Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16720 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 04/04/2016, dep. 09/08/2016), n.16720

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20748-2013 proposto da:

DOMUS CULTA ROMAE DI D.S.I.M. & C. SAS in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA SESTO RUFO 23, presso lo studio dell’avvocato BRUNO TAVERNITI,

che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 14900/2012 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 05/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato TAVERNITI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

revocazione, inammissibili i motivi del ricorso per cassazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La società Domus Culta Romae di D.S.I.M. & C SAS ha proposto ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, avverso la ordinanza della Corte di cassazione n.14900/2012, con la quale è stato rigettato il ricorso da lei proposto nei confronti del Ministero delle Finanze e dell’Agenzia delle entrate, unica a replicare con controricorso, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sezione staccata di Latina n. 725/39/2010, depositata il 20.07.2010.

2. La sentenza di secondo grado aveva dichiarato inammissibile l’appello perchè privo di motivi specifici di impugnazione volti a confutare le argomentazione dei primi giudici, previsti ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, ed aveva respinto l’eccezione sollevata in merito alla nullità della notifica per novità, oltre che perchè sanata ex tunc dalla proposizione del ricorso.

3. Con ordinanza interlocutoria n. 1126/2016 la Corte di cassazione, sezione sesta civile tributaria ha rimesso il ricorso per revocazione alla sezione quinta per la trattazione in pubblica udienza, ritenendo effetto di svista percettiva le affermazioni contenute nella ordinanza revocanda, secondo le quali nel ricorso per cassazione non sarebbe stato “riportato il tratto di ricorso in appello con cui avrebbe lamentato le argomentazioni del primo giudice”, nè sarebbe stato “riprodotto il relativo passo del ricorso in appello”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Osserva la Corte che l’ordinanza di questa Corte n. 14900/2012, si deve intendere revocata per errore percettivo in ragione del contenuto decisorio dell’Ordinanza interlocutoria n. 1126/2016 e si deve quindi passare all’esame dei due motivi di ricorso per cassazione proposti avverso la sentenza della CTR.

2. Preliminarmente va dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze. In tema di contenzioso tributario, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, divenuta operativa dal 1 gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale la legittimazione ad causam e ad processum nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetta esclusivamente all’Agenzia (Cass sent. n. 22889/2006, n. 22992/2010, n. 8177/2011).

3.1. Con il primo motivo è stata denunciata la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e l’insufficienza motivazionale su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, 4 e 5).

Il motivo è proposto avverso la affermazione della CTR secondo la quale l’appello era da ritenere inammissibile in quanto “privo dei motivi specifici di impugnazione volti a confutare le argomentazioni dei giudici di prime cure”. La ricorrente, dopo aver riprodotto due pagine dei motivi di appello, sostiene che i motivi di appello erano stati chiaramente esplicitati nel corpo dell’atto.

3.2. La censura è inammissibile per plurime ragioni.

3.2. Ed invero la stessa è prospettata cumulativamente in riferimento ai vizi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5 senza tuttavia illustrare le specifiche ragioni delle doglianze riconducibili ai vizi dedotti.

3.3. Inoltre l’asserita specificità dei motivi di appello, sostenuta mediante la trascrizione integrale degli stessi, non trova alcuna conferma. Nella parte intitolata “Diritto” sono infatti elencate le censure relative alla pretesa nullità della notifica (A) ed alla nullità dell’atto di accertamento per difetto di motivazione (B), con un mero rinvio per relationem ai motivi già dedotti nel ricorso di primo grado: pertanto le censure sono prive di specificità rispetto alla decisione di primo grado. Nella parte intitolata “Merito” vi è una parziale ricostruzione della vicenda anticipata dalla premessa “Dalla descrizione dei fatti evidenziati emerge chiaramente che l’operato della società ricorrente non è diretto al tentativo di lucrare illeciti benefici fiscali in forza di operazioni inesistenti (come sostiene la Commissione Tributaria nella sentenza impugnata), ma a seguire quelli che sono stati i suggerimenti dell’Ufficio”: orbene questo unico e breve riferimento alla decisione della CTP, collocato anche tra parentesi, non integra affatto una censura specifica e puntuale in merito alle argomentazione della decisione di primo grado, che non sono state nè riportate, nè illustrate, ma sostanzialmente accompagna la riproposizione delle censure rivolte all’atto di accertamento.

4.1. Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione delle regole dettate dall’art. 139 c.p.c., in tema di notificazioni, applicabile anche agli atti tributari ed individuante i soggetti capaci a ricevere l’atto secondo un puntuale ordine progressivo, nonchè di ogni altra norma in materia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il motivo è proposto avverso l’affermazione della CTR secondo la quale “l’eccezione sulla nullità della notifica è eccezione nuova in quanto proposta per la prima volta in sede di appello; tra l’altro tale eccezione, oltre che inammissibile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, risulta anche pretestuosa ed oltretutto sanata ex tunc dalla proposizione del ricorso”.

4.2. Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi.

4.3. La CTR ha respinto il motivo di appello relativo alla nullità della notifica, ritenendolo nuovo e su tale punto non si rileva alcuna censura.

4.4. Quanto agli ulteriori argomenti svolti dalla CTR, gli stessi appaiono svolti ad abundantiam e privi di valore decisorio.

Soccorre nel caso l’applicazione del seguente principio “Qualora il giudice che abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, così spogliandosi della potestas iudicandi sul relativo merito, proceda poi comunque all’esame di quest’ultimo, è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta ad abundantiam, su tale ultimo aspetto” (Cass. SS.UU. n. 24469/2013, cfr. anche Cass. n. 8087/2007, n. 3834/2007).

5.1. In conclusione, accolto il ricorso per revocazione dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 14900/2012, ai sensi dell’art. 402 c.p.c. va deciso l’originario ricorso per cassazione.

5.2. Il ricorso originario, previa declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, va rigettato per inammissibilità dei due motivi.

5.3. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza a favore dell’Agenzia delle entrate, nella misura liquidata in dispositivo, considerato che l’Agenzia ha partecipato solo al primo giudizio conclusosi con l’ordinanza 14900/2012, revocata, e non ha svolto attività difensiva nel giudizio per revocazione. Nessuna determinazione per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, non costituitosi.

5.4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. D.P.R., art. 13, comma 1 bis, con riferimento al ricorso per revocazione nel quale è risultata vittoriosa.

PQM

La Corte di Cassazione;

– accolto il ricorso in revocazione, decide sull’originario ricorso per cassazione e, dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, lo rigetta per inammissibilità dei motivi;

– condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida nel compenso di Euro 3.500,00, oltre spese prenotate a debito.

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. D.P.R., art. 13,. comma 1 bis, con riferimento al ricorso per revocazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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