Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30301 del 22/11/2018
Cassazione civile sez. VI, 22/11/2018, (ud. 11/09/2018, dep. 22/11/2018), n.30301
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15596-2017 proposto da:
R.O.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO
QUIRINO VISCONTI 103, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO
DELLAGO, rappresentata e difesa dagli avvocati ROBERTO GIROMINI,
FEDERICO PARDINI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA DIFESA (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 471/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
depositata il 30/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 11/09/2018 dal Consigliere Dott. DE MARINIS NICOLA.
Fatto
RILEVATO
– che con sentenza del 30 dicembre 2016, la Corte d’Appello di Genova confermava la decisione resa dal Tribunale di La Spezia e rigettava la domanda proposta da R.O.E. nei confronti del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il personale civile, avente ad oggetto il recupero degli importi corrispondenti a quelli percepiti dalla R., dipendente del predetto Ministero, per lo svolgimento contestuale dell’attività di guida turistica, trattenuti dall’Amministrazione, che assumeva di non averla autorizzata, in virtù dell’obbligazione risarcitoria di fonte legale di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 7;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto sussistere l’obbligazione restando irrilevante ai fini della non operatività della stessa sia la conoscenza di fatto dello svolgimento dell’attività da parte del Ministero datore, insuscettibile di configurare una autorizzazione tacita, ammessa solo in caso di decorso del termine a provvedere sulla richiesta proveniente da amministrazioni pubbliche, sia l’affidamento scusabile della R., peraltro dimostratasi ben consapevole della disposizione per aver inoltrato richiesta di autorizzazione in epoca successiva, a fronte dell’inerzia o, anche, della tolleranza dell’Amministrazione;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la R., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il Ministero;
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.
Diritto
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamenta da parte della Corte territoriale l’omessa considerazione di circostanze di fatto acquisite al giudizio a suo dire rilevanti al fine di attestare la conoscenza e conoscibilità dello svolgimento dell’attività in parola da parte del Ministero datore e tali da indurre a ritenere tanto la ricorrenza di una autorizzazione tacita all’esercizio della medesima quanto l’affidamento scusabile della R.;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 7, lamenta la non conformità a diritto dell’orientamento espresso dalla Corte territoriale in ordine all’inconfigurabilità a carico del Ministero datore di un obbligo di informazione e di tempestivo intervento per inibire il protrarsi di una situazione contraria agli obblighi derivanti dallo status della dipendente, in difetto del cui esercizio la situazione dovrebbe considerarsi tollerata e tale da fondare l’affidamento scusabile della ricorrente;
che entrambi i motivi, i quali, unitariamente volti a censurare, sotto il profilo dell’omessa considerazione di specifici elementi di fatto e dell’interpretazione della norma intesa a sancire l’obbligazione risarcitoria in virtù della quale il Ministero datore ha operato la trattenuta, il convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine all’irrilevanza della conoscenza e conoscibilità di fatto dell’esercizio dell’attività in questione da parte della R., devono ritenersi inammissibili, prescindendo del tutto dalla confutazione dell’argomento, desunto dalla formulazione letterale della norma, sul quale la Corte territoriale ha fondato quel convincimento, motivando su quella base l’impossibilità di attribuire rilievo agli invocati elementi di fatto, viceversa puntualmente presi in esame; che, pertanto conformandosi alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 11 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018