Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16820 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 09/08/2016, (ud. 10/02/2016, dep. 09/08/2016), n.16820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

R.S.S. e R.S.N., elettivamente domiciliati

in Roma, alla via di Monte Giordano n. 36, presso l’avv. LEOPOLDO

MAZZETTI, dal quale, unitamente all’avv. MAURIZIO BUFALINI, sono

rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrenti e controricorrenti –

contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona del legale

rappresentante p.t. L.C.P., responsabile dell’Ufficio Credito

e Legale, elettivamente domiciliata in Roma, al largo G. Toniolo n.

6, presso il prof. avv. UMBERTO MORERA, dal quale è rappresentata e

difesa in virtù di procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 184/11,

pubblicata l’8 febbraio 2011;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10

febbraio 2016 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;

udito l’avv. Bufalini per i ricorrenti e l’avv. Sciuto per delega del

difensore della controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. DEL CORE Sergio, il quale ha concluso per

l’accoglimento dell’ottavo motivo del ricorso principale, con il

rigetto degli altri motivi e del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – S.B.G. convenne in giudizio la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., per sentir dichiarare la nullità o sentir pronunciare la risoluzione per inadempimento di due ordini di acquisto di obbligazioni della Repubblica Argentina per complessive Lire 242.450.875 impartiti alla Filiale di (OMISSIS) della Banca, per violazione del D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, art. 17, comma 1, lett. a) e b), e dell’art. 4, 5, comma1 , lett. a) e b), e art. 6 della delibera Consob n. 10943 del 30 settembre 1997, con la condanna della convenuta alla restituzione dell’importo investito o al risarcimento del danno.

Si costituì la Banca, e resistette alla domanda, chiedendone il rigetto.

1.1. – Con sentenza del 24 febbraio 2006, il Tribunale di Firenze dichiarò la nullità degli ordini di acquisto, in quanto non preceduti dalla stipulazione del contratto quadro, e condannò la Banca alla restituzione della somma di Euro 125.215,43, oltre accessori.

2. – L’impugnazione proposta dalla Banca nei confronti di Susanna e R.S.N., in qualità di eredi di S.B.G., è stata parzialmente accolta dalla Corte d’Appello di Firenze, che con sentenza dell’8 febbraio 2011 ha rigettato le domande di accertamento della nullità o di risoluzione degli ordini di acquisto ed ha accolto quella di risarcimento dei danni, condannando la Banca al pagamento della somma di Euro 60.000,00.

A fondamento della decisione, la Corte ha rilevato innanzitutto che, nel dichiarare la nullità degli ordini per mancanza del contratto quadro, la sentenza di primo grado era incorsa in ultrapetizione, avendo fatto riferimento ad un profilo d’invalidità non dedotto dall’attore, il quale si era limitato a far valere la mancata consegna da parte della Banca della documentazione richiestale, riguardante gli stessi ordini di acquisto, piuttosto che il contratto quadro.

Ha inoltre escluso la nullità degli ordini per contrarietà a norme imperative, osservando che, in mancanza di un’espressa previsione di legge, la stessa non può essere ricollegata alla violazione dei doveri d’informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni posti a carico degl’intermediari finanziari, che, in quanto inerente al comportamento dei contraenti, può comportare soltanto una responsabilità precontrattuale, ove si verifichi nella fase anteriore o coincidente con la stipulazione del contratto quadro, o una responsabilità contrattuale, qualora abbia luogo nel compimento delle singole operazioni d’investimento e disinvestimento.

Quanto alla domanda di risoluzione per inadempimento, premesso che anche la stessa aveva ad oggetto gli atti negoziali di acquisto delle obbligazioni, ha ritenuto inconferente il richiamo agli obblighi d’informazione attiva e passiva previsti dall’art. 5, comma 1, lett. a) e b), della Delib. Consob n. 10943 del 1997 ed all’adeguatezza dell’operazione prescritta dall’art. 6 della medesima delibera, in quanto riferibili esclusivamente all’esecuzione del contratto quadro. Ha escluso inoltre la configurabilità di un conflitto d’interessi, ritenendo insufficiente, a tal fine, la mera circostanza che l’intermediario avesse venduto al cliente prodotti finanziari reperiti sul mercato, ma a lui non riconducibili, e necessario il concorso di altre circostanze, nella specie neppure dedotte.

