Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19652 del 22/07/2019
Cassazione civile sez. VI, 22/07/2019, (ud. 18/04/2019, dep. 22/07/2019), n.19652
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso iscritto al n. 6449/2018 R.G. proposto da:
L.B.A., rappresentato e difeso, per procura speciale in
calce al ricorso, dall’avv. Claudio DEFILIPPI, ed elettivamente
domiciliato in Milano, al corso di Porta Vittoria, n. 54, presso lo
studio legale del predetto difensore;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei
Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, C.F. (OMISSIS), in persona del
Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla
via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3421/19/2017 della Commissione tributaria
regionale della LOMBARDIA, depositata il 08/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 18/04/2019 dal Consigliere Dott. LUCIOTTI Lucio.
Fatto
RILEVATO
che:
1. In controversia relativa ad impugnazione di un sollecito di pagamento delle somme portate da due cartelle di pagamento, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo che le cartelle di pagamento, pure impugnate, erano divenute definitive in quanto, essendo state regolarmente notificate, non erano state impugnate e che “per quanto concerne l’asserita procedura da sovraindebitamento ex lege n. 3 del 2012, non è stata prodotta alcuna documentazione sull’avvio della procedura”.
2. Avverso tale statuizione il contribuente ricorre per cassazione sulla base di tre motivi, cui replicano le intimate con controricorso.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, al cui esito il ricorrente ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 il vizio di motivazione “contraddittoria ed insufficiente” “sull’eccezione di incostituzionalità dell’aggio” eccependo, l’incostituzionalità della citata disposizione processuale, così come introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost. e all’art. 6 Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 “in relazione all’art. 24 Cost.per omessa motivazione dell’atto impugnato (sentenza della CTR) nella parte in cui rinvia a quanto indicato nelle motivazioni della sentenza n. 8556/2016 della Commissione provinciale tributaria di Milano in merito alla completezza del contenuto” (così nella rubrica del mezzo in esame) “e alla conformità della cartella alle disposizioni di legge trattandosi di controllo automatizzato basato sugli stessi elementi indicati dal contribuente nella dichiarazione dei redditi” (così nel ricorso).
3. Il terzo motivo è incentrato sull’effetto espansivo della cassazione della sentenza impugnata anche alla statuizione sulle spese processuali.
4. Per ragioni di ordine logico-giuridico deve preliminarmente esaminarsi il secondo motivo di ricorso, incentrato sul difetto assoluto di motivazione della sentenza impugnata, ancorchè limitatamente alla questione della completezza del contenuto delle cartelle impugnate.
5. Orbene, il motivo è manifestamente inammissibile in quanto non viene censurata la statuizione di definitività delle cartelle impugnate, che costituisce ratio decidendi distinta ed autonoma, giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata (cfr. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017, Rv. 643802 – 01). Pertanto, in applicazione del principio secondo cui, “Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza” (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017, Rv. 643802 – 01), il motivo va dichiarato inammissibile.
6. Da quanto detto consegue l’inammissibilità anche del primo motivo e con esso della dedotta questione di costituzionalità dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella nuova formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54,conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, in quanto, oltre che manifestamente infondata alla stregua di quanto osservato dal Supremo consesso di questa Corte nella sentenza n. 8053 del 2014 (cui sono succedute numerose pronunce, anche a sezioni semplici), è del tutto irrilevante ai fini del presente giudizio. Peraltro, il ricorrente nulla ha dedotto in merito all’applicabilità alla sentenza impugnata, pubblicata in data 08/08/2017, della regola della pronuncia c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348 ter c.p.c., introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze pubblicate – come nel caso di specie dal giorno 11 settembre 2012, ed anche nel giudizio di legittimità in materia tributaria, ovvero al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (cfr. Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014), avendo il ricorrente omesso di indicare, pur in presenza della medesima quaestio facti esaminata dalle due commissioni tributarie e risolte nel medesimo senso, “le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass. 5528 del 2014; conf. n. 26674 del 2016). Tale ulteriore rilievo rende inammissibile la prospettazione del vizio motivazionale della sentenza impugnata e costituisce ulteriore conferma dell’irrilevanza della questione di costituzionalità prospettata con il mezzo in esame.
7. Il terzo motivo è, all’evidenza, assorbito dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
5. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento in favore delle controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis,.
Così deciso in Roma, il 18 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2019