Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17660 del 02/07/2019

Cassazione civile sez. III, 02/07/2019, (ud. 03/12/2018, dep. 02/07/2019), n.17660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9220-2017 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

GAETANO DE RUVO, FRANCESCA FERRAZZOLI, DANIELA ANZIANO, DARIO

BOTTURA giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

NUOVA BANCA DELLE MARCHE SPA, in persona del suo Amministratore

Delegato e legale rappresentante Dott. G.L., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 3, presso lo studio

dell’avvocato MARCO BATTAGLIA, che la rappresenta e difende giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 214/2017 del TRIBUNALE di ANCONA, depositata

il 06/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/12/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (d’ora in poi, “INPS”) ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 214/17, del 6 febbraio 2017, del Tribunale di Ancona, che – accogliendo il gravame esperito dalla società Banca delle Marche S.p.a. contro la sentenza n. 241/14, del 16 aprile 2014, dei Giudice di pace di Ancona – ha rigettato la domanda proposta dall’odierno ricorrente di condanna della società Banca delle Marche al pagamento di Euro 1.980,00, oltre interessi di legge.

2. Riferisce, in punto di fatto, il ricorrente di avvalersi, al fine di erogare i trattamenti pensionistici agli aventi diritto, di diversi istituti bancari, con i quali ha stipulato una convenzione che disciplina la procedura per effettuare il pagamento ai destinatari.

In particolare, in esecuzione di siffatta convenzione, la società Banca delle Marche provvedeva ad erogare a tale M.L. la pensione cui essa aveva diritto. Tuttavia, sebbene la M. risultasse deceduta il 25 settembre 2006, il predetto istituto di credito provvedeva al pagamento ancora dei ratei di pensione relativi ai mesi di ottobre e novembre di quell’anno, per un importo totale di Euro 1.980,00, con accredito sul libretto di deposito a risparmio nominativo cointestato a tale P.R..

L’INPS adiva, pertanto, il Giudice di pace di Ancona per conseguire, il riaccredito della somma indebitamente versata da Banca delle Marche, invocando, a sostegno della propria pretesa, quanto previsto dalla citata convenzione, il cui art. 2, comma 1, lett. c), prevede l’obbligo dell’istituto di credito di rifondere all’INPS le somme che risultino accreditate in conto corrente o sul libretto di risparmio nominativo dopo la data di decesso del pensionato, indipendentemente dalle disponibilità esistenti sul conto corrente o sul libretto.

Accolta la domanda dal primo giudice, all’esito di gravame proposto da Banca delle Marche la stessa veniva, invece, rigettata dal Tribunale di Ancona.

3. Avverso tale ultima decisione ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, sulla base di un unico motivo.

3.1. Esso – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – ipotizza violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c.

Si censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che la fattispecie oggetto di giudizio vada ricondotta alla previsione del citato art. 2 della convenzione, lett. d), e non c), sicchè, quando l’accredito della pensione avvenga, come nella specie, su un libretto di deposito nominativo cointestato (e non su conto corrente), l’obbligo di rimborso presuppone che la morte del pensionato sia stata resa nota dall’INPS, o che sia stata comunque a conoscenza della banca.

Assume il ricorrente che il Tribunale di Ancona avrebbe errato nell’interpretazione della disciplina contrattuale, in particolare laddove ha ritenuto di qualificare il conto corrente cointestato, sul quale veniva effettuato il pagamento della pensione, come libretto nominativo di risparmio di cui al citato art. 2, lett. d), della convenzione. Così facendo, infatti, non si sarebbe tenuta in debita considerazione la distinzione fra i due contratti bancari, giacchè, mentre nel libretto nominativo, l’unico soggetto legittimato ad operare sul conto è il suo titolare (salvo delega o nomina di un tutore), nel caso del conto corrente cointestato le operazioni possono essere effettuate da entrambi i titolari del conto stesso.

In ogni caso, si sottolinea che, anche in assenza di una specifica disposizione contrattuale (peraltro nella specie esistente), costituirebbe precipitato del principio di buona fede l’accertamento della sussistenza in vita del titolare del pagamento, prima di procedere alla erogazione della somma dovutagli.

– 4. Ha resistito la Banca delle Marche, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità ovvero, in subordine, di infondatezza.

In particolare, la controricorrente sottolinea che l’avversaria impugnazione, pur avendo prospettato un problema di erronea interpretazione della clausola contrattuale, non ha indicato quali siano i criteri ermeneutici che, nella specie, sarebbero stati disattesi dalla sentenza impugnata.

In ogni caso, poi, si sottolinea la correttezza della interpretazione operata dal Tribunale di Ancona.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Il ricorso va rigettato.

5.1. In relazione all’unico motivo di ricorso, infatti, colgono nel segno i rilievi dell’odierna controricorrente, dovendo ribadirsi che “la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poichè quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra” (“ex multis”, Cass. Sez. 3, sent. 28 novembre 2017, n. 28319, Rv. 646649-01; in senso conforme, Cass. Sez. 3, ord. 10 maggio 2018, n. 11254, Rv. 648602-01; Cass. Sez. 1, ord. 27 giugno 2018, n. 16987, Rv. 649677-01).

6. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente e liquidate come da dispositivo.

7. A carico del ricorrente, rimasto soccombente, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condannando, per l’effetto, l’INPS a rifondere alla società Banca delle Marche S.p.a. le spese del presente giudizio, liquidandole in Euro 2.500,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge;

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 3 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019

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