Rilevato poi che la domanda di risarcimento del danno non era fondata esclusivamente sull’inadempimento degli ordini di acquisto, ma anche su quello del contratto quadro, ha ritenuto che la Banca non avesse rispettato l’obbligo d’informazione sia attiva che passiva, in tal modo impedendo all’investitore di valutare consapevolmente la convenienza e l’adeguatezza dell’operazione, ed ha escluso che l’informazione attiva potesse essere validamente sostituita da un ragguaglio generico e verbale fornito dal dipendente della Banca, osservando comunque che risultava omessa l’informazione passiva.

Ciò posto, e dato atto che l’investimento si era rivelato pregiudizievole, ha condannato la Banca al risarcimento del danno, liquidandolo in misura pari al deprezzamento subito dai titoli, corrispondente al 75% del loro valore nominale, detratto un importo prudenzialmente determinato in relazione ai cospicui interessi pagati dalla Repubblica Argentina fino all’epoca del default.

3. – Avverso la predetta sentenza i R.S. hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in otto motivi, illustrati anche con memoria. La Banca ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, articolato in tre motivi, ed anch’esso illustrato con memoria, al quale i ricorrenti hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, i ricorrenti denunciano l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che il Giudice di primo grado fosse incorso in ultrapetizione nel dichiarare la nullità degli ordini di acquisto per mancanza del contratto quadro. Sostengono infatti che l’affermata inerenza della mancata consegna della documentazione agli ordini di acquisto, anzichè al contratto quadro, si pone in contrasto sia con il tenore dell’atto di citazione, in cui l’attore aveva allegato la mancata consegna da parte della Banca di tutti i documenti sottoscritti e del contratto, sia con il rigetto della domanda di risoluzione degli ordini di acquisto, che ne presupponeva l’esistenza.

1.1. – Il motivo è infondato.

Premesso che, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, il giudice di merito non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le stesse sono contenute, ma deve avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante (cfr. Cass., Sez. 3, 12 dicembre 2014, n. 26159; Cass., Sez. 1, 14 novembre 2011, n. 23794; Cass., Sez. 2, 10 febbraio 2010, n. 3012), si rileva che, nell’individuare il vizio posto a fondamento della domanda di nullità proposta dall’attore, la Corte distrettuale ha conferito rilievo allo scetticismo, manifestato dal S. nell’atto di citazione, in ordine alla volontà della Banca di produrre la documentazione relativa agli ordini di acquisto, sottolineando l’incompatibilità di tale atteggiamento con la tesi dell’inesistenza della medesima documentazione, e quindi del contratto quadro. Tale percorso logico trova conforto nel contenuto testuale dell’atto di citazione, pedissequamente riprodotto a corredo del motivo di ricorso, in cui si riferisce che, prima d’introdurre il giudizio in esame, l’attore aveva chiesto ed ottenuto nei confronti della Banca un decreto ingiuntivo per la consegna “del contratto e di tutti i documenti sottoscritti dall’investitore in occasione delle operazioni di acquisto delle obbligazioni argentine”, in tal modo lasciandosi chiaramente intendere l’avvenuta sottoscrizione del contratto quadro, la cui mancanza non poteva dunque costituire la causa petendi dell’azione di nullità. Gli stessi ricorrenti riconoscono d’altronde che con il termine “contratto” avevano inteso riferirsi proprio al contratto quadro, in contrapposizione agli altri documenti da loro sottoscritti; nessun rilievo può pertanto assumere la circostanza che gli ordini di acquisto fossero stati regolarmente prodotti dallo stesso attore, avendo quest’ultimo dedotto, a sostegno della domanda, non già la mancata sottoscrizione degli stessi, ma la violazione degli obblighi informativi posti a carico della Banca.

2. E’ parimenti infondato il secondo motivo, con cui i ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ. e dell’art. 1421 cod. civ., osservando che, nel ritenere da un lato affetta da ultrapetizione la dichiarazione di nullità degli ordini di acquisto per mancanza del contratto quadro, e nel rigettare dall’altro la domanda di risoluzione dei medesimi ordini, la Corte di merito non ha considerato che con quest’ultima domanda la parte fa valere un diritto potestativo derivante dal contratto che, presupponendone la validità, impone al giudice di rilevarne d’ufficio l’eventuale nullità.

