Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15798 del 29/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 29/07/2016, (ud. 12/05/2016, dep. 29/07/2016), n.15798
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza 11788-2015 proposto da:
P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATERNO 9,
presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO PELLICCIARI, rappresentato e
difeso dall’avvocato ANTONIO CELLUCCI giusta delega a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
TIPOGRAFIA ROMANA SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona
dell’Amministratore unico e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPEITA 142, presso lo
studio lo studio dell’avvocato ANNARITA AMMIRATI, (Studio Legale
DELFINO E ASSOCIATI WILI KIE FARR & GALLAGHER LLP) che la
rappresenta e difende giusta procura in calce allo scritto
difensivo;
– resistente –
e contro
INTERLOGISTICA POMEZIA SRL, in persona del Presidente del Consiglio
di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 142, presso lo
studio lo studio dell’avvocato ANNARITA AMMIRATI, (Studio Legale
DELFINO E ASSOCIATI WIELKIE FARR & GALLAGHER L.L.P.) che la
rappresenta e difende giusta procura in calce allo scritto
difensivo;
– resistente –
sulle conclusioni scritte del P.G. in persona del dott. CELENTANO
Carmelo, che visto l’art. 380 ter c.p.c. chiede che la Corte di
Cassazione, in camera di consiglio indichi quale tribunale
competente il Tribunale di Velletri, in funzione di giudice del
lavoro;
avverso l’ordinanza n. 4836/2014 del TRIBUNALE di VELLETRI,
depositata il 26/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO; è solo
presente l’Avvocato Antonio Cellucci difensore del ricorrente.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. P.R. ha proposto regolamento necessario di competenza avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Velletri, in funzione di giudice del lavoro, ha dichiarato la propria incompetenza in favore del Tribunale di Roma, sezione specializzata in materia di impresa, fissando termine per la riassunzione del giudizio.
2. Il Tribunale di Velletri, in funzione di giudice del lavoro, ha individuato il petitum e la causa petendi del ricorso proposto ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 47, evidenziando come il P. aveva impugnato il licenziamento per superamento del periodo di comporto, irrogato con raccomandata dalla cooperativa Cinque Lavori (poi divenuta Romana società cooperativa), quale formale datrice di lavoro, e dalla Interlogistica Pomezia s.r.1., reale datrice di lavoro, oralmente e contestualmente.
3. L’ordinanza impugnata ha proceduto alla ricognizione delle conclusioni concernenti l’accertamento della simulazione e/o inesistenza e/o nullità del vincolo associativo con il conseguente accertamento della inesistenza o invalidità del licenziamento privo dì motivazione ovvero per motivo illecito, con reintegrazione presso la Interlogistica o, in via subordinata, presso la Cooperativa.
4. Il giudice del lavoro, muovendo da tale premesse, ha ritenuto documentata l’esclusione del ricorrente dalla qualità di socio e la contestata simulazione del rapporto sociale, al fine di dissimulare il vero rapporto di lavoro intercorrente con la Interlogistica, irrilevante ai fini dell’individuazione del giudice naturale, e in applicazione del principio espresso da Cass. n. 24692 del 2010, la domanda di accertamento della simulazione od inesistenza del vincolo associativo di competenza della sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Roma.
5. Le società intimate hanno resistito con controricorso.
6. Ufficio del Procuratore generale ha concluso per la fondatezza del ricorso e tali conclusioni sono condivise dal Collegio.
7. Questa Corte ha, in più occasioni, precisato che a seguito delle modifiche apportate dalla L. 14 febbraio 2003, n. 30alla L. n. 142 del 2001, solo le controversie tra socio e cooperativa relative alla “prestazione mutualistica” sono di competenza del Tribunale ordinario.
8. Come già affermato, da ultimo, da Cass. n. 19975 del 2015, con ampia motivazione alla quale si rinvia per l’analogia con la vicenda all’esame, la L. n. 142 del 2001, art. 5, comma 2, come sostituito dalla L. 14 febbraio 2003, n. 30, art. 9, ha contemplato la competenza del giudice ordinano limitatamente alle “controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica”.
9. Invero, i soci della cooperativa sono portatori di uno specifico interesse a che l’attività d’impresa sia orientata al soddisfacimento delle loro richieste di prestazioni (mutualistiche) ed alle condizioni più favorevoli consentite dalle esigenze di economicità nella condotta dell’impresa sociale.
10. Tale interesse è realizzabile dal socio azionando i mezzi di tutela predisposti dall’ordinamento qualora la gestione dell’impresa sociale non sia improntata al rispetto dello scopo mutualistico o abbia leso diritti del socio (l’art. 2533 c.c., in particolare, regola l’ambito di applicabilità dell’esclusione del socio, includendo – tra le diverse ipotesi – le gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico).
11. L’ambito della competenza del giudice ordinano è, pertanto, circoscritto alle controversie aventi un oggetto riconducibile nell’alveo della prestazione mutualistica.
12. Ove si determini una connessione tra cause aventi ad oggetto il rapporto mutualistico e cause aventi ad oggetto quello lavorativo, opera l’art. 40 c.p.c., comma 3, che fa salva l’applicazione del rito speciale quando una di esse rientri tra quelle di cui agli artt. 409 e 442 c.p.c..
13. A tale regola è sottesa la preminenza di interessi di rilevanza costituzionale: di qui, la prevalenza del rito speciale del lavoro su quello ordinario, allorchè la connessione riguardi una controversia rientrante tra quelle previste dall’art. 409 c.p.c. (cfr. Cass. nn. 24917, 25237 del 2014).
14. Tali principi valgono anche nel mutato contesto normativo segnato dalla L. n. 27 del 2012, atteso che il principio della vis attractiva del rito del lavoro costituisce una regola a cui deve riconoscersi carattere generale e preminente per gli interessi di rilevanza costituzionale che la norma processuale è preordinata a garantire.
15. Informando a tali principi l’interpretazione della locuzione “ragioni di connessione” di cui al D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168, art. 3, comma 3, deve affermarsi che il regime della connessione, ove riferibile al cumulo di cause relative al rapporto mutualistico e al rapporto lavorativo, determina il radicamento della competenza per le cause connesse dinanzi al giudice del lavoro.
16. Nel caso di specie, secondo la prospettazione del ricorrente, il rapporto di lavoro e quello societario sono stati risolti per ragioni che attengono, essenzialmente, non alla prestazione mutualistica ma al rapporto di lavoro, posto che l’addebito, da cui è scaturita anche l’esclusione dal rapporto sociale e la risoluzione del contratto di lavoro, attiene al superamento del periodo di comporto.
17. Indipendentemente, pertanto, dalla fondatezza o meno dell’asserita simulazione del rapporto associativo, le cause di risoluzione del rapporto del socio-lavoratore e l’accertamento incidentale del vincolo associativo determinano un’ipotesi di connessione di cause che impone di individuare il giudice competente, a norma dell’art. 40 c.p.c., comma 3, seconda parte, nel Tribunale di Velletri, giudice del lavoro davanti al quale vanno rimesse le parti per la prosecuzione del giudizio.
18. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte accoglie il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale di Velletri, dinanzi al quale rimette le parti per la prosecuzione del giudizio; condanna gli intimati al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016