Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28438 del 19/12/2013
Civile Sent. Sez. L Num. 28438 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE
SENTENZA
sul ricorso 1162-2011 proposto da:
L.M.I.
S.R.L.
PREVENTIVO
P.I.
IN LIQUIDAZIONE E
00390760163
(già
IN CONCORDATO
L.M.I.
LAZZARI
MONTAGGI INDUSTRIALI S.P.A.), in persona del Legaler
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appresentante pro temporei elettivamente domiciliata
I.
in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio
2013
3129
dell’avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato CAGGESE MARGHERITA,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro
Data pubblicazione: 19/12/2013
- I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE
80078750587,
in
persona
del
legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
g.-,- ccNtlf4- 13 -Op.
in ROMA, VIA ELLA FREZZA 17J presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
LELIO, giusta delega in atti;
– controricorrente non chè contro
EQUITALIA ESATRI S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 235/2010 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 30/06/2010 R.G.N. 489/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/11/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato VESCI GERARDO;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega SGROI
ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
avvocati CALIULO LUIGI, SGROI ANTONINO, MARITATO
RG 1162-11
Con la sentenza di cui si chiede la cassazione la Corte di appello di
Brescia, riformando la sentenza del Tribunale di Bergamo,dopo aver
dichiarato il difetto di giurisdizione quanto ai contributi afferenti
il Servizio Sanitario Nazionale,
. proposta dalla società LMI,
rigetta, nel resto, l’opposizione,
avverso la cartella esattoriale
il recupero di contributi previdenziali e relative sanzioni pretesi
dall’INPS per l’occupazione di lavoratori,
dalle società CO.MO .IND
formalmente dipendenti
ed ITALMONT, in violazione della legge n.
1369 del 1960 nei periodi da agosto a dicembre 1998 e da ottobre 1996
ad aprile 1998.
A base del
decisum
la Corte del merito pone il rilievo fondante
secondo il quale dal verbale di accertamento emerge che le due
società (CO.MO .IND ed ITALMONT), in assenza di un azienda con beni o
capitali di una qualche consistenza o con un’attività imprenditoriale
identificabile sul piano dell’autonomia gestionale, avevano gestito
unicamente il personale utilizzato nei cantieri della società LMI. Del
resto, osserva la Corte territoriale, anche se si volesse dare
credito alle dichiarazione dei testi introdotti dalla opponente circa
la proprietà in capo alle società (CO.MO .IND ed ITALMONT) di
materiali di poco valore e della esistenza di un caposquadr3 tanto
comunque non sarebbe sufficiente per ritenere insussistente, a fronte
delle circostanze emerse in istruttoria, la fattispecie di un
subappalto di manodopera.
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notificatale da Equitalia Esatri spa ( già Bergamo Esattorie spa) per
Avverso questa sentenza la società LMI ricorre in cassazione sulla
base di tre censure, illustrate da memoria.
Resiste con controricorso l’INPS.
Equitalia Esatri spa ( già Bergamo Esattorie spa) non svolge attività
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la prima censura la società ricorrente deduce violazione degli
artt. l L. 1369 del 1960, 2697 cc per avere la sentenza della Corte
ritenuto che l’Istituto abbia assolto all’onere di dimostrare la
sussistenza della dedotta interposizione vietata.
Con la seconda critica la società LMI allega violazione dell’art. 116
cpc per aver la Corte territoriale, senza alcuna logica ragione,
ritenuto inattendibili i testi valutando erroneamente le prove
acquisite al processo e valorizzando unicamente i contenuti dei
verbali di accertamento ed i relativi allegati.
Con il terzo motivo la società LMI denuncia violazione dell’art. 116
cpc ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione rilevando
che la Corte del merito ha esteso, senza tener conto della
documentazione agli atti, relativamente alla società CO.MO .IND le
considerazioni svolte in ordine alla società ITALMONT .
Con la quarta censura la società ricorrente assume violazione
dell’art. 116 cpc e sostiene che la Corte di Appello ha errato non
operando un prudente apprezzamento delle prove orale.
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difensiva.
Le censure, che in quanto strettamente connesse dal punto di vista
logico-giuridico possono essere tratte unitariamente, sono infondate.
Va, innanzitutto, rilevato che secondo giurisprudenza di questa Corte
nel giudizio promosso dal contribuente per l’accertamento negativo del
costitutivi della pretesa contributiva, che l’Istituto fondi su
rapporto ispettivo. A tal fine, il rapporto ispettivo dei funzionari
dell’ente previdenziale, pur non facendo piena prova fino a querela di
falso, è attendibile fino a prova contraria, quando esprime gli
elementi da cui trae origine (in particolare, mediante allegazione
delle dichiarazioni rese da terzi), restando, comunque, liberamente
valutabile dal giudice in concorso con gli altri elementi probatori
(Cfr. Cass. 6 settembre 2012 n. 14965).
Alla luce di tale principio la sentenza impugnata
è corretta in
diritto avendo la Corte di Appello fondato il proprio convincimento
sul verbale ispettivo, confermato in sede giudiziale dai
verbalizzanti, ed avendo considerato attendibile detto verbale, e
quanto in esso accertato, con riferimento alle prove documentali non
risultando alcuna prova contraria sufficiente a smentirlo non essendo
utili, a tali fini ,le dichiarazione dei testi addotti dalla società
opponente.