2.1. – Benvero, le Sezioni Unite di questa Corte sono recentemente pervenute al superamento del principio, in precedenza più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la rilevabilità di ufficio della nullità del contratto opera esclusivamente quando se ne chieda l’adempimento, in considerazione del potere del giudice di verificare la sussistenza delle condizioni dell’azione, e non anche quando la domanda sia diretta a farne dichiarare l’invalidità o a farne pronunciare la risoluzione per inadempimento, dal momento che l’art. 1421 cod. civ. dev’essere coordinato con l’art. 112 cod. proc. civ., il quale, conformemente al principio dispositivo su cui è modellato il processo, impone al giudicante il limite insuperabile della domanda (cfr. Cass., Sez. 1, 27 aprile 2011, n. 9395; Cass., Sez. 2, 6 ottobre 2006, n. 21632; Cass., Sez. lav., 14 ottobre 2005, n. 19903). Si è infatti osservato che, alla luce del ruolo affidato dall’ordinamento alla nullità contrattuale, quale sanzione del disvalore dell’assetto negoziale, nonchè delle premesse logiche della risoluzione contrattuale, necessariamente comprendenti l’esistenza di un contratto valido, il giudice di merito, investito della domanda di risoluzione, ha il potere-dovere di rilevare ogni forma di nullità del contratto emergente dai fatti allegati e provati, o comunque risultanti ex actis, fermo restando l’obbligo di attivare preventivamente il contraddittorio sulla questione (cfr. Cass., Sez. Un., 4 settembre 2012, n. 14828; Cass., Sez. lav., 4 aprile 2013, n. 8172; Cass., Sez. 3, 7 febbraio 2011, n. 2956). Tale principio, originariamente ritenuto non applicabile alle nullità a regime speciale, e segnatamente a quelle di protezione (come la nullità del contratto quadro per mancanza della forma scritta richiesta ad substantiam dal D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 18 e ribadita dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23), il cui rilievo è espressamente rimesso alla volontà della parte protetta, è stato in seguito esteso anche a queste ultime, attraverso la sottolineatura dell’obbligatorietà dell’esercizio del potere previsto dall’art. 1421 cod. civ., il quale consente di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto, anche in via incidentale, a meno che la pretesa azionata non venga rigettata in base ad un’individuata ragione più liquida (cfr. Cass., Sez. Un., 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243).

Come si è precisato, tuttavia, l’ambito di esplicazione del predetto potere è necessariamente circoscritto al quadro di riferimento risultante dalle allegazioni di parte o comunque dalle circostanze emergenti dagli atti, dovendosene pur sempre contemperare l’esercizio con il principio dispositivo, cui è improntata l’intera disciplina del processo civile, il quale esclude che, ai fini della decisione da assumere in ordine alla domanda sottoposta al suo esame, il giudice possa procedere autonomamente alla ricerca di eventuali cause d’invalidità dell’atto che ne costituisce il fondamento. E’ proprio questa la ragione per cui deve escludersi, nella specie, che il Giudice di primo grado potesse rilevare d’ufficio la mancanza del contratto quadro, trattandosi di circostanza non allegata a sostegno della domanda volta ad ottenere la dichiarazione di nullità degli ordini di acquisto, fondata invece sull’inadempimento degli obblighi informativi posti a carico della Banca, e non altrimenti desumibile dagli atti di causa, in particolare dall’atto di citazione, nel quale, come correttamente rilevato dalla Corte d’Appello, l’attore si era limitato a lamentare la mancata consegna della documentazione.

3. – Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 1 e art. 17, comma 1, lett. b) e dell’art. 5, comma 1, lett. a) e b), e comma 2, della Delib. Consob n. 10943 del 1997, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che gli obblighi informativi il cui inadempimento era stato dedotto a fondamento della domanda di risoluzione fossero riferibili esclusivamente al contratto quadro, laddove gli stessi attengono anche al singolo e concreto servizio d’investimento, nella specie concretizzatosi nella negoziazione delle obbligazioni argentine.

4. Con il quarto motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 1 e art. 17, comma 1, lett. e), e degli artt. 6, commi 1 e 2, della Delib. Consob n. 10943 del 1997, sostenendo che, nel riferire la violazione dell’obbligo di valutazione dell’adeguatezza dell’operazione al contratto quadro, anzichè ai singoli ordini di acquisto, la sentenza impugnata non ha considerato che quest’ultimo costituisce soltanto la cornice contrattuale delle successive operazioni, predisposta e sottoscritta una volta per tutte, mentre l’intermediario finanziario ha l’obbligo di non di effettuare le singole operazioni richieste dal cliente e ritenute non adeguate al profilo dello stesso in atto al momento dell’ordine.

5. – I due motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti profili diversi della medesima questione, sono fondati.

Premesso infatti che la domanda di risoluzione proposta dall’attore non aveva ad oggetto il contratto quadro, ma i singoli ordini di acquisto impartiti alla Banca, la sentenza impugnata ne ha escluso la fondatezza, osservando che, in quanto attinenti alla predisposizione dell’attività d’intermediazione, gli obblighi informativi previsti dall’art. 5, comma 1, lett. a) e b), e dall’art. 6 della Delib. Consob n. 10943 del 1997, il cui inadempimento era stato dedotto a sostegno della domanda di risoluzione, riguardano esclusivamente il contratto quadro. Tale affermazione, nel suo rigido schematismo, si pone peraltro in contraddizione con il successivo rilievo della Corte di merito, senz’altro più aderente alla realtà dei fatti ed alle modalità di svolgimento del rapporto prefigurate dalla legge, secondo cui la violazione dei predetti obblighi, dedotta anche a sostegno della domanda di risarcimento del danno, riguarda tanto i singoli ordini di acquisto quanto il contratto quadro.

E’ pur vero, infatti, che la delibera Consob n. 10943 del 1997 (applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, concernente due operazioni di acquisto di titoli poste in essere in data anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 ed all’emanazione del regolamento Consob n. 11522 del 1 luglio 1998), nel disciplinare gli obblighi informativi degl’intermediari finanziari, ne colloca l’adempimento per lo più nella fase anteriore all’effettuazione delle operazioni d’investimento, stabilendo all’art. 5, comma 1, che, prima d’iniziare la prestazione dei servizi di investimento, l’intermediario deve chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria ed i suoi obiettivi di investimento, nonchè circa la sua propensione al rischio, e consegnargli il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, e prevedendo all’art. 6 che l’intermediario deve astenersi dall’effettuazione di operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensioni, a meno che l’investitore, preventivamente informato di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere all’esecuzione dell’operazione, non decida di darvi comunque corso, mediante un ordine impartito per iscritto o registrato su nastro magnetico, in cui si faccia esplicito riferimento alle informazioni ricevute. Tali adempimenti costituiscono peraltro soltanto un aspetto particolare del più generale obbligo d’informazione che la legge pone a carico dell’intermediario, ed alla cui osservanza è informato l’intero svolgimento del rapporto, dalla fase anteriore alla stipulazione del contratto quadro a quella successiva del compimento delle singole operazioni d’investimento ed a quella ancora ulteriore dell’esecuzione di tali operazioni: il D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 17, comma 1, lett. a) e b), prevede infatti, in via generale, che le imprese d’investimento e le Banche devono comportarsi con diligenza, correttezza trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati, acquisire le informazioni necessarie dai clienti ed operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; tali obblighi sono ribaditi dall’art. 3 della Delib. Consob, il quale, alla lett. f), pone a carico degl’intermediari, quale norma di chiusura, l’obbligo di operare comunque in modo da ottenere da ogni servizio d’investimento il miglior risultato possibile, anche in relazione al livello di rischio prescelto dall’investitore.

Sebbene, d’altronde, in quanto volti a consentire al cliente l’effettuazione di scelte consapevoli ed appropriate alla propria situazione economico-finanziaria, gli obblighi informativi derivanti dal contratto quadro risultino in gran parte preordinati alla conclusione delle singole operazioni d’investimento, non può condividersi l’idea, sottesa al ragionamento seguito dalla sentenza impugnata, che gli stessi debbano ritenersi adempiuti (o comunque superati) con il perfezionamento delle predette operazioni, quasi che tale momento segnasse il definitivo esaurimento della funzione propria del contratto quadro. Il contenuto assegnato a questo ultimo dall’art. 7 della delibera Consob, consistente nell’individuazione dei servizi forniti e delle loro caratteristiche, delle modalità di effettuazione delle operazioni d’investimento e della relativa documentazione, nonchè delle condizioni convenute per la prestazione del servizio, ne consente la qualificazione come contratto normativo, la cui funzione essenziale, costituita dalla determinazione del contenuto delle future operazioni d’acquisto e di vendita, comporta che le relative disposizioni vadano ad inserirsi nei singoli ordini d’investimento e disinvestimento, divenendo parte integrante del regolamento contrattuale, con la conseguenza che l’inadempimento degli obblighi dalle stesse derivanti può giustificare tanto la risoluzione del contratto quadro quanto quella dei singoli ordini, ovviamente nella misura in cui, per la sua importanza, si riveli idoneo a determinare un’alterazione dell’equilibrio contrattuale (cfr. Cass., Sez. 6, 6 novembre 2014, n. 23717).

