Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19149 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. I, 17/07/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 17/07/2019), n.19149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12356/2018 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in Biella via Repubblica n.

43, presso lo studio dell’avv. Marco Cavicchioli, che lo rappresenta

e difende come da procura in calce alla copia analogica del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2144/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 03/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/05/2019 da Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Torino ha respinto il gravame proposto da T.A., cittadino maliano, avverso l’ordinanza del Tribunale di Torino che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Contro la sentenza della Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello: (i) sotto un primo profilo, per il vizio di violazione di legge, in particolare, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, in riferimento alla “minaccia grave e individuale alla vita derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato”, il ricorrente aveva fatto riferimento a quattro reports di agenzie internazionali, mentre, la Corte d’Appello, nel confutare la tesi del richiedente, non aveva ritenuto, avvalendosi dei poteri officiosi d’indagine e d’informazione di cui alla norma in rubrica, di acquisire le necessarie fonti informative, per contrastare le tesi del ricorrente; (ii) sotto un secondo profilo, per la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per il vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio già oggetto di discussione tra le parti, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto, erroneamente, la Corte territoriale aveva escluso il riconoscimento della protezione umanitaria, sia in ragione della situazione di violenza generalizzata e diffusa nel Mali e segnatamente nella regione di (OMISSIS) da cui proviene il richiedente sia in ragione dell’elevato livello d’integrazione sociale e lavorativo raggiunto, nel paese ospite.

E’ fondato il primo motivo con assorbimento del secondo.

Infatti, ai sensi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, la situazione di violenza indiscriminata e di conflitto armato, presente nel Paese in cui lo straniero dovrebbe fare ritorno, può anche giustificare la mancanza di un diretto coinvolgimento individuale del richiedente protezione nella situazione di pericolo (Cass., 20/06/2018, n. 16275). Per tale ragione, pertanto, la credibilità del richiedente non svolge alcun ruolo, come per lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b). Ai fini della concessione della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) è di conseguenza – dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, tuttavia, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312). Nel caso di specie, il ricorrente – come risulta dall’atto di in appello riprodotto nel ricorso per cassazione – ha rinunciato alla richiesta di protezione ex art. 14, lett. b), espressamente allegando una situazione di violenza indiscriminata nel Paese di origine. La Corte d’appello si è limitata a dedurre l’insussistenza di una situazione di instabilità nella zona di provenienza dell’istante, senza indicare in alcun modo le fonti del suo convincimento, e facendo riferimento al carattere privato della vicenda, che nulla ha a che vedere con la forma di protezione richiesta, con conseguente violazione del dovere di cooperazione istruttoria, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. La sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Torino, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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