Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22457 del 04/11/2016
Cassazione civile sez. VI, 04/11/2016, (ud. 13/07/2016, dep. 04/11/2016), n.22457
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15375-2015 proposto da:
C.G. e M.P., rappresentati e difesi
dall’Avv. VINCENZO RICCARDI;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende per legge;
– resistente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il
02/12/2014;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/07/2016 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti;
udito l’Avvocato Clementina Di Rosa, per delega dell’Avv. Vincenzo
Riccardi.
Fatto
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
1. – M.P. e C.G., con ricorsi riuniti alla Corte d’appello di Roma in data 9 febbraio 2011, hanno chiesto, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento dell’indennizzo a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata di un processo amministrativo svoltosi dinanzi al TAR di Napoli dal 30 luglio 1991 ed ancora pendente alla data di deposito dei ricorsi, in relazione al quale era stata depositata istanza di prelievo in data 9 gennaio 2009.
2. – La Corte d’appello di Roma, con decreto in data 2 dicembre 2014, ha rigettato la domanda di equa riparazione, compensando le spese di lite.
Richiamato il disposto del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dal codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104), la Corte territoriale ha osservato che il giudizio presupposto era pendente alla data del 16 settembre 2010 (data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo) e la domanda di equa riparazione era invece successiva, e ha valutato che dalla data della istanza di prelievo (9 gennaio 2009) a quella della presentazione della domanda di equa riparazione (9 febbraio 2011) non è stato superato il periodo di durata ragionevole del giudizio di primo grado, pari a tre anni.
3. – Per la cassazione del decreto della Corte d’appello il M. e il C. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 29 maggio 2015, sulla base di sette motivi.
Il Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato un atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
4. – Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata.
5. – Con i proposti motivi i ricorrenti si dolgono che il termine di durata del processo sia stato calcolato dalla data di deposito della istanza di prelievo, escludendo dal computo il periodo anteriore al detto deposito.
6. – Il ricorso è fondato.
Questa Corte ha già statuito che, nel caso in cui nel giudizio presupposto si sia verificato il presupposto processuale della domanda di equa riparazione ai sensi del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito, con modificazioni, nella L. 6 agosto 2008, n. 133, nel testo applicabile, in conseguenza delle modifiche apportate dal codice del processo amministrativo, a partire dal 16 settembre 2010, deve escludersi che il periodo di tempo decorso anteriormente alla avvenuta presentazione dell’istanza di prelievo sia irrilevante al fine del computo del termine di durata ragionevole del giudizio (Sez. 6-2, 12 novembre 2013, n. 25447; Sez. 6-2, 18 marzo 2016, n. 5434).
Nella specie, dal decreto impugnato emerge che l’istanza di prelievo è stata presentata nel giudizio presupposto, sicchè la Corte d’appello, nell’escludere la rilevanza del periodo anteriore al 9 gennaio 2009, si è discostata dal richiamato principio.
7. – Il decreto impugnato è cassato.
Essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Roma, che la deciderà in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 13 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016