Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5611 del 26/02/2019

Cassazione civile sez. II, 26/02/2019, (ud. 25/10/2018, dep. 26/02/2019), n.5611

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23606/2014 proposto da:

F.B.F., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA OSLAVIA 39-F, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE CARLONI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARNO 62,

presso lo studio dell’avvocato ORONZO CIRIELLI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3782/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

F.B.F. propone ricorso articolato in dieci motivi avverso la sentenza n. 3782/2013 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 2 luglio 2013.

Il Condominio di (OMISSIS), resiste con controricorso.

Il pubblico ministero non ha depositato le sue conclusioni scritte, nè le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

F.B.F. impugnò con citazione del 9 dicembre 2001 la deliberazione assembleare adottata il 10 gennaio 2001 dal Condominio di (OMISSIS), di approvazione dei consuntivi della gestione 1998 e 1999 e di ripartizione delle spese di manutenzione, chiedendo altresì la condanna del convenuto Condominio al pagamento in suo favore della somma di Lire 2.587.232, quale credito risultante dalla revisione dei bilanci.

Il Tribunale di Roma respinse tali domande con sentenza del 16 gennaio 2009.

La Corte d’Appello di Roma ha poi rigettato il gravame di F.B.F., osservando come lo stesso attore non potesse impugnare la deliberazione assembleare del 10 gennaio 2001, risultando egli presente per delega alla riunione. Parimenti infondata è stata ritenuta dalla Corte d’Appello la pretesa di rimborso di lire 2.587.232, avendo l’espletata CTU ritenuto insufficiente la prova documentale della anticipazioni sostenute dal F.B. quale amministratore cessato.

1. Il primo motivo di ricorso di F.B.F. (violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., quanto al rilievo del difetto di legittimazione ad impugnare dell’attore) è infondato. L’art. 1137 c.c., prevede l’azione di annullamento delle deliberazioni assembleari, attribuendone la legittimazione ad ogni condomino assente o dissenziente (o astenuto, come precisato dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220, nella specie non applicabile ratione temporis). La legittimazione all’impugnazione ex art. 1137 c.c., e cioè la qualità di condomino assente, dissenziente o astenuto, deve essere provata dall’attore (non bastandone la semplice allegazione); mentre l’accertamento del difetto di legittimazione ad impugnare la deliberazione dell’assemblea, in quanto tale da compiere anche d’ufficio ad opera del giudice, non va soggetto a preclusioni, non potendosi accordare siffatta azione a chi non abbia titolo per farla valere.

2. Il secondo motivo di ricorso (violazione è falsa applicazione dell’art. 1137 c.c.) è in parte inammissibile e comunque infondato. Il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello non si sia data cura di specificare che egli risultasse non solo presente in assemblea, ma anche votante a favore della delibera approvata. Il ricorrente tuttavia omette a sua volta di allegare, come impostogli dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, sia il testo della delibera impugnata, sia qualsiasi altro documento o atto dei pregressi gradi di merito da cui risultasse l’indicazione del dissenso espresso in assemblea. Come già ricordato a proposito del primo motivo, l’art. 1137 c.c., comma 2, ammette l’impugnazione della delibera assembleare soltanto da parte dell’assente, del dissenziente e dell’astenuto; pertanto, il condomino presente, che abbia partecipato all’assemblea, non può impugnare la deliberazione se non è dissenziente (o non si sia astenuto) proprio in ordine alla deliberazione che impugna. Il dissenso dell’impugnante rispetto alla deliberazione deve essere allegato e provato ed incombe sullo stesso l’onere della relativa prova (Cass. Sez. 2, 05/09/1969, n. 3060; Cass. Sez. 2, 16/04/1973, n. 1079; Cass. Sez. 6-2, 09/05/2017, n. 11375, non massimata).

3. Il terzo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 112 c.p.c.) è infondato. La sentenza impugnata, sia pur con esposizione molto succinta, contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione. E’ inconsistente anche il riferimento all’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.: il ricorrente intende, infatti, criticare non un vizio di attività del giudice inerente ad una domanda o eccezione rimasta senza risposta, quanto il contenuto del provvedimento che ha preso in esame la questione oggetto di doglianza, assumendo che l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa.

4. Il quarto motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione dell’art. 1137 c.c.) è inammissibile. Vi si assume che la Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto del contenuto della delibera, si richiama l’art. 1137 c.c., che stabilisce l’illegittimità delle delibere che siano contrarie alla legge o al regolamento di condominio, e si conclude dal ricorrente che la deliberazione assembleare del 10 gennaio 2001 del Condominio di (OMISSIS), fosse contraria alle “norme sulla rendicontazione”, non avendo computato un credito del ricorrente di oltre 12 milioni di lire. La censura non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale, come visto a proposito dei primi due motivi di ricorso, ha negato in radice che F.B.F. avesse legittimazione ad impugnare la deliberazione assembleare del 10 gennaio 2001, risultando presente per delega alla riunione. Il ricorrente si limita a prospettare ragioni di merito avverso la deliberazione dell’assemblea condominiale di approvazione dei rendiconti annuali 1998 e 1999, ancora una volta senza dimostrare la propria qualità di condomino dissenziente e senza far riferimento a ragioni di nullità della stessa delibera.

