Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7127 del 13/03/2019
Cassazione civile sez. trib., 13/03/2019, (ud. 12/02/2019, dep. 13/03/2019), n.7127
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –
Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26/2013 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con
domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato.
– ricorrente –
contro
CONSORZIO EURO CME, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo
Ciavarella, elettivamente domiciliato in Roma, via Beethoven n. 52,
presso lo studio dell’avv. Rita Imbrioscia.
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, sezione 44, n. 156/44/11, pronunciata il 18/04/2011,
depositata il 2/11/2011.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 febbraio 2019
dal Consigliere Riccardo Guida;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Pedicini Ettore, che ha concluso chiedendo: il rigetto del
ricorso; udito l’avv. Barbara Tidore;
udito l’avv. Cinzia Marseglia.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso alla CTP di Milano il Consorzio Euro CME impugnò il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle entrate avverso la sua istanza di rimborso dei crediti d’imposta IRPEG per le annualità dal 1984 al 1987 e dal 1992 al 1996.
La CTP, con sentenza n. 7/2010, accolse il ricorso; l’Agenzia delle entrate ha interposto appello e la CTR della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato il gravame: da un lato, disattendendo l’eccezione dell’Ufficio, secondo cui il ricorso della contribuente era inammissibile perchè proposto nei confronti dell’Ufficio di Milano (OMISSIS) della stessa Agenzia, anzichè nei confronti del competente Ufficio di Milano (OMISSIS); dall’altro, rilevando che il secondo motivo di gravame – per il quale la CTP aveva erroneamente accolto il ricorso, senza valutare nel merito la pretesa del contribuente, poichè inizialmente l’Ufficio aveva ritenuto superfluo l’esame del merito – era stato formulato in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in quanto la domanda di rimborso veniva contestata per la prima volta in sede d’appello.
2. L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione di questa sentenza sulla base di due motivi; il Consorzio resiste con controricorso, illustrato con una memoria ex art. 378 c.p.c..
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, la ricorrente censura la sentenza della CTR che ha affermato contra legem che l’Amministrazione finanziaria non potesse eccepire, per la prima volta in appello, il difetto di prova, da parte del contribuente, della propria pretesa, senza considerare che, nei giudizi aventi ad oggetto una domanda di rimborso, il richiedente è attore sostanziale e la mera contestazione, da parte del fisco, della mancata prova del credito, è un’eccezione in senso lato, non soggetta ad alcuna preclusione (diversa dal formarsi del giudicato).
2. Con il secondo motivo, denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c., nell’ipotesi in cui si reputi che la CTR abbia ritenuto provata la pretesa del contribuente in quanto non contestata in primo grado, la ricorrente censura la sentenza impugnata che avrebbe trascurato che il principio di non contestazione opera sul piano della prova e non consente di superare una lacuna nell’allegazione dei fatti costitutivi della pretesa creditoria, che, nel caso di specie, il contribuente aveva omesso di indicare, limitandosi a riferire di avere chiesto, in sede amministrativa, il rimborso di somme di denaro.
2.1. I due motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono fondati.
Questa Corte, già in passato (Cass. 29/12/2011, n. 29613; 27/04/2012, n. 6550), ha avuto modo di affermare che quando – come nella fattispecie concreta in esame – si controverta di una domanda di rimborso del contribuente, quest’ultimo riveste la qualità di attore in senso non soltanto formale – come nei giudizi di impugnazione di un atto impositivo – ma anche sostanziale, con una duplice conseguenza: per un verso, l’onere di allegare e provare i fatti ai quali la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato in domanda grava sul contribuente; per altro verso, le argomentazioni con le quali l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o contesta che i medesimi siano qualificabili giuridicamente nei termini proposti dal contribuente, costituiscono “mere difese”, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva l’ipotesi del formarsi di un giudicato interno o – ove in concreto ne ricorrano i presupposti – l’applicazione del principio di non contestazione.
Con riferimento a tale ultimo principio, la stessa giurisprudenza di legittimità, in modo condivisibile, ha precisato che: innanzitutto, esso non può essere invocato allorchè il convenuto neghi in radice l’esistenza dell’altrui credito; d’altro canto, esso opera sul piano della prova, cosicchè, nel processo tributario (nel quale pure è certamente applicabile, come riconosce Cass. 24/01/2007, n. 1540), esso non elide l’operatività dell’altro principio – operante sul piano dell’allegazione e collegato alla specialità del contenzioso tributario – secondo cui la mancata presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente in linea di subordine non equivale ad ammissione delle affermazioni che tali motivi sostanziano, nè determina il restringimento del thema decidendum ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell’intera domanda del contribuente consente all’Ufficio impositore, qualora le questioni da quello dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, le diverse argomentazioni difensive alla domanda avversaria.
Con riferimento al tema del decidere di questo giudizio (nel quale, come suaccennato, si controverte dell’impugnazione del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso del contribuente), la Corte (Cass. 6/12/2018, n. 31626), tornando ad occuparsi del divieto, ex art. 57 proc. trib., comma 2, di proposizione di nuove eccezioni (che non siano rilevabili d’ufficio), nel giudizio (tributario) d’appello, ha richiamato il precedente, condiviso, orientamento di legittimità, per il quale: “nel processo tributario, quando il contribuente impugni il silenzio-rifiuto formatosi su una istanza di rimborso, deve dimostrare che, in punto di fatto, non sussiste nessuna delle ipotesi che legittimano il rifiuto, e l’Amministrazione finanziaria può, dal canto suo, difendersi “a tutto campo”, non essendo vincolata ad una specifica motivazione di rigetto, con la conseguenza che “le eventuali falle” del ricorso introduttivo possono essere eccepite in appello dall’Amministrazione a prescindere dalla preclusione posta dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in quanto, comunque, attengono all’originario “thema decidendum” (sussistenza o insussistenza dei presupposti che legittimano il rifiuto di rimborso), fatto salvo il limite del giudicato” (Cass. 21/5/2007, n. 11682; 19/1/2009, n. 1133; 15/10/2010, n. 21314; 11/2/2011, n. 3338).
Svolta questa premessa, venendo adesso allo scrutinio dei motivi di ricorso, si rileva che la CTR ha disatteso gli enunciati principi di diritto ed è incorsa in un duplice errore, laddove ha reputato: per un verso, fraintendendo il significato della preclusione sancita dal cit. art. 57, comma 2, che l’Ufficio non potesse articolare, in appello, la propria difesa “a tutto campo” e dedurre che il contribuente non aveva allegato i fatti costitutivi del credito; per altro verso, che, rispetto a quella stessa domanda di rimborso, operasse il principio di non contestazione che, come si è appena ricordato, attiene al diverso ambito della prova e viene in gioco solo nell’ipotesi in cui il contribuente, quale attore sostanziale, abbia compiutamente allegato i fatti costitutivi della domanda di rimborso.
L’Agenzia, nel negare, ab initio, in radice, l’esistenza del credito, aveva anche eccepito che l’inoltro della domanda di rimborso a un Ufficio incompetente, rendeva superfluo l’esame del merito; sicchè, dopo che era stata disattesa, già in primo grado, detta eccezione preliminare, l’Amministrazione finanziaria conservava, del tutto integro, il potere processuale – erroneamente disconosciuto dalla CTR – di fare valere, come specifico motivo d’appello, la “mera difesa” consistente nel difetto di allegazione, da parte del contribuente (gravato del relativo onere), dei fatti costitutivi del proprio credito.
3. Ne consegue che, accolti il primo motivo e il secondo motivo di ricorso, la sentenza è cassata, con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.
PQM
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2019