Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15909 del 29/07/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. II, 29/07/2016, (ud. 24/04/2016, dep. 29/07/2016), n.15909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICCARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 653 – 2012 proposto da:

R.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PARIGI N. 11, presso lo studio dell’avvocato ANDREA COLANTONI

(Studio Legale Associato CARNELUTTI), che lo rappresenta e difende;

– ricorrente e c/ricorrente all’incidentale –

contro

F.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TARVISIO 1, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BARBIERI,

rappresentata difesa dall’avvocato ROBERTO PEGAZZANO FERRANDO;

– c/ricorrente e ric. incidentale –

avverso la sentenza n. 1258/2010 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 03/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. LOMBARDO LUIGI GIOVANNI;

udito l’Avvocato ANDREA COLANTONI, difensore del Sig. R., che ha

chiesto l’accoglimento delle difese depositate;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca che ha concluso per l’improcedibilità, per

l’inammissibilità del ricorso principale e per l’accoglimento del

ricorso incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – F.S. convenne in giudizio R.D. chiedendo l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare stipulato inter partes, col quale l’attrice si era obbligata a vendere al convenuto – che si era obbligato ad acquistare – un appezzamento di terreno sito in territorio di (OMISSIS), nel cui godimento nel frattempo – in attesa della stipulazione del contratto definitivo – il R. (dopo aver pagato alcuni acconti sul prezzo) era stato immesso. Nel preliminare, stipulato il 16.1.1992, si era dato atto che la promittente venditrice aveva presentato, in relazione ai lavori eseguiti nel fondo, istanza di condono edilizio.

Il convenuto resistette alla domanda, assumendo di aver rifiutato la stipula dell’atto definitivo per il fatto che la promittente venditrice non aveva fornito la prova della regolarità urbanistica delle opere costruite sul fondo; chiese, in subordine e in via riconvenzionale, la declaratoria dell’obbligo dell’attrice di predisporre ogni condizione necessaria per la stipula dell’atto definitivo.

In corso di causa, l’attrice mutò domanda ai sensi dell’art. 1453 c.c., e chiese la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promissario acquirente.

Il Tribunale di Massa rigettò la domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare, ritenendo non provata la sussistenza di tutti i requisiti prescritti dalla legge urbanistica per la stipula dell’atto definitivo di compravendita; non si pronunciò, invece, sulla domanda di risoluzione del preliminare.

2. – Sul gravarne proposto dall’attrice, la Corte di Appello di Genova, in riforma della sentenza di primo grado, pronunciò la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del convenuto promissario acquirente, che condannò al risarcimento del danno in favore dell’attrice.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorre R.D. sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso F.S., che propone altresì ricorso incidentale affidato a un motivo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Col primo motivo di ricorso principale si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 61 e 113 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4), per avere il giudice di merito dato mandato al C.T.U. di esprimere giudizi su questioni giuridiche (commerciabilità dell’immobile, idoneità della domanda di condono presentata dalla F.) la cui soluzione la legge riserva all’organo giudicante.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto il ricorrente non trascrive i quesiti proposti dal giudice al C.T.U. nè le risposte fornite da quest’ultimo, onde consentire alla Corte di valutare la fondatezza della censura.

2. – Col secondo motivo di ricorso, si deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale erroneamente valutato le risultanze della C.T.U. e ritenuto che fosse possibile stipulare il contratto definitivo sulla base della domanda di sanatoria presentata.

Anche questa doglianza è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto il ricorrente ha omesso di trascrivere la relazione del C.T.U., che ritiene erroneamente valutata dal giudice di merito. E peraltro, la motivazione della sentenza impugnata sul punto risulta esente da vizi logici e giuridici e appare frutto di un’autonoma valutazione delle questioni esaminate rispetto all’esperita consulenza tecnica d’ufficio.

3. – Col terzo motivo di ricorso, si deduce la contraddittorietà e illogicità della motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di Appello ritenuto l’inadempimento del promissario acquirente. Unitamente a tale motivo va esaminato il quarto motivo di ricorso, col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1453, 1218 e 1460 c.c., in relazione al ritenuto inadempimento contrattuale del R..

I due motivi sono infondati.

Quanto al terzo motivo, la Corte di Appello ha fondato il suo giudizio circa la sussistenza dell’inadempimento del convenuto sul fatto che la promittente venditrice aveva reso edotto il R. fin dall’inizio, in seno al preliminare, del fatto di aver presentato istanza di condono per irregolarità edilizie (opere di riempimento del terreno promesso in vendita) e di aver pagato la relativa oblazione e sulla circostanza che il R., dopo aver ottenuto la detenzione del terreno, si era poi ingiustificatamente rifiutato di stipulare l’atto definitivo. A fronte di tali argomenti posti a base del ritenuto inadempimento del R., rimane irrilevante il richiamo della Corte territoriale alla vicenda penale che ha interessato il R. medesimo e alle dichiarazioni da lui rese in quella sede, trattandosi di argomenti ad abundantiam che non intaccano la ratio decidendi della sentenza impugnata.