5. Il quinto motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.) è del pari inammissibile. Il ricorrente critica la sentenza della Corte di Roma per non aver pronunciato sui motivi di appello inerenti alla approvazione assembleare della “coda di bilancio 1997”, a modifica della situazione contabile già accertata nei precedenti rendiconti, così da estromettere il credito per anticipazioni vantato dall’ex amministratore F.B.. Non considera il ricorrente ancora una volta che la Corte d’Appello ha, in realtà, prima ancora escluso la sua legittimazione ad impugnare ex art. 1137 c.c., la deliberazione dell’assemblea del 10 gennaio 2001.

6. Sono inammissibili il sesto motivo di ricorso (omessa insufficiente o contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, sull’esistenza di un credito del F.B. consacrato nel rendiconto 1997), l’ottavo motivo di ricorso (omessa insufficiente o contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, sull’esistenza di un credito del F.B. per Lire 2.587.232, attestato nella revisione dei bilanci e nel verbale del passaggio di consegne) ed il decimo motivo di ricorso (omessa insufficiente o contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, circa gli errori addebitati dall’appellante alla CTU espletata in ordine al credito del F.B.). Sesto, ottavo e decimo motivo si risolvono in una critica generica della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili di fatto, auspicando dalla Corte di Cassazione un diverso apprezzamento degli elementi istruttori valutati dalla Corte d’Appello. La doglianza di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione non tiene conto che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, contempla soltanto il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Il ricorrente, viceversa, espone l’erroneo esame di elementi istruttori, il quale non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, visto che i rispettivi fatti storici, rilevanti in causa, sono stati tutti comunque presi in considerazione dalla Corte d’Appello.

7. Il settimo motivo di ricorso (violazione ed errata applicazione dell’art. 112 c.p.c., quanto alla domanda di accertamento del credito del F.B., che non si doveva considerare autonoma dalla delibera di impugnazione ex art. 1137 c.c.) è inammissibile. Sulla domanda di accertamento del credito del F.B. la Corte d’Appello di Roma ha espressamente statuito, rigettando la stessa per mancanza di prova, sicchè non è ravvisabile alcuna difformità tra chiesto e pronunciato, ed intendendo, piuttosto, il ricorrente lamentare l’esito della pronuncia al riguardo resa dai giudici del merito, giacchè non conforme alle sue aspettative.

8. Il nono motivo di ricorso (violazione ed errata applicazione degli artt. 1988,2732 e 2735 c.c., quanto alla prova del credito per anticipazioni sostenute dal F.B., emergente dal rendiconto 1997 approvato irritrattabilmente dall’assemblea del 13 febbraio 1998) è infondato. Il controricorrente evidenzia al riguardo come il bilancio d’esercizio 1997 fosse stato approvato dall’assemblea sotto condizione di una verifica contabile da operare all’esito del passaggio di consegne tra vecchio e nuovo amministratore. E’ comunque consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, poichè il credito dell’amministratore per il recupero delle somme anticipate nell’interesse del condominio si fonda, ex art. 1720 c.p.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, è l’amministratore che deve offrire la prova degli esborsi effettuati, mentre i condomini (e quindi il condominio) – che sono tenuti, quali mandanti, a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, ed a pagargli il compenso oltre al risarcimento dell’eventuale danno – devono dimostrare di avere adempiuto all’obbligo di tenere indenne l’amministratore di ogni diminuzione patrimoniale in proposito subita (Cass. Sez. 6 – 2, 17/08/2017, n. 20137; Cass. Sez. 2, 30/03/2006, n. 7498). Era dunque l’ex amministratore F.B. a dover fornire la dimostrazione dei fatti su cui fondare la propria pretesa di recupero delle spese sostenute, e la sentenza impugnata ha affermato che nemmeno la CTU all’uopo disposta avesse dimostrato l’importo esatto delle dedotte anticipazioni dell’amministratore cessato. Spetta, del resto, comunque all’assemblea il potere di approvare, col conto consuntivo, gli incassi e le spese condominiali, e solo una chiara e definitiva indicazione in bilancio dell’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili può costituire idonea prova del debito dei condomini nei confronti del precedente amministratore (arg. da Cass. Sez. 2, 28/05/2012, n. 8498; Cass. Sez. 2, 14/02/2017, n. 3892).

D’altro canto, nessuna norma detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell’osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell’esame dei vari rendiconti presentati dall’amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, con la conseguenza che va ritenuta legittima la delibera assembleare che approvi il bilancio consuntivo riesaminando altresì la situazione finanziaria relativa al periodo antecedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza, che presiedono alle vicende della gestione condominiale, consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, anche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali inesattezza contenute nell’approvazione dei rendiconti dei precedenti esercizi (arg. da Cass. Sez. 2, 30/12/1997, n. 13100; Cass. Sez. 2, 31/03/2017, n. 8521).

Con il nono motivo di ricorso si intende sollecitare questa Corte a rivalutare la sussistenza della prova, nella contabilità condominiale, degli esborsi effettuati dal F.B. a titolo di anticipazione, ma tali valutazioni e calcoli costituiscono accertamenti di fatto demandati al giudice di merito, e sono incensurabili in cassazione se non sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

9. Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente va condannato a rimborsare al Condominio controricorrente le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2019

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