Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24962 del 10/10/2018

Cassazione civile sez. II, 10/10/2018, (ud. 27/04/2018, dep. 10/10/2018), n.24962

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10396-2014 proposto da:

D.N.M. e G.M., rappresentati e difesi dall’Avvocato

GIOVANNI SALVAGGIO ed elettivamente domiciliati presso lo studio

dell’Avv. Rita Ruscitti in ROMA, VIA APPIA NUOVA 543;

– ricorrenti –

contro

G.D.G., G.C. (nata il (OMISSIS)),

G.C. (nata il (OMISSIS)), B.I.,

R.C., G.G., rappresentati e difesi dall’Avvocato

DIEGO GUADAGNINO, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del

Dott. Giuseppe Mulone in ROMA, VIA BARTOLOMEO MARLIANO 4;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1228/13 della CORTE DI APPELLO di PALERMO,

pubblicata il 30/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2018 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 25.11.2002, D.N.M. e G.M., quali coniuge e figlio del de cuius G.A. (deceduto in (OMISSIS)), citavano in giudizio G.G.D., G.C. (nata nel (OMISSIS)) e G.G. (figli di G.F.), G.C. (nata nel (OMISSIS), figlia di primo letto di G.A.), B.I. (marito della figlia della sorella Ro. di G.A.) e R.C. (moglie del figlio del fratello F. di G.A.), rilevando che, durante gli adempimenti connessi all’accettazione beneficiata dell’eredità relitta dal loro congiunto G.A., si erano avveduti che questi, personalmente, o con la complicità della figlia C. (nata nel (OMISSIS)), nominata sua procuratrice generale il (OMISSIS), aveva posto in essere, tra il (OMISSIS), al fine di sottrarre i beni alle misure di prevenzione patrimoniale, che ne avrebbero determinato la confisca, una serie di atti di trasferimento, tutti a favore di stretti congiunti, azzerando il suo patrimonio; per cui gli attori chiedevano che fosse dichiarata la nullità, l’annullabilità, l’invalidità e/o inefficacia, ovvero la simulazione assoluta o, in subordine, relativa.

Si costituiva in giudizio G.C. (nata nel (OMISSIS)), eccependo il difetto di legittimazione degli attori, l’improcedibilità dell’azione di nullità, l’improcedibilità e la prescrizione dell’azione di annullamento, nonchè l’infondatezza dell’azione, rilevando che le vendite dei fondi ubicati in (OMISSIS) erano state effettuate nell’ambito di un programma di ampliamento e concentrazione aziendale e che le altre vendite erano state effettuate per sostenere le spese per l’acquisto dei terreni di Gi. – V. e che G.A. aveva incaricato il fratello Fe. di estinguere le varie pendenze bancarie per cui, in cambio, era stato costretto a cedere i residui beni ai figli, essendo Fe. deceduto nel frattempo, il tutto con la consapevolezza della moglie D.N.M..

B.I. e R.C. sollevavano le medesime eccezioni e chiedevano il rigetto delle domande attoree. Anche G.D.G. e G.C. (nata nel (OMISSIS)) riproponevano le stesse eccezioni.

Con sentenza n. 146/2009, depositata il 29.1.2009, il Tribunale di Agrigento rigettava le domande di nullità e simulazione con riferimento agli atti di cui ai nn. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 dell’atto di citazione, stipulati il 2.2.1984, il 26.6.1984, il 29.1.1985, il 10.2.1997, il 19.6.1997 e il 12.2.1998, compensando per metà le spese di lite e condannando gli attori al pagamento della residua metà.

Avverso detta sentenza proponevano appello D.N.M. e G.M., che chiedevano la riforma in toto dell’impugnata sentenza con l’accoglimento delle domande spiegate in primo grado. Si costituivano in giudizio G.D.G. e G.C. (nata nel (OMISSIS)), i quali contestavano l’atto di appello e ne chiedevano il rigetto con conferma della sentenza impugnata. Si costituiva anche G.C. (nata nel (OMISSIS)), la quale chiedeva il rigetto dell’appello.

Con sentenza n. 1228/2013, depositata il 30.7.2013, la Corte d’Appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale di Agrigento del 29.1.2009, compensando le spese del grado di giudizio.

Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione D.N.M. e G.M. sulla base di un unico complesso motivo; cui resistono con controricorso G.D.G., G.C. (nata il (OMISSIS)), G.C. (nata il (OMISSIS)), B.I., R.C. e G. Gioacchino.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il motivo, i ricorrenti denunciano la “violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 per violazione degli artt. 112,115,116 e 132 c.p.c., artt. 538,554,713,724, 1345, 1414, 1415, 1416, 1417, 1418, 1344, 1345, 1470 e 2725 – Per omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, censurando l’intero testo della motivazione della sentenza impugnata. I ricorrenti lamentano che la sentenza medesima mostra un vizio di fondo e fa malgoverno della giurisprudenza da essa richiamata con riferimento alla esistenza o meno (nella complessa vicenda contrattuale) di negozio fiduciario; alla nullità degli atti per mancata corresponsione di denaro; alla sussistenza della simulazione.

1.1. – Il motivo nel suo complesso è inammissibile.

1.2. – Ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 il ricorso deve contenere i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata.

Se è vero che l’indicazione dei motivi non necessita dell’impiego di formule particolari, essa tuttavia deve essere proposta in modo specifico, vista la sua funzione di determinare e limitare l’oggetto del giudizio della Corte (Cass. n. 10914 del 2015; Cass. n. 3887 del 2014). Ciò richiede che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbano avere i caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione stessa (Cass. n. 14784 del 2015; Cass. n. 13377 del 2015; Cass. n. 22607 del 2014). E comporta, tra l’altro, l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle singole dedotte violazioni di norme o principi di diritto (Cass. n. 23804 del 2016; Cass. n. 22254 del 2015).

Così, dunque, i motivi di impugnazione che (come nella specie) prospettino una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate sono altrettanto inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (Cass. n. 18021 del 2016).

1.3. – Il motivo di ricorso, così come formulato, si connota viceversa per una confusa articolazione di una pluralità di censure eterogenee – riferite contemporaneamente tutte, congiuntamente ed indistintamente, ad asseriti vizi di violazione e/o falsa applicazione di plurime norme di legge, di nullità della sentenza o del procedimento e di omessa pronuncia su fatti decisivi per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti – prive di una precisa identificazione, necessaria, appunto, per evidenziarne e compiutamente individuarne il contenuto ed analizzarne la rispettiva fondatezza o meno. Esse, viceversa, appaiono contraddistinte dall’evidente scopo di contestare globalmente l’intero impianto motivazionale della decisione, risolvendosi, in buona sostanza, nella richiesta di una inammissibile generale (ri)valutazione alternativa delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, in senso antagonista rispetto a quella compiuta dal giudice di appello (Cass. n. 1885 del 2018).

1.4. – Peraltro, con riferimento alla asserita omessa pronuncia su fatti decisivi – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella nuova formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze impugnate dinanzi alla Corte di cassazione ove le stesse siano state pubblicate in epoca successiva al 12 settembre 2012, e quindi ratione temporis anche a quella oggetto del ricorso in esame, pubblicata il 30 luglio 2013 – è noto come, secondo le Sezioni Unite (n. 8053 e n. 8054 del 2014), la norma consenta di denunciare in cassazione (oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, e cioè, in definitiva, quando tale anomalia si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione) solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017). Ne consegue che, nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 il ricorrente deve specificamente indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017). Tuttavia, tali specifiche indicazioni non si evidenziano, con la necessaria chiarezza e specificità, dalla analisi del ricorso.

1.5. – Inoltre, questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo cui, qualora il ricorrente per cassazione si dolga dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice del merito, ha il dovere di indicare nel ricorso il contenuto rilevante dello stesso, fornendo alla Corte elementi sicuri per consentirne il reperimento negli atti processuali (cfr. altresì Cass. n. 22576 del 2015; n. 16254 del 2012). Ciò tanto più allorquando, come nella specie, si tratti di diversi atti di vendita susseguitisi nel tempo (stipulati il 2.2.1984, il 26.6.1984, il 29.1.1985, il 10.2.1997, il 19.6.1997 e il 12.2.1998).

Pertanto, i ricorrenti avevano l’onere (non assolto) di indicare – mediante anche l’integrale trascrizione, ove necessaria, di detti atti nel ricorso – la risultanza che essi asseriscono essere decisiva per ciascuno di essi e non valutata o insufficientemente considerata, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative (Cass. n. 2093 del 2016; cfr., tra le molte, Cass. n. 14784 del 2015; n. 12029 del 2014; n. 8569 del 2013; n. 4220 del 2012).

2. – Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va emessa altresì la dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater per ciascuna delle parti.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.800,00 di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre al rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2018

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