Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30427 del 23/11/2018

Cassazione civile sez. un., 23/11/2018, (ud. 09/10/2018, dep. 23/11/2018), n.30427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5159-2018 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO DE

CRISTOFARO 40, presso lo studio dell’avvocato UMBERTO LONGARONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO FURNARI;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., società con socio unico soggetta

alla direzione ed al coordinamento di Ferrovie dello Stato s.p.a.,

in persona dell’institore pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CUNFIDA 20, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

OLIVETI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI TRIGONA;

CONSORZIO DI BONIFICA 9 DI CATANIA, in persona del Commissario

Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

NIZZA 45, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO MARIANI,

rappresentato e difeso dagli avvocati MAURIZIO NULA e SERENA CANTALE

AEO;

– controricorrenti –

e contro

ASSESSORATO DEL TERRITORIO E DELL’AMBIENTE E ASSESSORATO DELLE

POLITICHE ALIMENTARI E FORESTALI DELLA REGIONE SICILIA;

– intimati –

per revocazione della sentenza n. 1413/2018 delle Sezioni Unite della

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 19/01/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

9/10/2018 dal Consigliere ALDO CARRATO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il sig. S.L. ha proposto ricorso per revocazione (riferito a tre motivi) – ai sensi del combinato disposto dell’art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4), – avverso la sentenza della Sezioni unite della Corte di cassazione n. 1413/2018, pubblicata il 19 gennaio 2018, con la quale veniva dichiarata l’inammissibilità del ricorso formulato dallo stesso S. contro la sentenza n. 305/2015 (depositata il 25 novembre 2015) del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche.

Con il primo motivo di ricorso la difesa dello S. ha chiesto ai sensi dei richiamati articoli – la revocazione dell’impugnata sentenza delle Sezioni unite, assumendo, con riferimento alla vicenda dedotta dinanzi al TSAP (riguardante una domanda per il risarcimento di danni prodotti da un incendio propagatosi nel suo fondo, ubicato nel territorio dei Comune di Paternò, a causa dell’asserita omessa manutenzione di un contiguo canale di bonifica), che con essa la Corte era incorsa nell’errata supposizione del fatto principale, secondo cui sarebbe stato il corso d’acqua della bonifica a fermare il fuoco poi propagatosi attraverso le sterpaglie, mentre, al contrario, sia dalla c.t.u. che dalla prova testimoniale, risultava che era stato il canale di bonifica a veicolare il fuoco nella sua azienda.

Con la seconda censura la difesa del ricorrente ha prospettato l’errata applicazione – da parte della sentenza di primo grado del Tribunale regionale delle Acque pubbliche per la Sicilia – dell’art. 1337 c.c., nel mentre, nella fattispecie, si sarebbe dovuto applicare l’art. 1227 c.c. avuto riguardo alla configurazione della misura del concorso colposo di esso ricorrente nella determinazione dell’evento dannoso.

Con la terza doglianza la difesa del ricorrente ha denunciato l’evidente (supposta) contraddizione sulla condanna alle spese contenuta nell’impugnata sentenza siccome fondata sull’erroneo presupposto della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, malgrado l’eccezione di inammissibilità – avanzata da parte avversa per assunta intempestività nella proposizione del ricorso avverso la pronuncia del TSAP fosse stata respinta.

Su proposta del relatore, il quale riteneva che il ricorso per revocazione potesse essere dichiarato inammissibile in ordine a tutti e tre i motivi proposti, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c. (come richiamato dall’art. 391-bis c.p.c., comma 4), in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il Primo Presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

La Rete Ferroviaria s.p.a. e il Consorzio di Bonifica 9 di Catania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, hanno resistito con controricorso mentre le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

La difesa della ricorrente ha anche depositato memoria in virtù dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2, (come richiamato dall’art. 391-bis c.p.c., comma 4).

Rileva il collegio che il formulato ricorso per revocazione avverso la sentenza della Sezioni unite di questa Corte n. 1413/2018 deve essere dichiarato – con riguardo a tutti motivi proposti inammissibile, in tal senso trovando conferma la proposta già formulata nello stesso senso dal relatore ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Infatti, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, le censure non pongono, all’evidenza, riferimento a vizi revocatori (e, in particolare, alla prospettazione di errori di fatto riconducibili al disposto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4) dell’impugnata sentenza, con la quale, peraltro, le Sezioni unite avevano propriamente dichiarato l’inammissibilità del ricorso perchè denunciante motivi intesi a sollecitare una rivalutazione di merito delle risultanze processuali.

