Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29132 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 12/07/2018, dep. 13/11/2018), n.29132

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25215/2012 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

Contro

C.O.F.I.T Compagnia Finanziaria Terni s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore rappresentata e assistita giusta delega

in atti dall’avv. prof. Tinelli Giuseppe, dall’avv. Contestabile

Giovanni, dall’avv. Tocci Antonio presso lo studio dei quali in

Roma, alla via delle Quattro Fontane n. 15, è elettivamente

domiciliata

– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Umbria n. 114/02/11 depositata in data 08/08/2011, non

notificata;

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto

Procuratore Generale Sorrentino Federico che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale e dichiararsi inammissibile il

ricorso incidentale;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

12/7/2018 dal consigliere Dott. Roberto Succio.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha respinto l’appello dell’Amministrazione Finanziaria, confermando l’atto impugnato;

– con tal atto l’Erario richiedeva maggiori imposte per IRPEG ed IRAP 2005;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a due motivi;

– resiste con controricorso la società contribuente, che propone anche ricorso incidentale condizionato affidato a tre motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 212 del 2000, art. 12, comma 3 (Statuto dei diritti del contribuente) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere ingiustamente la CTR ritenuto illegittimo l’asporto dai locali dell’impresa di documentazione contabile senza consenso della parte alla sua disamina presso l’Ufficio: tal vizio della verifica, secondo il secondo giudice, si sarebbe ripercosso sull’atto impugnato provocandone l’illegittimità;

– Il secondo motivo di ricorso si incentra invece sulla violazione del D.Lgs. n. 212 del 2000, art. 12 comma 5, e della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto che la irrituale acquisizione dei documenti, senza espresso consenso al loro asporto e disamina presso l’Ufficio, sia causa di inutilizzabilità degli stessi ai fini dell’accertamento e conseguentemente produca vizio di illegittimità dell’atto impugnato;

– Entrambi i motivi possono esaminarsi congiuntamente, stante la loro stretta connessione, e sono entrambi fondati;

– Va premesso, quanto al richiamo alla L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, operato da parte ricorrente, come detta disposizione risulti inconferente rispetto al caso di specie (come ritenuto da Cass. Sezioni Unite, sentenza n. 11722 del 2010 che ne ha fatto applicazione infatti in tema di cartella di pagamento), dal momento che essa deve collegarsi al disposto del diverso D. Lgs. n. 212 del 2000, art. 7, non all’art. 12, comma 5 del medesimo D.Lgs. invocato dal ricorrente;

– In particolare la L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, allo scopo di sanare con efficacia retroattiva tutti gli eventuali vizi procedimentali non influenti sul diritto di difesa, prevede la non annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, per la natura vincolata del provvedimento, come nel caso di cartella di pagamento, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato;

– Con riferimento specifico poi al secondo motivo ritiene questa Corte che, indipendentemente dalla sussistenza o meno di un consenso espresso o tacito all’acquisizione, è evidente l’errore di diritto in cui è incorso il secondo giudice nel ritenere applicabili, come si evince in sentenza, le regole processual-penalistiche in tema di inutilizzabilità al caso che ci occupa, in difetto di una espressa previsione di legge che non lo consente affatto;

– La giurisprudenza di questa Corte, sul punto, ha da tempo chiarito che (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8344 del 19/06/2001) l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso. Pertanto, gli organi di controllo possono utilizzare tutti i documenti dei quali siano venuti in possesso, salvo la verifica della attendibilità, in considerazione della natura e del contenuto dei documenti stessi, e dei limiti di utilizzabilità derivanti da eventuali preclusioni di carattere specifico; conforme è l’orientamento sul punto (si vedano Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13005 del 23/10/2001; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1343 del 01/02/2002; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1383 del 02/02/2002; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1543 del 03/02/2003; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10442 del 02/07/2003; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9568 del 23/04/2007; per il caso in cui sono presenti specifiche disposizioni, di guisa che può argomentarsi nel senso che ubi lex voluit, dixit, vedasi Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19689 del 01/10/2004);

– E’ quindi ormai ius receptum l’inesistenza nell’ordinamento tributario di un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite, lo stesso valendo all’interno codice di procedura penale (ex art. 191 c.p.p.), sicchè “l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso” (cfr. Cass. n. 8344 del 2001; conf. Cass. n. 13005 del 2001, n. 1343 e n. 1383 del 2002, n. 1543 e n. 10442 del 2003), anche con riferimento all’attività della guardia di finanza che, cooperando con gli uffici finanziari, proceda ad ispezioni, verifiche, ricerche ed acquisizione di notizie, non osservando la disciplina processual-penalistica;

– Tale attività ha quindi evidente carattere amministrativo con conseguente inapplicabilità dell’art. 24 Cost. in materia di inviolabilità del diritto di difesa;

– In argomento, questa Corte ha precisato ancora che (Cass. Sez. 5, sentenza n. 4066 del 27/02/2015) in materia tributaria le irritualità dell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento non comportano, di per sè e in assenza di specifica previsione, la loro inutilizzabilità, salva solo l’ipotesi – qui non ricorrente – in cui venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio;

– Venendo infine all’esame dei motivi di ricorso incidentale condizionato, si rileva come tali motivi risultino inammissibili in quanto proposti dal contribuente che nel giudizio di fronte alla CTR è risultato sul punto completamente vittorioso; pertanto difetta l’interesse ad agire per la loro proposizione, salvo il diritto di riproporre le censure in parola nel giudizio di rinvio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla commissione Tributaria Regionale dell’Umbria in diversa composizione, che provvederà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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