Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20197 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 07/10/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 07/10/2016), n.20197

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27363/2013 proposto da:

IMMOBILIARE SAN GOTTARDO DI G.P. & C. SAS, (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 15,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CANEPA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato EZIO PEREGO giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO SPA, in persona del Procuratore M.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 111/B, presso lo

studio dell’avvocato ANNALISA PUCILLO, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALFREDO ARIA giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2037/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La società immobiliare San Gottardo s.a.s., ottenuta dal Tribunale di Lecco sentenza accertativa dell’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria eseguita da Banca intesa S.p.A. (già Cariplo spa) su un suo bene immobile con conseguente ordine di cancellazioni dell’iscrizione e condanna della banca convenuta al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza promosse il giudizio volto alla liquidazione dei danni.

La banca convenuta si costituì in giudizio contestando ogni pretesa ed eccependo l’insussistenza delle voci di danno protestate dall’attrice.

Il Tribunale di Milano con la sentenza numero 9116/2008 in parziale accoglimento della domanda svolta condannò Banca intesa al pagamento, in favore dell’attrice, dell’importo di Euro 170.000,00 a titolo di risarcimento del danno.

2. La decisione è stata riformata solo sul quantum dalla Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 2037 del 17 maggio 2013. La Corte ha ridotto equitativamente a 100.000,00 Euro l’entità del danno da risarcire.

3. Avverso tale decisione, la Immobiliare San Gottardo s.a.s. di G.P. & c. propone ricorso in Cassazione sulla base di 6 motivi, illustrati da memoria.

3.1 Resiste con controricorso Intesa Sanpaolo s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la “violazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, sotto il profilo della nullità della sentenza o del procedimento per errata indicazione e individuazione del soggetto giuridico legittimato passivo della controversia e della violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 2, ed agli artt. 2498 e 2500 c.c.”.

Lamenta che la sentenza impugnata è stata pronunciata nei confronti di un soggetto giuridico la “Immobiliare San Gottardo s.a.s.” che al momento della decisione, anche nominalmente, non era il reale legittimato passivo della causa. Infatti il giudice del merito ha omesso di considerare che, in corso di causa, si era ritualmente costituita l’Immobiliare San Gottardo s.a.s. di G.P. & C., con sede in (OMISSIS).

Il motivo è infondato.

E’ principio di questa Corte che le società di persone non si estinguono per effetto del mutamento della composizione societaria (nella specie, per intervenuta cessione di quote), potendo il venir meno del rapporto sociale in relazione ad un socio concorrere con il mantenimento dell’identità della società, mentre lo scioglimento della società discende dal venir meno della pluralità dei soci e dalla sua mancata ricostituzione entro il termine di sei mesi (Cass. n. 496/2015; Cass. n. 15621/2012).

Inoltre, l’errata indicazione, nella ragione sociale, del nome del socio accomandatario precedente non determina la nullità dell’atto, ma una mera irregolarità. La vendita della quota del socio accomandatario non determina, infatti, lo scioglimento nè l’estinzione della società, ma soltanto la trasmissione o la liquidazione della quota, quale conseguenza dello scioglimento del rapporto tra il singolo socio e la società; ciò non comporta la nascita di una nuova società, che continua ad esistere, pur se parzialmente modificata nella ragione sociale. Come appunto nel caso di specie.

4.2. Con il secondo motivo, denuncia la “erroneità c/o illegittimità della sentenza impugnata per error in indicando e per error in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione e/o omesso esame e valutazione di fatto controverso e decisivo per il giudizio – violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione agli artt. 2808, 2847, 2852 e 2884 c.c. – violazione e/o elusione del giudicato di cui alla sentenza n. 4793/2001 della suprema corte di cassazione – violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 2909 c.c., per violazione e/o elusione del giudicato di cui alla sentenza n. 4793/2001 della Corte di Cassazione”.

