Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15313 del 25/07/2016
Cassazione civile sez. lav., 25/07/2016, (ud. 09/03/2016, dep. 25/07/2016), n.15313
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3758-2011 proposto da:
T.A. S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
LAZIO 20-C, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO COGGIATTI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO DINDO, giusta
delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),
in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,
in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA
D’ALOISIO, LELIO MARITATO, LUIGI CALIULO, ANTONINO SGROI, giusta
delega in atti;
– controricorrente –
e contro
EQUITALIA NOMOS S.P.A. già UNIRISCOSSIONI S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 177/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 24/08/20.1e.g.n. 594/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/03/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
udito l’Avvocato COGGIATTT CLAUDIO;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Tribunale di Verona, decidendo, in cause riunite, sulle opposizioni proposte da T.A. s.r.l. nei confronti dell’Inps e del concessionario per la riscossione avverso due cartelle esattoriali, relative a somme vantate dall’Istituto a titolo di contributi attinenti ad alcuni rapporti di lavoro indicati nel verbale di accertamento del 1/4/1999, respingeva l’opposizione con riferimento ai rapporti relativi a cinque lavoratori e l’accoglieva con riferimento ad uno solo dei rapporti oggetto di accertamento.
2. A seguito di impugnazione della società, la Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 24 agosto 2010, in parziale riforma della sentenza impugnata, escludeva la pretesa creditoria con riferimento alla lavoratrice Z., confermando nel resto la sentenza.
3. A fondamento della decisione la Corte territoriale, nell’indagine diretta alla qualificazione dei rapporti di lavoro oggetto di contestazione come subordinati o autonomi, riteneva prevalenti le concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, come risultanti dall’istruttoria, rispetto alla volontà delle parti espressa nel testo contrattuale.
4. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione T.A. s.r.l. con unico motivo, illustrato con memorie. Resiste con controricorso l’Inps. L’agente per la riscossione non ha svolto attività difensiva. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con unica censura la ricorrente deduce art. 360 c.p.c., n. 5, omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Rileva che nel corso del giudizio di primo grado, in mancanza di tempestiva eccezione al riguardo, erano state assunte le deposizioni testimoniali dei dipendenti della società, nonostante l’incapacità a testimoniare degli stessi derivante dalla loro qualità di soggetti portatori di un interesse che avrebbe legittimato la partecipazione al giudizio. Il contenuto delle deposizioni, pertanto, avrebbe richiesto una valutazione di attendibilità rigorosa, che in concreto era mancata.
2. La censura è infondata. La giurisprudenza di questa Corte, infatti, ha avuto modo di affermare, con orientamento costante, che “l’interesse che dà luogo ad incapacità a testimoniare, a norma dell’art. 246 c.p.c., è l’interesse giuridico, personale, concreto, che legittima l’azione o l’intervento in giudizio, sicchè il lavoratore dipendente di una parte in causa non è, per ciò solo, incapace di testimoniare, nè può ritenersi, per questa sola ragione, scarsamente attendibile” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2075 del 29/01/2013, Rv. 624950, a RG 3758/2011 conforme Cass. Sez. L, Sentenza n. 21418 del 21/10/2015, Rv. 637578). Sulla scorta di tale premessa, risulta congruo il ragionamento della corte territoriale, la quale ha valutato l’attendibilità delle deposizioni testimoniali assunte, evidenziando la precisione e specificità delle circostanze riferite. In siffatto contesto motivazionale, pertanto, il motivo si risolve nella prospettazione di un nuovo esame di merito, mediante autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa, non consentito in sede di legittimità (cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 15205 del 03/07/2014, Rv. 631686).
3. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Inps, che liquida in complessivi Euro 3.600,00, di cui Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Nulla sulle spese nei confronti delle parti non costituite.
Così deciso in Roma, il 9 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2016