Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17401 del 29/08/2016
Cassazione civile sez. lav., 29/08/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 29/08/2016), n.17401
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15106/2010 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI e ALESSANDRO RICCIO, giusta
delega in atti;
– ricorrente –
contro
M.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZALE CADUTI DELLA MONTAGNOLA, presso ROSARIO SCRIMIERI,
rappresentata e difesa l’avvocato BENITO SCHITO, giusta delega in
atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1010/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 04/06/2009, R.G.N. 1991/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
24/05/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;
udito l’Avvocato MAURO RICCI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’inammissibilità, in
subordine per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 1010/2009, depositata il 4.6.2009, la Corte d’Appello di Lecce dichiarava cessata la materia del contendere pronunciando sull’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza del Tribunale di Lecce che condannava l’Istituto a pagare a M.C. i ratei differenziali tra pensione di inabilità civile ed assegno sociale maturati nel periodo intercorso dal 1996 al 31.10.2005. La statuizione si imponeva, ad avviso della Corte, perchè nelle note depositate il 24.2.2009, M.C. aveva dichiarato di essere stata soddisfatta dall’INPS di tutto quanto dovuto, chiedendo che fosse pronunciata la cessazione della materia del contendere.
Avverso detta sentenza l’INPS ha proposto ricorso articolato su un unico motivo corredato da quesito di diritto. M.C. ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con l’unico motivo l’INPS censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., in relazione all’art. 100 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto l’aver dato spontanea esecuzione alla sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva non comportava acquiescenza, in mancanza di una situazione dalla quale emergesse il venir meno di ogni ragione di contrasto tra le parti.
1.1 Il motivo è fondato, dovendosi confermare la violazione dell’art. 329 c.p.c., da parte della sentenza d’appello, posto che l’INPS aveva impugnato la prima sentenza, provvisoriamente esecutiva, sostenendo che la ricorrente non avesse diritto alla prestazione. L’esecuzione spontanea della stessa sentenza appellata non costituisce infatti atto di per sè assolutamente incompatibile con la volontà di avvalersi dell’impugnazione e non implica acquiescenza tacita alla sentenza; ciò perchè la stessa esecuzione può discendere anche soltanto dall’opportunità di evitare le spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione (conf. Cass. sentenza n. 17788 del 22.7.2013, ord. 13293 dell’11.6.2014).
1.2 Nè rileva se l’Inps prima della pronuncia di appello abbia liquidato, e continuato anche in seguito ad erogare, i ratei maturati nel periodo successivo a quello che costituì oggetto del giudizio, in quanto si tratta di ratei consequenziali e strettamente discendenti dalla stessa esecuzione della sentenza di cui si tratta e dall’accertamento della situazione sostanziale posta alla base della medesima pronuncia appellata dall’INPS.
1.3 Neppure rileva di per sè la mancata espressa formulazione di una riserva di impugnazione, sussistendo appunto un interesse del soccombente appellante a dare esecuzione alla decisione esecutiva, ancorchè non definitiva. Talchè la Corte d’Appello non poteva dichiarare la cessazione della materia del contendere, la quale statuizione postula il venir meno di un qualsiasi contrasto in ordine alla situazione sostanziale dedotta nel giudizio.
1.4 La sentenza impugnata non ha quindi fatto corretta applicazione dei suddetti principi. Ne consegue che il ricorso debba essere accolto e la sentenza impugnata cassata. Va quindi disposto il rinvio della causa ad altro giudice, designato in dispositivo, per l’ulteriore esame della controversia. Il giudice del rinvio provvederà altresì, ex art. 385 c.p.c., sulle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese, alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2016