Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17813 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/07/2019, (ud. 01/03/2019, dep. 03/07/2019), n.17813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza iscritto al n. 22473/2018

R.G. proposto da:

AVV.TI ROCCELLA ARMANDO, ROCCELLA CLAUDIO, ROCCELLA FRANCESCA, con

domicilio in Genova.

– RICORRENTI –

contro

S.E., rappresentata e difese dall’avv. Giovanna Caruso,

con domicilio in Milano, via Manara n. 5.

– RESISTENTE –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Genova, depositata in

data 6.6.2018.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno

14.2.2019 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Alessandro Pepe, che ha concluso,

chiedendo il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

– Gli avv.ti Roccella Armando, Roccella Claudio e Roccella Francesca, componenti dello Studio legale associato Roccella, hanno chiesto alla Corte d’appello di Genova di liquidare i compensi per l’attività svolta in favore di S.E., nel giudizio civile ancora pendente in grado di appello nel quale i ricorrenti avevano rinunciato al mandato.

La Corte territoriale, preso atto della domanda riconvenzionale con cui la convenuta aveva chiesto la condanna dei ricorrenti al risarcimento del danno a causa del negligente espletamento delle attività difensive, ha separato le domande ed ha sospeso il giudizio in attesa della pronuncia sull’azione risarcitoria, rimettendo quest’ultima alla cognizione del tribunale.

Avverso detta decisione gli avv.ti Roccella Armando, Rocella Claudio e Roccella Francesca hanno proposto ricorso per regolamento di competenza strutturato in un unico motivo, illustrato con memoria.

S.E. ha depositato memoria difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 295 e 702 bis c.p.c. e ss., assumendo che il giudice d’appello non avrebbe dovuto disporre la separazione delle cause, ma avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la riconvenzionale di risarcimento, la quale non poteva esser proposta prima che il giudizio in cui era stato svolto il patrocinio fosse stato definito.

Lamentano inoltre i ricorrenti che non sussisteva alcuna pregiudizialità tra la domanda risarcitoria e quella di pagamento del compenso professionale, non essendo la prima un antecedente logico-giuridico di quella proposta in via principale, con la conseguenza che il giudice avrebbe dovuto definire sollecitamente la causa relativa al pagamento delle spettanze dei difensori, in quanto di pronta soluzione, o al più ordinare la prosecuzione in via istruttoria di quella risarcitoria, in applicazione degli artt. 34,35 e 36 c.p.c..

Il motivo non merita accoglimento.

Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di sottoscrizione del ricorso da parte degli avv.ti Roccella Claudio e Roccella Francesco nonchè per il fatto che la certificazione di conformità ai sensi della L. n. 53 del 1994, ex art. 9, è firmata digitalmente dal solo avv. Roccella Armando, privo di procura speciale per gli altri due ricorrenti.

E’ sufficiente osservare come dall’intestazione del ricorso risulti che i suddetti difensori hanno proposto il ricorso in proprio ai sensi dell’art. 86 c.p.c..

Non era quindi necessario alcun conferimento della procura a sè stessi, nè occorreva trasmetterne copia telematica in allegato al ricorso ai sensi dell’art. 83 c.p.c. o attestarne la conformità all’originale ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9,così come eccepito dalla controricorrente (Cass. 11346/2002).

1.1. Riguardo al merito delle censure, la pronuncia impugnata è conforme all’insegnamento di questa Corte (Cass. s.u. n. 4485/2018), da cui non si ha ragione di dissentire, secondo cui lo speciale procedimento per la liquidazione dei compensi dei difensori, regolato dal D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 14, ricomprende non solo le l’ipotesi in cui la domanda sia circoscritta alla mera liquidazione delle spettanze dei difensori, ma include anche le cause in cui siano sollevate contestazioni circa il rapporto di clientela tramite la formulazione di mere eccezioni o di domande riconvenzionali.

Qualora il cliente strutturi le proprie difese nelle forme della riconvenzionale (per ottenere il risarcimento del danno causato dall’attività del difensore), occorre distinguere a seconda che quest’ultima ricada o meno nella competenza del giudice adito.

In caso positivo, se la domanda di risarcimento è suscettibile di trattazione ed istruzione sommarie, l’intera causa sarà sottoposta al rito sommario speciale; altrimenti, esclusa l’applicazione del rito ordinario ai sensi dell’art. 40 c.p.c., comma 3, occorre procedere alla separazione delle domande, salva l’applicazione dell’art. 295 c.p.c. (non rilevando che entrambe i giudizi pendano dinanzi allo stesso ufficio giudiziario).

Se invece l’azione introdotta dal convenuto non appartiene alla competenza del giudice adito, trovano applicazione le norme sulle modificazioni della competenza per ragioni di connessione.

Nel caso in esame, va anzitutto precisato che i compensi richiesti dai ricorrenti riguardavano il giudizio di appello e che la S., contestando la domanda, aveva chiesto in via riconvenzionale il risarcimento del danno provocato dal negligente espletamento del mandato difensivo che, a suo parere, aveva reso necessaria anche la proposizione dell’impugnazione (cfr. ordinanza, pag. 2).

Tale riconvenzionale non poteva esser dichiarata inammissibile in quanto proposta direttamente dinanzi alla Corte d’appello nel giudizio sottoposto al rito speciale, come sostenuto dai ricorrenti, ma, essendo sottoposta ai criteri di competenza ordinari, è stata correttamente rimessa al tribunale ai sensi dell’art. 34 c.p.c., con sospensione del giudizio ai sensi del D.Lgs. n. 155 del 2011, ex art. 14, previa separazione delle cause.

Tra le due azioni intercorreva un rapporto di pregiudizialità logico giuridica, poichè entrambe riguardavano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dal medesimo rapporto negoziale ed il loro esito dipendeva dalla soluzione di una o più questioni comuni (Cass. 3146/1990; Cass. 2803/1994; Cass. 10676/1995; Cass. 2803/1994; Cass. 10676/1995; Cass. 2922/1997).

L’eventuale accertamento della responsabilità dei ricorrenti avrebbe – dunque – impedito il riconoscimento del compenso per le attività svolte nell’interesse della resistente anche con riferimento al giudizio di appello, cui si riferiva la domanda proposta dai ricorrenti (Cass. n. 10676/1995; Cass. n. 2530/1997).

Solo mediante la sospensione del giudizio pendente dinanzi alla Corte d’appello sarebbe stato assicurato, all’esito, il coordinamento tra la decisione sulla questione pregiudicante e la decisione sulla questione pregiudicata, necessità predicabile anche qualora l’inadempimento dei ricorrenti fosse stata dedotto, nella causa relativa alla liquidazione dei compensi, solo in forma di eccezione (e, quindi, a fortiori, in quanto oggetto di riconvenzionale attratta alla competenza di altro giudice), come si evince dall’interpretazione sistematica dell’art. 295 c.p.c. con le previsione dell’art. 34 c.p.c.(Cass. 885/2012; Cass. 5091/2007).

Il ricorso è quindi respinto, con regolazione delle spese processuali all’esito del giudizio di merito.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e rimette alla pronuncia di merito la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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