 132 c.p.c. per omessa motivazione circa la ritenuta integrazione totale tra i rispettivi crediti, vantati dalle parti, benchè rimanesse conguaglio per Euro 774 in suo favore, con violazione del disposto ex artt. 1241 e 1242 c.c.

Il motivo appare fondato in quanto la Corte subalpina dà espressamente atto che l’ammontare dei crediti vantati dalle parti non è uguale – residua credito del P. per Euro 774,00.

Tuttavia, comunque, ritiene concorrere compensazione integrale ritenendoli sostanzialmente equivalenti.

Effettivamente la motivazione a sostegno di detta statuizione non concorre, atteso che l’unica ragione a suo conforto appare esser il cenno alla “sostanziale” equivalenza ritenuta dalla Corte, che pur dà espressamente atto che i crediti risultano indicati in precise somme diverse.

Il cenno citato non appare lumeggiare il ricorso alla quantificazione equitativa, posto che s’è in presenza di specifica quantificazione da parte del consulente delle poste creditorie contrapposte e la Corte non offre alcuna considerazione ulteriore per sostanziare la necessità del ricorso all’equità per quantificare il controcredito della committente al fine di equipararlo a quello del P..

Dunque il motivo de quo va accolto e sul punto,cassata la sentenza impugnata ma non apparendo necessari ulteriori apprezzamenti di fatto poichè la somma a favore del P. puntualmente indicata dalla Corte di merito nella sentenza impugnata, questa Corte può, ex art. 384 c.p.c., procedere a decidere nel merito.

Pertanto la snc Carrozzeria S.F. di F.F. & C. va condannata a pagare al P. la somma capitale di Euro 774,00 con gli interessi commerciali – già riconosciuti in prime cure – dalla domanda giudiziale al saldo.

Attesa la disposta compensazione tra i, pressochè equivalenti crediti azionati dalle parti, corretta appare la statuizione circa la compensazione delle spese di lite adottata dal Giudice di merito.

Anche in ordine a questo giudizio di legittimità, attesa la mancata costituzione delle società intimata e l’accoglimento in minima misura dell’impugnazione mossa, reputa la Corte d’avvalersi della facoltà, ex art. 92 c.p.c., di compensare tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta i motivi primo e secondo del ricorso, accoglie il terzo motivo, cassa la sentenza della Corte d’Appello di Torino in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna la snc Carrozzeria S.F. di F.F. & C. a pagare al P. la somma capitale di Euro 774,00 con interessi commerciali ex D.Lgs. n. 231 del 2002 dalla domanda giudiziale al saldo.

Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità e conferma la statuizione sulle spese di lite dei gradi di merito adottata dalla Corte d’Appello di Torino.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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