Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11665 del 07/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 07/06/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 07/06/2016), n.11665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11748-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende

ope legis;

– ricorrente –

contro

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO N.149, presso lo studio dell’avvocato CAROLA CICCONETTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO PASQUALE DI PAOLA,

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5661/24/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della Lombardia del 7/10/2014, depositata il 04/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di F.G. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5661/24/2014, depositata in data 4/11/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso, per maggiore IRPEF ed addizionali, relativi all’anno d’imposta 2006, a seguito di controllo fiscale, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32 e di acquisizione di documentazione bancaria, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente sotto il profilo della nullità dell’accertamento per mancato rispetto del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, con riguardo al profilo dell’inoperatività della norma, trattandosi di verifica condotta presso gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria e non presso la sede del contribuente.

2. La censura è fondata.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno invero affermato il seguente principio di diritto (Cass. 24823/2015): “Differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità, dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per i quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittori endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.

Le Sezioni Unite hanno quindi precisato le garanzie fissate nella L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, trovano applicazione esclusivamente “in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente”, valutati il dato testuale della rubrica (“Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”) e, soprattutto, quello della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 1 (coniugato con la circostanza che l’intera disciplina contenuta nella disposizione risulta palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in toto), che, esplicitamente, si riferisce agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, ad operazioni, cioè, che costituiscono categorie d’intervento accertativo dell’Amministrazione tipizzate ed inequivocabilmente identificabili, in base alle indicazioni di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 1, richiamato, in tenia di imposte dirette dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, ed, in materia di imposta di registro, dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 53 bis, ipotesi tutte “caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, (gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”.

Nella specie, non è contestato che si verteva in ipotesi di controllo fiscale eseguito a seguito di acquisizione documentaleD.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32 e non a seguito di “accesso, ispezione, verifica” presso la sede del contribuente.

La decisione della C.T.R. non è conforme al suddetto principio di diritto.

3. Per rutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. Lombardia, in diversa composizione.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2016

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