Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 267 del 07/11/2013
Penale Sent. Sez. 6 Num. 267 Anno 2014
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARUSO CARMINE n. 9/5/1956
avverso la sentenza n. 10831/2012 del 23/1/2013 della CORTE DI
APPELLO DI NAPOLI
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ANGELO DI POPOLO che
ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Caruso Carmine propone ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello
di Napoli del 23 gennaio 2013 che confermava la sua condanna per reati di
stupefacenti emessa dal giudice monocratico di Torre Annunziata il 19 aprile
2012 deducendo che erroneamente la Corte ha ritenuto che, con la sua rinunzia
a comparire, aveva sanato la nullità determinata dall’inosservanza del termine a
comparire, tempestivamente eccepita difensore; secondo il ricorrente,
procedendosi nelle forme del giudizio abbreviato ed essendo detenuto, ai sensi
degli artt. 127 e 599 cod. proc. pen. la sua traduzione era prevista solo a fronte
di una espressa richiesta di presenziare, richiesta non formulata, per cui non
assumeva valore ai sensi dell’art. 184 cod. proc. pen. la sua rinu zia a
comparire.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Data Udienza: 07/11/2013
Vale la regola richiamata dalla corte di appello, in quanto l’articolo 184 cod.
proc. pen. prevede espressamente “La nullità di una citazione o di un avviso
ovvero delle relative comunicazioni e notificazioni è sanata se la parte
interessata è comparsa o ha rinunciato a comparire”.
La affermazione che ciò
non valga nella ipotesi di giudizio abbreviato non trova alcuna corrispondenza del
testo citato né peraltro sussiste alcuna ragione logica per la quale non debba
applicarsi il medesimo principio. È evidente che la ragione della disposizione è
che la nullità è sanata laddove la parte dimostri di essere a conoscenza
pur sapendo che verrà tenuta, non formulando alcuna eccezione che in tal caso,
ai sensi del secondo e terzo comma della medesima disposizione, deve essere
espressa; non vi è alcuna ragione per ritenere la disciplina inapplicabile al caso in
esame.
Valutate le ragioni della inammissibilità la sanzione pecuniaria va equamente
determinata nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Roma osì deciso il 7 novembre 2013
dell’udienza presenziandovi o dichiarando in anticipo che non intende presenziare