Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30088 del 21/11/2018
Cassazione civile sez. trib., 21/11/2018, (ud. 18/09/2018, dep. 21/11/2018), n.30088
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. PERINU Renato – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23611/2011 R.G. proposto da
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –
contro
B.A., con l’avv. Sergio Rizzo e domicilio eletto presso lo
studio dell’avv. Giovanni Iaria, in Roma, alla via Alessandro
Mallandra n. 31, scala “C”, int. 15.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la
Sicilia, sezione staccata di Catania, – Sez. 31 n. 244/31/10
depositata in data 01 luglio 2010 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 settembre
2018 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.
Fatto
RILEVATO
che il contribuente insorge avverso la cartella esattoriale che riprende a tassazione l’omesso versamento Irpef ed Ilor nell’anno di imposta 1991;
che il contribuente contesta tale cartella come duplicazione di altra già impugnata e oggetto di sentenza n. 712/09/2002, riguardante gli stessi tributi per lo stesso anno di imposta;
che i giudici di merito sono stati favorevoli al contribuente, riconoscendo l’effetto vincolante della predetta sentenza resa inter partes per il medesimo anno di imposta e per i medesimi tributi; che insorge la difesa erariale affidandosi a due motivi di ricorso; che resiste con puntuale contro ricorso il contribuente;
che in prossimità dell’udienza il privato ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che con il primo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, per non indicare la sentenza i motivi logico giuridici posti a base della decisione;
che va respinta l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa del contribuente, in quanto – pur in assenza di un esplicito riferimento al codice di rito – dal tenore espositivo è possibile ricostruire in modo univoco la censura come doglianza di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, per mancanza di un elemento essenziale della sentenza quale la motivazione, in quanto ritenuta meramente apodittica;
che il motivo è infondato e va disatteso in quanto nella parte motiva della sentenza impugnata vi è preciso (ed autonomamente apprezzato) riferimento per relationem alla pronuncia di primo grado, nel ritenere la cartella impugnata mera duplicazione – per anno e per tributi – di altra oggetto di contenzioso già definito con sentenza passata in giudicato, precisando che l’Ufficio avrebbe dovuto in quella sede coltivare l’impugnazione, anzichè riprodurre in un ruolo speciale la pretesa fiscale per i medesimi titoli, aprendo così le porte ad un facile aggiramento dei disposti del giudice tributario;
che con il secondo motivo di lamenta violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43, sotto diversi profili:
– affermando che il contribuente non avrebbe presentato per l’anno 1990 alcuna dichiarazione dei redditi e quindi non potendo indicare lui stesso il dovuto per il 1991;
– contestando la duplicazione delle cartelle perchè la seconda sarebbe stata emessa in base a ruolo speciale ove è consentito all’ufficio recuperare ciò che è stato erroneamente sgravato, con una sorta di autotutela;
– escludendo che il contribuente possa ritenersi soggetto beneficiario dello speciale regime di sospensione delle imposte in ragione del sisma che ha colpito la Sicilia orientale nel 1990;
che il motivo di ricorso non assolve agli oneri di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c. come più volte specificato da questa Corte (cfr. Cass. 28 luglio 2008 n. 20518; Cass. 16 aprile 2014, n. 2190; Cass. 23 settembre 2016, n. 18719), da ultimo con ordinanza delle Sezioni Unite 26 luglio 2018, n. 19874;
che, in disparte il mancato riferimento del lamentato vizio allo specifico motivo doglianza contemplato dal codice di procedura civile, non si evincono i necessari riferimenti documentali su cui si reggono le affermazioni di parte ricorrente;
che, in definitiva, il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato;
che le spese della presente fase del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese di lite a favore di parte contribuente che liquida in Euro duemilaseicento oltre rimborso nella misura forfettaria del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2018