Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29323 del 14/11/2018
Cassazione civile sez. trib., 14/11/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 14/11/2018), n.29323
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20326-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
IMPRESA ALLEGRI SRL;
– intimato –
avverso la sentenza n. 49/2012 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,
depositata il 05/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/09/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha
chiesto il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate notificava alla Impresa Allegri s.r.l., esercente attività di ristrutturazione e manutenzione immobiliare, un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2004, basato sull’ applicazione degli studi di settore, con cui accertava maggiori ricavi per Euro 223.060 e determinava le maggiori imposte dovute Ires, Irap ed Iva.
La società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano che lo accoglieva con sentenza n. 44 del 2011.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo rigettava con sentenza del 5.4.2012, osservando che “giusta o errata che possa apparire la giustificazione addotta dalla società ricorrente, non è possibile discuterne nel merito poichè essa non è stata considerata nella motivazione dell’accertamento che per ciò stesso è illegittimo, restando così assorbita ogni questione di merito”.
L’Agenzia delle Entrate propone due motivi di ricorso per cassazione. La società intimata non si è costituita.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
1. Primo motivo: “Motivazione omessa o insufficiente su fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, nella parte in cui ha ritenuto la nullità dell’avviso di accertamento per mancata indicazione delle ragioni per cui l’Ufficio ha ritenuto di disattendere le giustificazioni addotte dalla società verificata in merito allo scostamento dai ricavi puntuali risultanti dalla applicazione degli studi di settore.
2. Secondo motivo: “Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies; L. n. 146 del 1998, art. 10,D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” con riferimento alla medesima questione oggetto del primo motivo.
I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati. La denuncia del vizio di omessa o insufficiente motivazione è manifestamente infondata: la sentenza impugnata contiene l’espressa indicazione della ragione per cui è stata ritenuta l’illegittimità dell’avviso di accertamento basato sugli studi di settore, ravvisata nella omessa indicazione nell’atto impositivo delle ragioni per le quali l’Ufficio ha disatteso le giustificazioni addotte dal contribuente nel corso del contraddittorio preventivo.
Nella concreta articolazione dei motivi di ricorso, la ricorrente, pur allegando anche il vizio di motivazione, in realtà svolge una unitaria censura di erronea interpretazione dell’obbligo di motivazione dell’atto impositivo che sia fondato sulla applicazione degli studi di settore. Ad avviso della Agenzia delle Entrate, l’Ufficio non sarebbe tenuto ad esporre le ragioni del mancato accoglimento delle giustificazioni del contribuente “qualora il contribuente in sede di contraddittorio non abbia assolutamente dimostrato i fatti addotti a giustificazione dello scostamento dagli studi di settore e neppure abbia addotto elementi tali da far sorgere seria questione della loro idoneità a dimostrare quei fatti”. L’interpretazione sostenuta dalla ricorrente contrasta con la giurisprudenza di questa Corte (Sez. U. n. 26635 del 2009), secondo cui l’obbligo di motivazione dell’atto di accertamento basato sulla applicazione degli studi di settore richiede che, ogniqualvolta vi sia stato il contraddittorio preventivo con il contribuente e questi abbia fornito delle giustificazioni, l’Ufficio ha comunque l’obbligo di esporre “le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente”. Tale obbligo motivazionale ha carattere generale e formale, e non può essere ristretto alle sole ipotesi in cui il contribuente abbia fornito la prova della sussistenza dei fatti che giustificano lo scostamento dei ricavi rispetto alle risultanze degli studi di settore, ovvero che le obiezioni mosse dal ricorrente siano “serie” secondo la soggettiva valutazione dell’Ufficio. Si può convenire che la misura dell’obbligo dell’Ufficio di replicare alle contestazioni del contribuente, non possa che essere proporzionale alla consistenza delle contestazioni mosse. Tuttavia, l’interpretazione limitativa sostenuta dalla Agenzia delle Entrate risulta intrinsecamente illogica, risolvendosi nella affermazione che l’obbligo di motivazione “rafforzata” dell’atto impositivo basato sugli studi di settore sussisterebbe nelle sole ipotesi in cui il contribuente abbia dimostrato di avere, fondatamente, dichiarato ricavi inferiori a quelli risultanti dallo studio di settore; ma in tal caso l’emissione dell’atto impositivo a norma del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, neppure potrebbe avere luogo, essendo stata positivamente acquisita, in sede di contraddittorio preventivo, la prova della inapplicabilità al caso concreto dei ricavi standard desumibili dallo studio di settore. Ugualmente, limitare l’obbligo di motivazione dell’Ufficio alle sole ipotesi in cui le giustificazioni addotte dal contribuente siano “serie”, secondo le personali valutazioni dell’ufficio, introdurrebbe un tasso di arbitrarietà incompatibile con la natura cogente dell’obbligo, posto a carico dell’ente impositore, di esporre le ragioni per cui le giustificazioni addotte dal contribuente sono state disattese.
Nulla sulle spese in assenza di attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 19 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018