Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11818 del 09/06/2016

Cassazione civile sez. III, 09/06/2016, (ud. 19/04/2016, dep. 09/06/2016), n.11818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 7906 del ruolo generale dell’anno

2013, proposto da:

P.A.R., (C.F. dichiarato:

(OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta procura in calce al

ricorso,

dall’avvocato Bruno Soggia (C.F.: SGG BRN 35R09 L049D);

– ricorrente –

nei confronti di:

FONDIARIA – SAI ASSICURAZIONI S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in

persona del procuratore S.C. rappresentata e difesa,

giusta procura in calce al controricorso, dall’avvocato Antonio

Altamura (C.F.: LTM NTN 40R05 L049S);

– controricorrente –

e

F.D.M. (C.F.: non dichiarato);

– intimato –

per la cassazione della sentenza pronunziata dal Giudice di Pace di

Taranto n. 3386/2012, depositata in data 6 dicembre 2012;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

19 aprile 2016 dal consigliere Augusto Tatangelo;

uditi:

il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale

dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per la dichiarazione di

inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.A.R. agì in giudizio nei confronti di F.D.M. e della Fondiaria Sai Assicurazioni S.p.A. per ottenere il risarcimento dei danni subiti da un proprio motoveicolo in occasione di un sinistro stradale, indicati in Euro 1.030,00.

La domanda fu rigettata dal Giudice di Pace di Taranto.

Ricorre il P., sulla base di due motivi (di cui il secondo articolato in quattro distinti profili).

Resiste con controricorso Fondiaria Sai Assicurazioni S.p.A..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altro intimato F..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. E’ pregiudiziale all’esame del merito del ricorso il rilievo dell’inammissibilità dello stesso, per essere stato proposto avverso sentenza del giudice di pace pronunziata ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, (cd. giudizio di equità necessario), come tale impugnabile esclusivamente con l’appello a critica limitata previsto dall’art. 339 c.p.c., comma 3.

La disposizione richiamata da ultimo, secondo la quale “le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità a norma dell’art. 113, comma 2, sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia”, va infatti interpretata nel senso che le sentenze del giudice di pace pronunziate nel giudizio cd. di equità necessario possono essere impugnate esclusivamente con l’appello, proponibile nei limiti prescritti, restando invece implicitamente – ma inequivocabilmente esclusa l’ammissibilità del ricorso per cassazione diretto, per motivi diversi da quelli consentiti per l’appello (in tal senso, si vedano: Sez. 3, Ordinanza n. 13019 del 04/06/2007, Rv. 597292:

“dall’assetto scaturito dalla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e particolarmente dalla nuova disciplina delle sentenze appellabili e delle sentenze ricorribili per cassazione, emerge con certezza assoluta che, riguardo alle sentenze pronunciate dal giudice di pace nell’ambito del limite della sua giurisdizione equitativa necessaria, l’appello a motivi limitati, previsto dall’art. 339 c.p.c., comma 3 è l’unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso, se si esclude la revocazione per motivi ordinari; tale conclusione – non desumibile esplicitamente da detta norma, posto che l’avverbio “esclusivamente” che in essa figura potrebbe apparire riferibile non al mezzo esperibile, bensì ai motivi deducibili con il mezzo stesso, onde l’interprete potrebbe avere il dubbio, peraltro per il solo vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, che contro la sentenza sia esperibile, prevedendolo altra norma, altra impugnazione ordinaria per i motivi esclusi e segnatamente il ricorso per cassazione – si giustifica, oltre che per un’elementare ragione di coerenza, che esclude un concorso di mezzi di impugnazione non solo per gli stessi motivi, ma anche per motivi che rispetto a quelli ammessi in riferimento ad un mezzo rappresenterebbero un loro allargamento, anche in forza della lettura dell’art. 360 nuovo testo, là dove nel comma 1 prevede l’esperibilità del ricorso per cassazione soltanto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado; poichè la sentenza equitativa del giudice di pace non è nè una sentenza pronunciata in grado di appello nè una sentenza pronunciata in unico grado – atteso che è, sia pure per motivi limitati, appellabile e, dunque, è sentenza di primo grado – appare evidente che essa non è sottoponibile a ricorso per cassazione per i vizi diversi da quelli indicati dall’art. 339, comma 3 e particolarmente per quello di cui all’art. 360, n. 5; nè, d’altro canto è ipotizzabile la configurabilità del ricorso per cassazione per il motivo di cui all’art. 360, n. 5 sulla base del nuovo testo dello stesso art. 360, u.c., che ammette il ricorso per cassazione contro le sentenze ed i provvedimenti diversi dalla sentenza per i quali – a norma dell’art. 111 Cost., comma 7 – è ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge per tutti i motivi di cui al comma 1 e, quindi, nelle intenzioni del legislatore, anche per quello di cui al n. 5 citato; invero, la sentenza del giudice di pace pronunciata nell’ambito della giurisdizione equitativa, essendo appellabile, sìa pure per motivi limitati, sfugge all’ambito di applicazione del suddetto settimo comma, che pertiene alle sentenze ed ai provvedimenti aventi natura di sentenza in senso c.d. sostanziale, per cui non sia previsto alcun mezzo di impugnazione e non riguarda i casi nei quali un mezzo di impugnazione vi sia, ma limitato a taluni motivi e la decisione riguardo ad esso possa poi essere assoggettata a ricorso per cassazione, com’è quella resa dal giudice d’appello sulle sentenze del giudice di pace ai sensi dell’art. 339, comma 3 la quale, naturalmente, lo sarà con adattamento dei motivi di ricorso all’ambito di quelli devolvibili al giudice d’appello stesso”; conf.:

Sez. 3, Ordinanza n. 10775 del 24/04/2008, Rv. 602792; Sez. 3, Ordinanza n. 10774 del 24/04/2008, Rv. 602831; Sez. 6 3, Ordinanza n. 4036 del 14/03/2012, Rv. 621310).

L’evidente inammissibilità del ricorso per cassazione esime dall’esame dei singoli motivi di esso.

2. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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