Ed invero, con il primo motivo prospettante “disamina superficiale dei dati di fatto”, con il secondo deducente “errata applicazione dell’art. 1337 c.c.” e con il terzo denunciante “evidente contraddizione sulla condanna alle spese”, il ricorrente tende – rispettivamente – al riottenimento della nuova valutazione delle circostanze fattuali inerenti l’individuazione della cause determinatrici dell’evento dannoso dedotto in giudizio dinanzi al Tribunale Regionale delle Acque pubbliche per la Sicilia, alla riconsiderazione del titolo di imputabilità giuridica del concorso colposo nella causazione dell’evento stesso e ad una rivalutazione della correttezza della ragioni che avevano condotto alla condanna alle spese di esso ricorrente. Quanto a quest’ultimo profilo la difesa dello S. ha dedotto che sarebbero sussistiti i motivi per compensare le spese (donde l’asserita contraddizione della emanata pronuncia di condanna) sul presupposto che l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità per intempestività del ricorso era stata rigettata, senza, però, avvedersi che la statuizione della condanna alle spese era stata, invece, fondata sulla dichiarazione di inammissibilità del ricorso stesso da ricondurre all’improspettabilità in sede di legittimità di una diversa ricostruzione del fatto come compiuta dal TSAP.

E’, quindi, evidente che tutti i proposti motivi non possono essere ritenuti propriamente riferibili a casi di revocazione riconducibili all’art. 395 c.p.c., n. 4), avendo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. Sez. U. n. 1178/2000; Cass. n. 14458/2003; Cass. n. 14267/2007; Cass. Sez. U. n. 11508/2012, ord.; Cass. n. 4521/2016 e, da ultimo, Cass. n. 8615/2017, ord., e Cass. n. 20635/2017, ord.) chiarito che l’istanza di revocazione di una sentenza della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile al citato art. 395 c.p.c., n. 4), che ricorre nelle ipotesi in cui la decisione sia frutto di un’erronea percezione della realtà, dando luogo al contrasto tra quanto rappresentato nella sentenza e le oggettive risultanze degli atti processuali; pertanto, tale rimedio non è ammissibile – come con riguardo alle censure dedotte nel caso di specie – qualora si sollecitino una diversa ricostruzione della vicenda fattuale (come avvenuto con la proposizione del primo motivo) ovvero un assunto errore di diritto (come denunciato con il secondo e terzo motivo) ovvero si prospettino vizi del provvedimento decisorio che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico.

La più recente giurisprudenza di queste Sezioni unite ha, sul punto, definitivamente chiarito che il combinato disposto dell’art. 391 bis c.p.c. e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione; nè, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicchè non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza Europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonchè l’ordinata amministrazione della giustizia (cfr. Cass. S.U. n. 20994/2017 e Cass. S.U. n. 8984/2018, ord.).

Nella fattispecie di cui trattasi si deve, peraltro, osservare che, avuto riguardo alle ragioni sulle quali era stata basata la sentenza impugnata, tali vizi non sarebbero stati comunque prospettabili dal momento che, con essa, era stata propriamente adottata una pronuncia di inammissibilità del ricorso per le già esposte ragioni senza, perciò, prendere posizione in ordine alla fondatezza o meno delle censure che erano state proposte avverso la sentenza del TSAP. Alla stregua delle argomentazioni svolte il ricorso deve, quindi, essere ritenuto inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese della presente fase giudiziale in favore di ciascuna delle parti controricorrenti (Rete Ferroviaria s.p.a. e Consorzio di Bonifica 9 di Catania), che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo. Nei confronti delle altre parti intimate non va adottata alcuna pronuncia sulle spese non avendo le stesse svolto attività difensiva in questa sede.

Sussistono, inoltre, le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1- quater al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte, a Sezioni Unite, dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, delle spese della presente fase di legittimità, liquidate, per ognuna di esse, in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario al 15 % ed accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite della Corte di cassazione, il 9 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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