Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19564 del 19/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/07/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 19/07/2019), n.19564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20711-2017 proposto da:

B.A., M.M., Z.C., M.E.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUIGI SETTEMBRINI, 30, presso

lo studio dell’avvocato PAOLO DE MATTEIS, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ENRICO MONTOBBIO;

– ricorrenti –

contro

SANPAOLO INVEST SOCIETA’ D’INTERMEDIAZIONE MOBILIARE SPA, in persona

del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

L. BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPENTI

GIORDANO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE DI

BARTOLO 22, presso lo studio dell’avvocato DANIELA CONTE,

rappresentato e difeso dagli avvocati STEFANIA POLIDOROU, GIANCARLO

ALITA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 146/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 06/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 26/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – M.E., M.M., B.A. e Z.C. (gli ultimi due eredi della medio tempore deceduta M.G.) ricorrono per due mezzi, nei confronti di R.M. e San Paolo Invest Sim S.p.A., contro la sentenza del 6 febbraio 2017 con cui la Corte d’appello di Genova ha respinto l’appello proposto da M.E., M.M. e M.G. avverso sentenza del Tribunale di Chiavari che aveva rigettato la domanda spiegata dai medesimi di condanna dell’intermediario finanziario al pagamento, in loro favore, della somma di Euro 96.561,59, pari alla differenza tra quanto comunicato dal promotore finanziario R. e quanto effettivamente presente nel portafoglio dei loro danti causa C.S. e M.D. alla data del 26 maggio 2000.

R.M. e San Paolo Invest Sim S.p.A. hanno resistito con distinti controricorsi.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la sentenza impugnata in dipendenza della mancata ammissione di un capitolo di prova testimoniale erroneamente ritenuto non indispensabile e generico.

Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, u.p. e dell’art. 233 c.p.c., nonchè dell’art. 2739 c.c., u.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver denegato l’ammissione del chiesto giuramento decisorio deferito al R. sull’essere egli debitore degli originari attori della somma oggetto della domanda.

Ritenuto che:

4. – Il Collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1. E’ inammissibile il primo motivo.

Esso concerne il diniego di ammissione della prova testimoniale sul capitolo: “Vero che il teste, in tempo immediatamente successivo alla vendita di un immobile di proprietà della defunta signora Ce.Si., ha assistito alla consegna da parte della stessa al promotore finanziario R.M. di una somma pari a Lire 250.000.000”, prova che la Corte d’appello non ha ammesso (v. pagina 6 della sentenza) sia perchè non indispensabile, effettuando la valutazione di indispensabilità in relazione alla decisione di primo grado, sia perchè, in ogni caso, del tutto generica “non contenendo nessun eremento temporale”.

A fronte di ciò la censura è inammissibile.

Occorre ricordare che il giudizio sulla idoneità della specificazione dei fatti dedotti nei capitoli di prova costituisce apprezzamento di merito non suscettibile di sindacato in sede di giudizio di cassazione se correttamente motivato (Cass. 19 febbraio 1997, n. 1513), con l’ovvia precisazione che il sindacato motivazionale è oggi circoscritto alla verifica del “minimo costitionale” (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053): nel caso di specie la prova sul capitolo non è stata ammessa per la sua genericità, in mancanza di collocazione temporale, collocazione certo non desumibile dal riferimento alla alienazione di un immobile da parte della Ce., trattandosi di alienazione effettuata in epoca per quanto consta processualmente ignota, nè, come vorrebbero i ricorrenti (v. pagina 11 del ricorso), dalla circostanza che essi attori avessero fatto riferimento, nella seconda memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, al lasso temporale 1995-2003, nonchè dalla circostanza della morte della Ce. nel febbraio 2000, giacchè l’individuazione di un arco temporale così ampio rende perfettamente plausibile il giudizio di genericità formulato dal giudice di merito, sicchè, in definitiva, la motivazione del diniego di ammissione eccede senz’altro la soglia predetta del “minimo costituzionale”.

Rimane in ciò assorbita la censura concernente la ritenuta indispensabilità della prova, indispensabilità certamente non predicabile in relazione ad un capitolo affetto da genericità.

5.7. E’ inammissibile il secondo motivo ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

Con esso i ricorrenti lamentano la mancata ammissione del giuramento decisorio sul capitolo: “Giuri e giurando neghi essere vero che il signor R.M. è debitore dei signori M.E…. della somma capitale di 96.361,59…”, giuramento giudicato inammissibile “in quanto vertente sull’esistenza di un rapporto giuridico” (così a pag. 6 della sentenza impugnata).

Nel motivo i ricorrenti sostengono che “la formula utilizzata nell’ambito del giuramento non tende a provare alcun rapporto contrattuale o extracontrattuale, bensì la circostanza che il R. si sia materialmente ed indebitamente appropriato, trattenendole o distraendole, delle somme che i signori M. e Ce. gli hanno consegnato”: ma è del tutto evidente, al contrario, che l’essere il R. debitore degli originari attori non è fatto storico, ma la qualificazione giuridica del rapporto intercorrente tra l’uno e gli altri per essersi egli, secondo la rimasta indimostrata prospettazione attrice, appropriato di somme dei suoi clienti.

Sicchè la statuizione del giudice di merito è perfettamente conforme all’insegnamento di questa Corte secondo cui il giuramento, sia decisorio che suppletorio, può avere ad oggetto solo un fatto proprio della parte cui viene deferito o la conoscenza che questa abbia di un fatto altrui; pertanto, esso – dovendo la relativa formula contenere circostanze specifiche, percepibili dal giurante con i sensi o con l’intelligenza, cioè fatti storici non può essere deferito per ottenere dichiarazioni sull’esistenza o meno di un rapporto giuridico (Cass. 5 ottobre 1983, n. 5799; Cass. 28 gennaio 1987, n. 837; Cass. 25 ottobre 2018, n. 27086).

6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate, quanto ad ognuno di essi, in complessivi 5.100,00, di cui 100,00 per esborsi ed il resto per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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