Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21610 del 04/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 04/09/2018, (ud. 05/06/2018, dep. 04/09/2018), n.21610

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7149-2018 proposto da:

S.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TORINO 7,

presso lo studio dell’avvocato LAURA BARBERIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIAN LUCA VITALE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, 12,

PRESSO l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1532/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 11/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

S.D. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 1532 del 2017, depositata l’11 luglio del 2017, con la quale è stato disatteso l’appello proposto dal medesimo nei confronti dell’ordinanza del Tribunale di Torino che aveva rigettato le domande di riconoscimento della protezione internazionale proposte dall’istante; il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Considerato che:

con il primo e secondo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3 e art. 27, comma 1 bis, D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6 e art. 16, direttiva 2013/32 UE, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g), art. 5, art. 14, comma 1, lett. b) e art. 15, della direttiva 2011/95/UE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente si duole del fatto che la Corte torinese non abbia fatto corretta applicazione dei criteri legali volti a stabilire, in sede di giudizio, la credibilità dell’istante;

il medesimo lamenta, altresì, che il giudice di appello abbia – del pari erroneamente – escluso la sussistenza del requisito del “danno grave”, rilevante ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, sulla base della asserita possibilità di chiedere protezione alle autorità, omettendo di effettuare gli accertamenti richiesti circa le pratiche corruttive all’interno delle forze dell’ordine e del sistema giudiziario della Guinea – che avrebbero reso vana la richiesta di protezione -, la gravità delle sanzioni per le fattispecie di omicidio colposo e danneggiamento, e la condizione nella quale versano le carceri in Guinea;

Ritenuto che:

in tema di protezione internazionale e umanitaria, la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non debba essere affidata alla mera opinione del giudice ma costituisca il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e, inoltre, tenendo conto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui all’art. 5, comma 3, lett. c) D.Lgs. cit.), con riguardo alla sua condizione sociale e all’età, non potendo darsi rilievo a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati quando si ritiene sussistente l’accadimento;

pertanto, sia compito dell’autorità amministrativa e del giudice dell’impugnazione di decisioni negative della Commissione territoriale, svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorandosi dal principio b dispositivo proprio del giudizio civile ordinario, mediante l’esercizio di poteri-doveri d’indagine officiosi e l’acquisizione di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente, al fine di accertarne la situazione reale (Cass., 14/11/2017, n. 26921; Cass., 24/09/2012, n. 16221); in punto di valutazione del “danno grave”, il diritto alla protezione sussidiaria non possa, inoltre, essere escluso dalla circostanza che a provocare il danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati qualora nel Paese d’origine non vi sia un’autorità statale in grado di fornirgli adeguata ed effettiva tutela, con conseguente dovere del giudice di effettuare una verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull’eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali (Cass., 03/07/2017, n. 16356);

Rilevato che:

nel caso concreto, il S. aveva dedotto di essere stato indotto a fuggire dalla Guinea su consiglio dello stesso sottoprefetto che lo aveva preso sotto la sua protezione, in quanto in sua assenza, nella notte tra il 2 ed il 3 novembre 2013, era scoppiato un incendio nella pompa di benzina, da lui gestita contro il volere della popolazione locale – la quale temeva che dalla stessa potessero verificarsi pregiudizi -, dal quale erano derivati ingenti danni e la morte di un bambino;

il richiedente – come si evince dalla stessa sentenza impugnata – aveva, inoltre, allegato – sulla base di reports di organismi internazionali (Guinea Rewiew, Human rights watch, Amensty International, Huma rights report) che la polizia locale ed il sistema giudiziario della Guinea erano inquinati da pratiche corruttive, per cui vana sarebbe stata la richiesta di protezione interna, che le pene per i reati di omicidio colposo e danneggiamento erano molto elevate, e che le condizioni dei detenuti nelle carceri erano pessime, tanto da indursi a dichiarare: “avrei paura di essere preso e imprigionato perchè lì non c’è democrazia. Ti prendono e potresti anche morire in prigione”;

Considerato che:

a fronte di tali allegazioni, la Corte territoriale – in contrasto con le affermazioni di principio suesposte – si è limitata ad asserire che i fatti narrati dal S. in sede giudiziaria non sarebbero “esattamente gli stessi” di quelli descritti dinanzi alla Commissione territoriale, in quanto il racconto dinanzi al giudice si sarebbe arricchito di taluni elementi in contrasto con le dichiarazioni precedenti, e che non ricorrerebbe il pericolo di un “danno grave” per il richiedente, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. b), art. 14 atteso che il medesimo – il quale ben avrebbe potuto richiedere la protezione interna – non risultava neppure sottoposto a procedimento penale;

la Corte d’appello ha, quindi, ritenuto – in contrasto con le affermazioni della giurisprudenza di legittimità – assorbita da siffatta pronuncia la domanda di istruttoria circa le condizioni attuali in Guinea, in relazione alle pratiche corruttive in uso tra le forze dell’ordine e nel sistema giudiziario, ed in ordine alle condizioni del sistema penitenziario ed alle sanzioni applicabili ai reati suindicati;

le censure, in punto mancata concessione della protezione sussidiaria, devono trovare, pertanto, accoglimento;

Considerato che:

con il terzo motivo di ricorso – denunciando la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia correttamente applicato i criteri legali in punto revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

Ritenuto che:

il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, in materia di revoca del provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio, nel disporre che con decreto il magistrato revoca la suddetta ammissione nell’ipotesi in cui venga accertato che l’interessato abbia agito o resistito in giudizio con dolo o colpa grave, disancora il giudizio sul merito dell’azione giudiziaria proposta da quello della fondatezza del decreto di revoca, che deve basarsi esclusivamente sul dolo o colpa grave nell’agire in giudizio, e non sull’infondatezza dell’azione nel merito (Cass., 22/08/2017, n. 20270);

Rilevato che:

nel caso di specie, per contro, la Corte d’appello ha fondato la revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio, del tutto erroneamente, sulle “esposte ragioni di infondatezza dell’appello”, in contrasto con il principio sopra enunciato;

Ritenuto che:

alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso debba essere accolto, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Torino in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2018

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