Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17723 del 07/09/2016
Cassazione civile sez. VI, 07/09/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 07/09/2016), n.17723
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14168/2015 proposto da:
T.A., elettivamente domiciliato in Roma, Largo Arenula 34,
presso lo studio dell’avvocato Gennaro Terracciano, rappresentato e
difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato
Emanuele D’Alterio;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e
difende per legge;
– resistente –
avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, depositato il 26
novembre 2014.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7
luglio 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Pettitti.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che T.A. ha proposto opposizione avverso il decreto depositato in data 18 marzo 2014, con il quale il consigliere designato della Corte d’appello di Roma aveva dichiarato inammissibile la domanda di equa riparazione dal medesimo proposta in relazione alla irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al TAR Campania nel 1994, deciso in primo grado nel 2003, proseguito in appello e deciso dal Consiglio di Stato con sentenza del 2 febbraio 2012;
che la Corte d’appello di Roma, in composizione collegiale, ha disatteso le censure dell’opponente – il quale aveva sostenuto che la sentenza del Consiglio di Stato non era stata loro comunicata – sul rilievo che della L. n. 89 del 2001, art. 4, ricollega la decadenza dalla domanda di equa riparazione al decorso del termine di sci mesi decorrente dalla data in cui il provvedimento che conclude il giudizio presupposto è divenuto definitivo, senza condizionare il decorso del termine alla comunicazione del provvedimento conclusivo;
che per la cassazione di questo decreto T.A. ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo;
che l’intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, art. 136 c.p.c., artt. 39 e 136 c.p.a.) i ricorrenti sostengono che il ricorso avrebbe dovuto essere considerato tempestivo, atteso che i loro difensori nel giudizio dinnanzi al Consiglio di Stato sono venuti a conoscenza della sentenza solo casualmente nel settembre 2013, in quanto la comunicazione di cancelleria ai sensi dell’art. 136 c.p.c., a mezzo PEC, era mancante della prova dell’avvenuta ricezione da parte del destinatario; che, d’altra parte, la stessa Corte d’appello di Roma in un altro giudizio di opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter, relativo al medesimo giudizio presupposto, ha ritenuto ammissibile il ricorso in quanto il solo dato certo era costituito dalla attestazione del funzionato del Consiglio di Stato, in data 4 febbraio 2014, con la quale si attestava la mancata consegna al difensore dell’appellante dell’avviso di pubblicazione della sentenza;
che il ricorso è fondato;
che questa Corte ha avuto modo di affermare il principio, condiviso dal Collegio, per cui “in tema di irragionevole durata del processo, il termine della domanda di riparazione, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 4, decorre solo da quando la parte ha avuto conoscenza del provvedimento che definisce il giudizio presupposto (nella specie, solo dalla comunicazione e non dal deposito della sentenza di cassazione), valendo il principio per cui il decorso del termine di un atto presuppone che l’interessato conosca il dies a quo” (Cass. n. 21294 del 2015; Cass. n. 23789 del 2004);
che, nella specie, il ricorrente ha dedotto la mancata comunicazione dell’avvenuto deposito della sentenza del Consiglio di Stato che ha definito il giudizio presupposto e la Corte d’appello di Roma si è discostata dall’enunciato principio;
che il ricorso va quindi accolto, con cassazione del decreto impugnato e con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame della domanda di equa riparazione alla luce del richiamato principio di diritto; che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 7 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2016