La ricorrente sostiene che la Corte d’Appello ha errato perchè ha ridotto il quantum risarcitorio sulle voci di danno emergente, ancorchè confermate cd incontestate nell’an, relativamente alla incommerciabilità del cespite, il minor valore di mercato e patrimoniale attesa l’indisponibilità del bene per il vincolo imposto dall’iscrizione ipotecaria. Il giudice del merito ha rideterminato in peius il quantum risarcitorio sulla base di tre postulati: a) la supposta mancata percezione del vincolo ipotecario da parte del danneggiato sino al (OMISSIS); b) la condotta antigiuridica costituita dalla volontaria protrazione del vincolo è stata limitata al periodo dal (OMISSIS) e non dal (OMISSIS); c) la considerazione della reale consistenza del cespite immobiliare come descritto nella relazione del c.t.u..

Ma la sentenza, secondo la ricorrente, è anche errata perchè il giudice non ha compiuto la valutazione giuridica del fatto evento. Infatti ha stabilito ed individuato il fatto evento da cui sarebbero decorsi gli effetti pregiudizievoli dell’iscrizione ipotecaria, a partire dal (OMISSIS), poichè, a suo dire, la proprietà fino a tale data non si sarebbe avveduta dell’esistenza del vincolo illegittimamente apposto dalla controparte sul bene. L’assunto sarebbe erroneo perchè ha omesso di considerare l’avvenuta illegittima iscrizione ipoteca giudiziale sul bene di proprietà avvenuta nell'(OMISSIS) che è la data coincidente con il danno evento. Pertanto, il momento generatore del danno ingiusto non si può far risalire ad un requisito di carattere soggettivo, quello di una ipotetica percezione del vincolo conciata ad un mero fatto materiale astrattamente ipotizzato ed estraneo all’oggetto ed alle ragioni giuridiche del processo ma doveva essere posto in diretta correlazione con un atto giuridicamente e processualmente rilevante. Il giudice ha omesso di considerare anche che, ai sensi dell’art. 2852 c.c., l’ipoteca “prende grado” dal momento della sua iscrizione e, pertanto, la responsabilità ex art. 2043 c.c., trova fondamento nell’atto di illegittima iscrizione ipotecaria e non nell’effetto.

4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la “illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto comune in ordine alla determinazione dei parametri di liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., in relazione all’art. 115 c.p.c., comma 2, al T.U. n. 917 del 1986 , art. 81, comma 1, lett. A) e b), ed all’art. 2426 c.c. – ulteriori profili ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2090 c.c., per violazione e/o elusione del giudicato di cui alla sentenza n. 4793/2001 della Corte di cassazione”.

Denuncia che il giudice di secondo grado ha determinato in via equitativa una riduzione del quantum del danno emergente in Euro 80.000,00 in totale mancanza della indicazione di qualsiasi parametro o criterio legale di valutazione contabile o di natura economica patrimoniale. Pertanto, tale danno finisce per coincidere con il valore originano dell’iscrizione ipotecaria pari al suo importo in linea capitale senza considerare che il debito ipotecario produce interessi che di per sè sono in grado di assorbire la rendita fondiaria. Così giudicando la Corte d’Appello, non riconoscendo un danno apprezzabile e minimamente remuneratorio del pregiudizio subito, ha eluso il giudicato della sentenza numero 4793/2001 della Corte di Cassazione.

Il secondo e terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi e sono in parte inammissibili ed in parte infondati.

Sono inammissibili laddove prospettano, in maniera generica, una serie di questioni di fatto tendenti ad ottenere dalla Corte di legittimità una nuova e diversa valutazione del merito della controversia.

E’ principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del mento, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente. L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011).

Ma sono anche infondati perchè il giudice ha ridotto il risarcimento in considerazione del fatto che la ricorrente non ha fornito prova alcuna di aver perduto occasioni di vendita e di commerciabilità del compendio immobiliare sottoposto al vincolo pregiudizievole, tanto meno in epoca precedente all’anno (OMISSIS), e neppure di aver maturare mancati guadagni, danni economici, costi documentati, così come stabilito dal CTU, ulteriori rispetto al valore dell’iscrizione ipotecaria.

4.4. Con il quarto motivo, la ricorrente deduce la “legittimità della sentenza impugnata nel capo relativo al riconoscimento del danno all’immagine – conferma dei motivi svolti in sede di appello incidentale per il riconoscimento del maggior danno”.