Nessun rilievo può assumere, in contrario, l’individuazione delle conseguenze della violazione degli obblighi informativi compiuta dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 19 dicembre 2007, n. 26724, richiamata dalla Corte territoriale a fondamento del rigetto dell’azione di nullità proposta dall’attore. Nell’affermare che la violazione dei doveri d’informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d’investimento finanziario può dar luogo soltanto a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni abbiano luogo nella fase anteriore o coincidente con la stipulazione del contratto quadro, ovvero a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d’investimento e disinvestimento, tale pronuncia ha inteso soltanto chiarire che, in mancanza di un’esplicita previsione normativa, l’inosservanza delle norme inderogabili che disciplinano il comportamento delle parti non può determinare la nullità del contratto quadro o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso. Attraverso il riferimento alla risoluzione del contratto quadro, le Sezioni Unite non hanno inteso affatto circoscrivere allo stesso la rilevanza dell’inadempimento degli obblighi informativi, la cui incidenza sulle singole operazioni d’investimento e disinvestimento non costituiva peraltro oggetto della questione sottoposta al loro esame. La distinzione, introdotta dalla predetta pronuncia, tra la fase precontrattuale preordinata alla stipulazione del contratto quadro e quella contrattuale conseguente alla conclusione dello stesso non esclude d’altronde la possibilità d’individuare, all’interno di quest’ultima fase, due momenti diversi, anche se tra loro collegati, collocabili rispettivamente in epoca anteriore e successiva all’effettuazione delle singole operazioni, e nell’ambito dei quali l’inadempimento degli obblighi d’informazione posti a carico dell’intermediario può giocare un ruolo differente, giustificando, a seconda dei casi, la risoluzione dell’intero rapporto o di quelli derivanti dai singoli ordini d’investimento o disinvestimento.

Non può dunque condividersi la sentenza impugnata, nella parte in cui, rilevato che la domanda di risoluzione aveva ad oggetto soltanto gli ordini di acquisto delle obbligazioni, anzichè il contratto quadro, l’ha ritenuta infondata, affermando che la violazione degli obblighi d’informazione attiva e passiva posti a carico della Banca poteva costituire inadempimento soltanto di quest’ultimo. In assenza di una domanda di risoluzione del contratto quadro, la denunciata incidenza delle carenze informative dedotte su determinate operazioni poste in essere dalla Banca per conto dell’attore avrebbe infatti imposto alla Corte distrettuale di valutare se le stesse fossero idonee ad alterare l’equilibrio dei rapporti contrattuali ad esse specificamente inerenti, e quindi a giustificarne la risoluzione, indipendentemente dalla persistenza del rapporto principale.

6. La sentenza impugnata va pertanto cassata, nella parte in cui ha rigettato la domanda di risoluzione, restando assorbiti gli ulteriori motivi d’impugnazione, con cui i ricorrenti hanno censurato la statuizione concernente la liquidazione del danno, denunciandone l’insufficiente motivazione, la nullità per extrapetizione e per omessa pronuncia ed il contrasto con l’art. 1223 cod. civ., per non aver tenuto conto del valore effettivo delle obbligazioni, per aver detratto dall’importo liquidato gl’interessi percepiti dall’attore in epoca anteriore al default dello Stato emittente e per aver omesso di riconoscere gl’interessi dalla data della costituzione in mora.

Resta altresì assorbito il ricorso incidentale, con cui la Banca ha lamentato la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, art. 10, comma 2-bis, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte riguardante l’accertamento della violazione degli obblighi informativi, la verifica del nesso eziologico tra l’inadempimento ed il danno lamentato dall’attore e l’individuazione dei criteri per la liquidazione del danno.

La causa va conseguentemente rinviata alla Corte d’Appello di Firenze, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta i primi due motivi del ricorso principale, accoglie il terzo ed il quarto motivo, dichiara assorbiti gli altri motivi ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte di Appello di Firenze, anche per la liquidazione delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 10 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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