Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9215 del 03/04/2019
Cassazione civile sez. trib., 03/04/2019, (ud. 07/12/2018, dep. 03/04/2019), n.9215
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27853/2011 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12.
– ricorrente –
contro
FO.NE.CO. s. coop. a r.l., in liquidazione, in persona del
liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Danilo Del
Prete, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi
Sabatini sito in Roma, piazza Crati, 20.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle
Marche n. 273/1/10, depositata il 28 settembre 2010.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 dicembre 2018
dal Consigliere Paolo Catallozzi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Paola Mastroberardino, che ha concluso chiedendo il rigetto
del ricorso;
uditi gli avv. Alessandro Maddalo, per la ricorrente, e Danilo Del
Prete, per la controricorrente.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche, depositata il 28 settembre 2010, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della FO.NE.CO. s. coop. a r.l. per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui, relativamente all’anno 2000, era stata contestata la dichiarazione di operazioni non imponibili, aventi ad oggetto prestazioni di trasporto di beni in uscita dallo (OMISSIS) ed ingresso nello Stato italiano, e recuperata l’i.v.a. non versata.
2. Il giudice di appello, confermando la decisione della Commissione provinciale, ha respinto il gravame dell’Amministrazione finanziaria ritenendo non imponibili i corrispettivi dei servizi di trasporto relativi a beni in importazione dallo (OMISSIS), in quanto già assoggettati ad imposizione perchè, aggiunti al corrispettivo del bene ceduto, erano inclusi nella base imponibile, a nulla rilevando l’impossibilità di determinare e riscuotere l’imposta nella misura prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 69, comma 1, per assenza della vigilanza doganale al confine.
3. Il ricorso è affidato a due motivi.
4. Resiste con controricorso la FO.NE.CO. s. coop. a r.l. in liquidazione.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso proposto l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 2, artt. 69 e 71, nonchè del principio della doppia imposizione, per aver la sentenza impugnata riconosciuto la non imponibilità delle spese di trasporto dei beni importati pur in assenza di separata indicazione, sul documento di trasporto, del costo del trasporto medesimo e di controllo sulla tassazione effettuato in dogana per assenza di vigilanza doganale.
1.1. Il motivo è infondato.
Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, prevede che costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali non imponibili, tra gli altri, “i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonchè i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all’imposta a norma dell’art. 69, comma 1”.
Tale ultima disposizione stabilisce che l’imposta è commisurata, con le aliquote indicate nell’art. 16, al valore dei beni importati determinato ai sensi delle disposizioni in materia doganale, aumentato dell’ammontare dei diritti doganali dovuti, ad eccezione dell’i.v.a., nonchè dell’ammontare delle spese di inoltro fino al luogo di destinazione all’interno del territorio della Comunità che figura sul documento di trasporto sotto la cui scorta i beni sono introdotti nel territorio medesimo.
A livello Eurounitario, tali disposizioni trovano corrispondenza nella Dir. 17 maggio 1977, 77/388/CE, art. 11, B, paragrafo 3, e art. 14, par. 1, lett. i), oggi nella Dir. 28 novembre 2006, 2006/112/CE, artt. 86 e 144, secondo cui gli Stati membri esentano dall’i.v.a. le prestazioni di servizi connesse con l’importazione di beni e il cui valore è compreso nella base imponibile.
Pronunciandosi sulla compatibilità delle riferite disposizioni interne con la normativa Eurounitaria, la Corte di Giustizia, con sentenza del 4 ottobre 2017, Federal Express, ha affermato che ai fini del riconoscimento dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto alle prestazioni accessorie, fra cui i servizi di trasporto, è condizione necessaria e sufficiente che il loro valore sia compreso nella base imponibile, non essendo richiesto che tali prestazioni siano state effettivamente assoggettate all’imposta sul valore aggiunto in dogana, all’atto dell’importazione.
Nelle more, il legislatore nazionale aveva approvato una disposizione, inserita, quale D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9,comma 4-bis, secondo cui costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali non imponibili “i servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alla Dir. del Consiglio, 5 ottobre 2006, 2006/79/CE, e Dir. del Consiglio, 19 ottobre 2009, 2009/132/CE, semprechè i corrispettivi dei servizi accessori abbiano concorso alla formazione della base imponibile ai sensi del presente decreto, art. 69, e ancorchè la medesima non sia stata assoggettata all’imposta”.
Da quanto precede consegue che in una situazione, quale quella in esame, in cui non è controverso che il corrispettivo della spedizione sia incluso nella base imponibile della prestazione principale, contestando l’Ufficio solo la mancata separata indicazione dello stesso, non sussistono ostacoli al riconoscimento della esenzione dall’i.v.a. invocata dalla contribuente.
2. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, la ricorrente deduce l’insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione alla ritenuta presenza della clausola “franco destino” sulle fatture in oggetto.
2.1. Il motivo è inammissibile, in quanto si risolve in una censura della complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata in ordine alla sufficienza e idoneità della documentazione prodotta a dimostrare l’assunto della contribuente, cui è contrapposta una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti.
Una siffatta censura non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959).
3. Il ricorso va, pertanto, respinto.
4. In considerazione della novità della questione e della portata decisiva della richiamata sentenza della Corte di Giustizia, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso, appare opportuno disporre l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2019