Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16976 del 11/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 11/08/2016, (ud. 27/06/2016, dep. 11/08/2016), n.16976

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 378-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

SAIMA AVANDERO SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo

studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNI SCARPA giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 129/2012 della COMM. TRIB. REG. della

CAMPANIA, depositata l’11/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/06/2016 dal Consigliere Dott. SCODITTI ENRICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato COLLABOLLETTA che ha chiesto

l’accoglimento;

uditi per il controricorrente gli Avvocati LUCISANO e SCARPA che

hanno chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO LUIGI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nei confronti di Saima Avandero s.p.a. quale obbligato solidale venne emesso dall’Ufficio delle Dogane di Napoli (OMISSIS) relativamente all’anno 2006 invito al pagamento per omesso versamento dell’IVA, non essendo stata la merce importata inserita nel deposito IVA della medesima Saima Avandero s.p.a., secondo quanto risultante dal p.v.c.. La CTP rigettò il ricorso. L’appello della contribuente venne accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania sulla base della seguente motivazione.

Deve darsi rilievo al decreto di archiviazione nel procedimento penale. Ha in particolare valenza nel processo tributario quanto sostenuto dal pubblico ministero, e cioè che per effetto del D.L. n. 185 del 2008, art. 16, comma 5 bis, e del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis, comma 4, lett. h), le prestazioni di servizio relative ai beni consegnati al depositarlo devono intendersi introduzione nel deposito IVA, con ciò dovendosi svincolare la disciplina dell’agevolazione fiscale dalla materiale introduzione delle merci nel deposito. Vanno inoltre considerate le dichiarazioni rese dal trasportatore. Questi ha dichiarato di avere effettuato fra i novecento ed i milleduecento trasporti mensili per conto della contribuente e che non tutti erano destinati al deposito IVA, sicchè “appare arduo, solo in base a tale dichiarazione, stabilire con certezza che proprio quelli che non transitavano per il deposito di Marcianise fossero quelli oggetto del rapporto tra la società ricorrente ed il suo depositario. Il solo dubbio non può in sostanza costituire prova in una così complessa vicenda che meriterebbe, per poter pervenire ad un giudizio di condanna della contribuente, ben altre certezze”, specie considerando che la normativa di cui si è detto concede agli importatori margini favorevoli, come la mera introduzione della merce nel deposito, il disbrigo di taluni adempimenti ed il dirottamento verso l’utilizzatore. Infine l’insussistenza del reato ha indotto l’Amministrazione finanziaria, in sede di disconoscimento dei costi, a dichiararne l’illegittimità, ove si consideri la circolare n. 42/E del 26 settembre 2005 (nel caso di archiviazione o proscioglimento dall’imputazione penale viene meno il presupposto per il recupero a tassazione dei suddetti costi, sicchè va disposto l’annullamento degli atti impositivi).

Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso la contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis, comma 5, convertito con L. n. 427 del 1993, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva la ricorrente che, diversamente dalla tesi del giudice penale sposata dalla CTR, la disciplina richiede l’introduzione fisica delle merci nel deposito e che il trasportatore aveva dichiarato che i containers alcune volte sostavano presso il deposito di Marcianise ed altre volte venivano direttamente consegnati al cliente e che tale circostanza risultava dalle fatture (depositate dalla medesima ricorrente).

Con il secondo motivo si denuncia omessa e/o insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Osserva la ricorrente che, a fronte dell’articolato quadro probatorio fornito dall’Ufficio, la CTR ha motivato in modo generico e insufficiente e che generica è l’affermazione del giudice tributario in termini di dubbio a fronte della dichiarazione del trasportatore.

Con il terzo motivo si denuncia contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Osserva la ricorrente che la CTR per un verso valorizza gli esiti del procedimento penale da cui risultava il transito solo virtuale delle merci dal deposito, per l’introduzione materiale.

Con il quarto motivo si denuncia contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Osserva la ricorrente che la CTR effettua un richiamo ad una circolare dell’Agenzia delle Entrate che è del tutto inconferente rispetto alla fattispecie concreta.

Va premesso che ai fini dell’esame del ricorso non rileva il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, disposto con ordinanza 6 maggio 2016, n. 9278 in controversia relativa al deposito fiscale, sulla compatibilità della normativa interna con il principio generale del contradditorio procedimentale di matrice comunitaria laddove non prevede, in favore del contribuente che non sia stato ascoltato prima dell’adozione dell’atto fiscale da parte dell’amministrazione doganale, la sospensione dell’atto come conseguenza normale della proposizione del ricorso in via amministrativa. La controversia in esame non involge infatti profili afferenti il principio del contraddittorio procedimentale.