In ordine al quarto motivo, va osservato che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione della normativa vigente.

La L. n. 47 del 1981, art. 40, comma 2, – come modificato prima dal D.L. 23 aprile 1985, n. 146, art. 8 bis, e poi dal D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, art. 7, – stabilisce che: “Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell’art. 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione di cui all’art. 35, comma 6”.

In sostanza, la legge prevede, ai fini della validità della stipula dell’atto definitivo, l’equiparazione tra il silenzio – assenso intervenuto sulla richiesta di concessione in sanatoria e il rilascio della concessione stessa, consentendo così la stipulazione dell’atto traslativo della proprietà sulla base della semplice domanda di concessione in sanatoria accompagnata dagli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione.

Sul punto, va ricordato che – secondo la giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio – non è accoglibile la domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare relativo alla compravendita di un immobile parzialmente abusivo per il quale il promittente venditore abbia presentato legittimamente la domanda di sanatoria ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 35, (provvedendo alla rituale oblazione) in un termine antecedente a quello di scadenza per la stipula del contratto definitivo, sulla quale si sia poi venuto a formare il silenzio – assenso della P.A., ai sensi dell’art. 40 della legge stessa, anteriormente alla proposizione della domanda giudiziale di risoluzione, non sussistendo ostacoli alla stipula del contratto definitivo in conseguenza dell’equiparazione prevista dal citato art. 40, comma 2, tra l’intervenuto silenzio – assenso sulla richiesta di concessione in sanatoria e il rilascio della concessione stessa, ai fini della regolarità della stipula dell’atto definitivo (Sez. 2^, Sentenza n. 13874 del 15/06/2009, Rv. 608476; v. anche Sez. 2^, Sentenza n. 12261 del 17/07/2012, Rv. 623235).

Nella specie, la Corte territoriale ha verificato che la F. – come dichiarato nel preliminare – aveva presentato istanza di sanatoria e pagato l’oblazione, con successiva formazione del silenzio-assenso, così da disporre della documentazione necessaria per la stipula del definitivo; ed ha ritenuto ingiustificato il rifiuto del R. di comparire dinanzi al notaio per stipulare, valutandone così la condotta in termini di inadempimento contrattuale. Sul punto, i giudici di appello hanno fatto corretta applicazione delle norme giuridiche di cui la ricorrente denunzia la violazione ed hanno giustificato la loro decisione con motivazione esente da vizi logici e giuridici.

Va peraltro osservato che, ai fini della valutazione della sussistenza dell’inadempimento del R., non può assumere rilevanza la circostanza che la concessione in sanatoria è stata rilasciata in corso di causa, in quanto – come osservato dalla Corte di Appello – l’atto definitivo di compravendita poteva essere stipulato ben prima dell’inizio della causa, sulla base della domanda di sanatoria e dell’oblazione pagata.

4. – Con l’unico motivo del ricorso incidentale, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1458 c.c., per avere la Corte territoriale omesso, a seguito della pronunciata risoluzione del contratto preliminare, di condannare il condannare il convenuto al rilascio del fondo ormai detenuto sine titolo.

La censura non è fondata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, la risoluzione del contratto pur comportando, per l’effetto retroattivo sancito dall’art. 1458 c.c., l’obbligo del contraente di restituire la prestazione ricevuta, non autorizza il giudice ad emettere il provvedimento restitutorio in assenza di domanda dell’altro contraente, atteso che rientra nell’autonomia delle parti disporre degli effetti della risoluzione, chiedendo. o meno, la restituzione della prestazione rimasta senza causa (Sez. 3^, Sentenza n. 2075 del 29/01/2013, Rv. 624949); ne deriva che, in assenza di una espressa domanda della parte, il giudice non può emanare i provvedimenti restitutori conseguenti alla risoluzione del contratto (Sez. 2^, Sentenza n. 3287 del 03/04/1999, Rv. 524947; conf. Sez. 2^, Sentenza n. 12322 del 08/10/2001, Rv. 549538).

Nella specie, la Corte di Appello si è attenuta a tale principio, ritenendo esattamente che, poichè la F. non aveva proposto domanda di restituzione del fondo, la condanna alla restituzione non poteva essere pronunciata. Dal che l’infondatezza della censura.

5. – In definitiva, vanno rigettati sia il ricorso principale che il ricorso incidentale. In ragione della prevalente soccombenza del ricorrente in via principale, quest’ultimo va condannato al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; condanna la parte ricorrente in via principale al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.700,00 (tremilasettecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA