Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25446 del 12/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 12/10/2018, (ud. 20/02/2018, dep. 12/10/2018), n.25446

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24744/2012 R.G. proposto da:

R.P.M. DI G.R. E C. S.N.C. IN LIQUIDAZIONE (già R.P.M.

DI P.M. E C. S.N.C.), in persona del legale

rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio

Caligiuri, con domicilio eletto in Roma Via Pietro De Cristofaro, n.

40 presso il suo studio;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,

n. 106/29/12 depositata il 3/05/2012.

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

20/2/2018 dal Consigliere Dott. Pierpaolo Gori.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (in seguito, CTR) veniva rigettato l’appello proposto dalla R.P.M. DI P.M. E C. S.N.C., ora in liquidazione (in seguito, la contribuente) avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma (in seguito, CTP) n. 291/20/2010, avente ad oggetto l’impugnazione di due avvisi di accertamento con cui veniva recuperato maggior reddito ad imposta IVA e IRAP per gli anni di imposta 2001 e 2002 per omessa fatturazione di prestazione servizi e dichiarazione IVA non veritiera;

– In particolare, la società di persone, in persona del legale rappresentante P.M., impugnava con due distinti ricorsi gli avvisi avanti alla CTP chiedendone l’annullamento per estinzione della società per intervenuta cessione di quote sociali, ed i ricorsi riuniti venivano rigettati; la contribuente avverso la sentenza proponeva appello per un unico motivo, per non aver il giudice di primo grado tenuto conto dell’intervenuta adesione da parte della contribuente al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, a suo dire preclusiva di ulteriori accertamenti e con effetto estintivo delle sanzioni applicate, appello giudicato infondato dalla CTR;

– Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione la contribuente, affidato a quattro motivi, cui replica l’Agenzia con controricorso. La contribuente ha depositato memoria anteriore all’udienza del 17.1.2017, all’esito della quale, con ordinanza del 10.3.2017 la controversia è stata differita alla data dell’odierna Camera di consiglio, con termine di 60 in favore della ricorrente per la costituzione in giudizio della persona cui spetta la rappresentanza della società e, in favore di entrambe le parti, per osservazioni in ordine al litisconsorzio tra la società e i soci. La contribuente ha depositato ulteriore memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

– A seguito dell’ordinanza del 10.3.2017, con la quale la Corte ha rilevato d’ufficio il difetto di rappresentanza in capo a P.M. non più legale rappresentante nè socio dal 23.11.2003, la R.P.M. S.N.C., ora in liquidazione, si è costituita in persona del liquidatore G.R. sanando l’originario difetto di rappresentanza processuale (Cass. SS.UU. 4 marzo 2016 n. 4248);

– Con il secondo motivo di ricorso, più liquido e pertanto di immediata trattazione, si lamenta la violazione di legge, con riferimento all’art. 101 c.p.c. e art. 111 Cost., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soci, mezzo di impugnazione sul quale nella memoria autorizzata la società insiste;

– Il motivo è fondato. A seguito dell’ordinanza del 10.3.2017, è stata depositata dalla contribuente visura aggiornata (ma non storica), in cui si legge che, oltre al liquidatore, nominato tale dal 12.11.2003 anteriormente all’inizio dei processi di primo grado, vi è la presenza di un ulteriore socio, ma è la stessa contribuente a indicare in memoria che, nel periodo di imposta in questione, vi era una pluralità di soci, non evocati in giudizio;

Al proposito, la Corte rammenta che, fin dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 14815 del 4 giugno 2008, è stato statuito come “In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio” (conforme, tra le molte, Cass. 20 aprile 2016 n. 7789);

– Va anche considerato che l’accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso d’impugnazione, la necessità d’integrare il contraddittorio nei confronti dei relativi soci. Tuttavia, qualora, come nel caso di specie, l’Agenzia abbia contestualmente proceduto all’accertamento di IVA e di IRAP, fondato su elementi in parte comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile IVA, che non sia suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del “simultaneus processus”, attesa l’inscindibilità delle due situazioni e l’esigenza, alla luce dell’art. 111 Cost., di evitare decisioni irragionevolmente contrastanti (Cass. 14 marzo 2018 n. 6303; Cass. 21 ottobre 2015 n. 21340);

– In accoglimento del secondo motivo, ed assorbiti gli altri, dev’essere dichiarata la nullità integrale del processo e cassata la sentenza impugnata, con rinvio al giudice di primo grado, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese di lite.

PQM

la Corte:

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, dichiara la nullità dell’intero processo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla CTP, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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