Il motivo è inammissibile per difetto di interesse.

4.5. Con il quinto motivo, la ricorrente denuncia “error in indicando in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per erroneità e/o illegittimità della pronuncia di inammissibilità dell’appello incidentale per asserita genericità”.

La Corte d’Appello ha errato perchè nel rigettare l’appello incidentale ha assunto che le censure proposte sarebbero inammissibili in quanto si risolverebbero in una mera contrapposizione alle contrarie tesi già sostenute, senza alcun pertinente ed efficace vaglio critico delle ragioni esposte dal primo giudice a presidio della loro confutazione. La società ricorrente non si è limitata a richiedere un generico riesame della controversia, avendo individuato le parti della sentenza di primo grado ritenute illegittime giuste in quanto reiettive delle domande avanzate. Sono state devolute anche tutte le questioni di fatto e di diritto sollevate, o comunque conoscibili in primo grado, che costituiscono o possono costituire antecedente logico necessario ai fini della pronuncia o inesistenza della parte del rapporto sostanziale controverso devoluta al giudice d’appello.

Il motivo è inammissibile per genericità e difetto di autosufficienza.

Nel giudizio di legittimità è onere del ricorrente indicare con specificità e completezza quale sia il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata. Sono inammissibili quei motivi che non precisano in alcuna maniera in che cosa consiste la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata, o che si limitano ad una affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (Cass. 15263/2007). Nel caso di specie non riporta, ne è desumibile, quale sarebbe il motivo di appello cui si riferisce.

4.6. Con il sesto motivo, la ricorrente lamenta “error in indicando in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per erroneità e/o illegittimità del rigetto dei motivi di appello incidentale per violazione di norme di diritto e per omesso esame di fatti decisivi”, articolandolo in tre sub censure: “(a) illegittimità della sentenza impugnata nella parte relativa al rigetto della voce di danno sub capo 3 per violazione dell’art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5, per omesso esame di fatto decisivo e per violazione di norme di diritto ex artt. 113, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 31 N.T.A. del P.R.G. del Comune di Cremeno adottato con Delib. C.C.N. 1 febbraio 1989, n. 10, ed al D.M. 4 aprile 1968, art. 7, comma 3; (b) illegittimità della sentenza impugnata nella parte relativa al rigetto della voce di danno sub capo 3 per violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3-5, per omesso esame di fatto decisivo e per violazione di norme di diritto in relazione all’art. 115 c.p.c. (disponibilità prove) e art. 116 c.p.c. (valutazione delle prove); (c) error in procedendo ed in indicando per omessa ammissione di mezzi istruttori in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c..

Si duole che il giudice del merito abbia confermato la sentenza di primo grado che non ha riconosciuto le voci di danno – perdita patrimoniale, perdita di rendita fondiaria, mancata acquisizione di valore derivante dallo sfruttamento delle potenzialità edificatorie, mancata concessione di finanziamenti e/o mutui, mancata vendita dell’immobile, danno per impossibilità di predispone un piano finanziario e di investimento, spese di progettazione -. Lamenta anche la mancata ammissione della testimonianza del N., sull’esistenza dell’accordo precontrattuale di vendita dell’immobile, e la mancata disposizione di un’altra Ctu.

Il motivo è infondato.

Il giudice del merito non è incorso in nessuna delle violazioni a lui attribuite ed ha motivato in modo congruo e logico su tutte le censure impugnate. In particolare, per quanto riguarda la pretesa edificabilità dell’immobile i progetti presentati non sarebbero mai stati autorizzati dal Comune di (OMISSIS) perchè avrebbero comportato una edificazione eccedente la volumetria costruibile, e per le richieste dei presunti danni disattese dal giudice di primo grado, le censure proposte con l’appello incidentale risultano, prima ancora che non provate, inammissibili (…).

Tra l’altro la società ricorrente, in realtà, pur denunciando, apparentemente, violazione di legge ed una insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza di secondo grado, chiede in realtà a questa Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative (Cass. n. 21381/2006).

5. Sussistono motivi, anche per questo giudizio, per compensare le spese.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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