Relativamente al profilo relativo all’interposizione vietata è
sufficiente richiamare l’orientamento di questa Corte secondo il quale
il concetto di mere intermediazioni di manodopera, vietate dall’art. 1
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credito previdenziale, incombe all’INPS l’onere di provare i fatti
della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, presuppone che la ditta
appaltatrice si limiti a fornire prestazioni di lavoro del personale
da lei assunto e sia priva di reale autonomia, di una struttura
propria e di una effettiva organizzazione imprenditoriale. Al fine,
. poi, di ritenere operante la presunzione di cui al terzo comma del
dell’appaltatore di mezzi dell’appaltante deve essere significativa e
non marginale nell’ambito dell’insieme dei mezzi utilizzati, e
soprattutto riferirsi al rapporto di appalto una volta che
l’esecuzione di quest’ultimo sia a regime e non limitata ad un momento
iniziale di assestamento (che, come tale, non può che essere di durata
limitata anche se variabile in relazione al settore operativo ed alle
circostanze del caso concreto). Inoltre, una volta che sia stata
eventualmente accertata una qualche forma, limitata nel tempo e/o
nello spazio, di tale utilizzazione, occorre apprezzare in concreto
se, in relazione alle circostanze del caso, la stessa debba essere
considerata significativa ai sensi della sussistenza della fattispecie
prevista dal suddetto art. 1 della legge n. 1360 del 1960, o, invece,
non sia rilevante perché necessitata dall’oggetto dell’appalto, oppure
marginale, od ancora temporanea ed occasionale. La valutazione di
questi aspetti rientra nei compiti del giudice del merito ed è,
perciò, incensurabile in cassazione se adeguatamente motivata ( per
tutte Cfr Cass. 24 febbraio 2006 n. 4181).
La Corte territoriale, difatti, ha escluso sulla base delle risultanze
di causa che, nella specie, sussisteva in capo alle società CO.MO .IND
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citato art. l della legge n. 1369 del 1960, l’utilizzazione da parte
ed ITALMONT una reale autonomia, provvista di una struttura propria e
di una effettiva organizzazione imprenditoriale. Inoltre la stessa
Corte ha sottolineato che se si volesse dare credito alle
– dichiarazioni dei
testi introdotti dalla parte opponente, circa la
, proprietà in capo alle società (CO.MO .IND ed ITALMONT) di materiali
sarebbe sufficiente per ritenere insussistente, a fronte delle
circostanze emerse in istruttoria, la fattispecie di un subappalto di
manodopera.
Trattasi all’evidenza di un accertamento di fatto che in quanto
sorretto da adeguata e non contraddittoria motivazione si sottrae al
sindacato di questa Corte.
Né può sottacersi che costituisce principio del tutto pacifico nella
giurisprudenza di questa Corte che la deduzione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione
conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il
merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì
la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza
giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte
. dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito
di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e
valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza,
di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle
ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad
esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro
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di poco valore e della esistenza di un caposquadra, tanto comunque non
dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti
dalla legge) ( in tal senso Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267, Cass. 27
luglio 2008 n.2049 e da ultimo Cass.25 maggio 2012 n.8298 .
vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. non consente alla
parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze
processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla
stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la
revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di
fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento
del ricorso non possono pertanto risolversi nella sollecitazione di
una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata
dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie
concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove
difforme da quello dato dal giudice di merito ( Cass.30 marzo 2007 n.
7972).
Né, si è ulteriormente rimarcato, il motivo di ricorso per
cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per
vizio della motivazione, può essere inteso a far valere la
rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del
merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in
particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più
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In tale ottica si è ribadito da questa Corte che la deduzione del
appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che
tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità
di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei
•
fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai
•
possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti
cod. proc. civ.; in caso contrario, questo motivo di ricorso si
risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle
valutazioni e dei convincimenti del giudice dì merito, e, perciò, in
una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul
fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio
di cassazione ( Cass.20 aprile 2006 n. 9233)
Sulla base di tali principi non possono trovare ingresso in questa
sede le censure in esame che, a fronte di una valutazione delle
risultanze istruttorie sorretta da congrua motivazione, la quale dà
conto del percorso logico seguito dai giudici di appello per
addivenire alla conclusione che le società CO.MO .IND ed ITALMONT si
limitavano a fornire mere prestazioni di manodopera, mirano
sostanzialmente a meramente contestare, e la scelta del giudice del
merito, tra le complessive risultanze del processo, di quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse
sottesi, e la concludenza delle emergenze valutate. Le critiche,
quindi, si risolvono, nella prospettazione di una diversa e più
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ai sensi della disposizione di cui all’art. 360, comma primo, n. 5),
favorevole lettura delle prove che in quanto tali non sono ammissibili
in sede di legittimità.
Sulla base delle esposte considerazioni, nelle quali rimangono
assorbite le osservazioni di cui alla memoria illustrativa, il
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza in favore
dell’INPS.
Nulla deve disporsi nei confronti della parte rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
in favore dell’INPS delle spese del giudizio di legittimità
liquidate in C 100,00 per esborsi ed C 4500,00 per compensi oltre
accessori di legge.Nulla per le spese nei confronti della parte
rimasta intimata
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 novembre 2013
Il Presidente
Il Consigliere est.
Dott. Giugeppe N
C,
ricorso va rigettato.
sita o in Cancefferi
oggi J. 9 D I C 2013
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~tiro 0174/24.
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