Il primo motivo è fondato. In tema d’IVA, al fine di evitare l’immediato assolvimento dell’imposta per l’immissione in libera pratica di beni non comunitari, occorre la loro introduzione fisica e non solo virtuale in depositi fiscali, collocati in territorio italiano, come si desume dal D.L. 30 n. 331 del 1993, art. 50 bis, convertito, con modificazioni, nella L. n. 427 del 1993, su cui non incide la disciplina successiva, ed in particolare, il D.M. 20 ottobre 1997, n. 419, art. 4, che si occupa dei soli adempimenti documentali, e il D.L. n. 185 del 2008, art. 16, comma 5 bis, convertito, con modificazioni, nella L. n. 2 del 2009, che si riferisce alle sole prestazioni di servizi relative ai beni ivi custoditi (Cass. 29 luglio 2015, n. 15980). A tale principio il giudice di merito dovrà attenersi.

Il giudice di merito dovrà accertare anche se sia stato, o no, eseguito il meccanismo dell’inversione contabile ai fini dell’assolvimento dell’imposta. L’Amministrazione finanziaria non può infatti pretendere il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui al D.L. n. 331 del 1993, n. 331, art. 50 bis, comma 4, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. n. 427 del 1993, qualora costui abbia già provveduto all’adempimento, sia pur tardivo, dell’obbligazione tributaria nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile mediante un’autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite, atteso che la violazione del sistema del versamento dell’IVA, realizzata dall’importatore per effetto dell’immissione solo virtuale della merce nel deposito, ha natura formale e non può peraltro mettere in discussione il suo diritto alla detrazione, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, in C-272/13 Equoland (Cass. 29 luglio 2015, n. 16109 e n. 15988; 8 settembre 2015, n. 17815 e 8 settembre 2015 n. 17814; 29 luglio 2015, n. 16109; si veda anche Cass. 19 settembre 2014, n. 19749). Una volta accertato l’intervento dell’inversione contabile, il giudice di merito dovrà anche considerare che la sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, applicabile all’importatore che si sia avvalso del sistema di sospensione del versamento dell’imposta all’importazione senza immettere materialmente la merce nel deposito fiscale, deve essere disapplicata per contrarietà al diritto comunitario, così come interpretato dalla Corte di Giustizia nella sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13 Equoland, ove ecceda, in ragione della percentuale fissata per la maggiorazione e dell’impossibilità di graduarne la misura alle circostanze concrete, il limite necessario per assicurare l’esatta riscossione ed evitare l’evasione, atteso che, tenuto conto della natura formale della violazione, potrebbero costituire un’adeguata sanzione anche i soli interessi moratori (Cass. 8 settembre 2015, n. 17814).

Fondato è anche il secondo motivo. Il trasportatore ha dichiarato che i containers alcune volte sostavano presso il deposito ed altre volte venivano direttamente consegnati al cliente e che tale circostanza risultava dalle fatture. La ricorrente ha altresì precisato di avere depositate le fatture in questione. Per destituire di fondamento la circostanza contestata del mancato inserimento in senso fisico nel deposito il giudice di merito ha valorizzato quanto dichiarato dal medesimo trasportatore, e cioè che egli aveva effettuato fra i novecento ed i milleduecento trasporti mensili per conto della contribuente e che non tutti erano destinati al deposito IVA, per concludere che “appare arduo, solo in base a tale dichiarazione, stabilire con certezza che proprio quelli che non transitavano per il deposito di Marcianise fossero quelli oggetto del rapporto tra la società ricorrente ed il suo depositarlo”. La valorizzazione di tale dichiarazione non dà contezza della valutazione dell’ulteriore dichiarazione, e cioè che i containers alcune volte sostavano presso il deposito ed altre volte venivano direttamente consegnati al cliente, dichiarazione peraltro documentalmente supportata. Che non tutti i trasporti fossero destinati al deposito IVA, non esclude che per quelli destinati avvenisse quanto dal medesimo trasportatore precisato. Dalla motivazione non si comprende pertanto se il giudice di merito abbia valutato nel complesso le dichiarazioni rese dal trasportatore, anche nella parte richiamata nel motivo di censura. Nè una simile valutazione è desumibile dalla formulazione di un dubbio, che non permetterebbe di reputare integrata la contestazione tributaria, posto che il dubbio discende pur sempre dalla valorizzazione, secondo quanto emerge dalla motivazione, solo parziale delle dichiarazioni del trasportatore.

L’accoglimento dei motivi precedenti determina l’assorbimento degli ulteriori motivi.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, con assorbimento degli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2016

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