Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22655 del 08/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 08/11/2016, (ud. 24/06/2016, dep. 08/11/2016), n.22655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19432-2010 proposto da:

G.M., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FELICE AMATO;

– ricorrente –

e contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONIETTA VINCENZO TRIOLO e EMANUELE DE ROSE, giusta

delega in calce alla copia del ricorso notificato;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1032/2009 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 28/01/2010, R.G. N. 1108/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito l’Avvocato VINCENZO STUMPO per delega orale ANTONIETTA CORETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1- La Corte d’appello di Salerno, con sentenza depositata in data 28 gennaio 2010, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale della stessa sede e in parziale accoglimento dell’appello proposto da G.M., ha condannato l’Inps al pagamento in favore dell’appellante delle spese del giudizio di primo grado che ha liquidato in complessivi Euro 1076,00, di cui 775 per diritti e Euro 182,00 per onorario, oltre al rimborso forfettario delle spese generali e agli altri accessori di legge, distraendole in favore dell’avvocato anticipatario.

2. -A fondamento del decisum la Corte ha osservato che la decisione del primo giudice di compensare le spese del giudizio non era adeguatamente motivata, alla luce di quanto dispone l’art. 92 c.p.c. cpv, come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), secondo cui il giudice è tenuto ad indicare esplicitamente nella motivazione i giusti motivi posti a base della compensazione.

2.1. Ha quindi condannato l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di primo grado in applicazione del criterio della soccombenza, considerando che la cessazione della materia del contendere era stata dichiarata dal Tribunale in conseguenza del pagamento da parte dell’Inps della prestazione oggetto del ricorso, la quale, pertanto, si era rivelata del tutto legittima e fondata.

Quanto alla liquidazione, ha riconosciuto i diritti nella misura indicata dallo stesso ricorrente-appellante e ha invece ridotto alla metà gli onorari (liquidati nella misura minima) in applicazione la norma della L. n. 794 del 1942, art. 4 “vista la natura della controversia”. Infine, ha compensato per intero le spese del giudizio d’appello, in ragione del parziale accoglimento dell’impugnazione.

3. Contro la sentenza, ricorre il G. prospettando due motivi di ricorso. L’Inps si difende con delega in calce alla copia del ricorso notificato. Il ricorrente deposita memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza per violazione della L. n. 794 del 1942, art. 4 in combinato disposto con il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 60 e dell’art. 91 c.p.c., nonchè per carenza, insufficienza o contraddittorietà della motivazione. Assume che la decisione della Corte territoriale di ridurre della metà il minimo dell’onorario dell’avvocato in applicazione dell’art. 4 citato era priva di motivazione, non essendo all’uopo sufficiente il riferimento alla “natura della controversia”, considerato che la causa, avente ad oggetto il suo diritto all’indennità di disoccupazione agricola per l’anno 2004, aveva visto la difesa dell’Inps svolgersi sulla base di una serie di eccezioni di inammissibilità, improcedibilità e infondatezza che l’avevano costretto ad una difesa altrettanto ampia e impegnativa oltre che allo svolgimento di attività istruttoria, il che contrastava con un giudizio di semplicità della causa.

2. Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione e lamenta che, nonostante fosse risultato totalmente vittorioso nella lite, il giudice dell’appello aveva compensato le spese, non potendosi peraltro ritenere l’accoglimento solo parziale poichè l’unico motivo di appello da lui proposto riguardava l’illegittima compensazione delle spese del giudizio di primo grado e tale motivo era stato integralmente accolto.

3. – Il primo motivo è infondato. Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’applicazione della disposizione di cui alla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 4, che prevede la riduzione dei minimi tariffari per le controversie di “particolare semplicità”, disponendo che la riduzione degli onorari non possa superare il limite della metà, integra la previsione contenuta nel R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 60, comma 5. Quest’ultima norma esplicita che di tale riduzione il giudice dia “espressa e adeguata motivazione”, non limitata, pertanto, ad una pedissequa enunciazione del criterio legale, ovvero all’aggiunta dell’elemento estrinseco, meramente indicativo, quale l’identità delle questioni (Cass., 4 agosto 2009, n. 17920; Cass., 20 gennaio 2010, n. 949; Cass., 21 novembre 2008, n. 27796; Cass. 7 settembre 2007 n. 18829).

4. – Nel caso in esame la Corte ha dato conto, sia pure con motivazione succinta, delle ragioni che l’hanno indotta a ridurre della metà l’importo degli onorari come richiesti dal ricorrente, dovendosi leggere il riferimento alla “natura della controversia” alla luce della ricostruzione del processo compiuta dalla stessa Corte territoriale, la quale ha dato atto che alla terza udienza è stata dichiarata cessata la materia del contendere (su richiesta dello stesso ricorrente) in conseguenza del pagamento da parte dell’Inps delle prestazioni oggetto del ricorso.

Il complesso motivazionale consente pertanto di ritenere che con la locuzione “natura della controversia” la Corte abbia sintetizzato una valutazione più complessiva che ha tenuto conto del peculiare andamento del processo, particolarmente semplice, e che pertanto la riduzione degli onorari alla metà sia da correlare alla limitata attività difensiva svolta dall’avvocato in sole tre udienze, senza svolgimento di attività istruttoria, pure ammessa ma mai assunta a causa della sopraggiunta cessazione della materia del contendere. Si tratta di un apprezzamento discrezionale e adeguatamente motivato, senza che possano ravvisarsi le prospettate violazione di legge.

5. – Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

Premesso che nel caso di specie trova applicazione l’art. 92 c.p.c., nel testo precedente alla riforma disposta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11 (essendo stato il giudizio introdotto con ricorso del 22/1/2007), – sicchè i presupposti per disporre la compensazione sono costituiti dalla “soccombenza reciproca o da altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione”, – deve ricordarsi che la regolazione delle spese di lite può avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell’unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (art. 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalità degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (art. 92 c.p.c., comma 2).

A tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata anche in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorchè quest’ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento (Cass., 2 febbraio 2016, n.3438; Cass., 23 settembre 2013, n. 21684).

Peraltro dalla formulazione della norma succitata si ricava il principio per cui il giudice, potendo compensare in tutto o in parte le spese, anche in difetto di soccombenza reciproca, a fortiori non è tenuto a rispettare una proporzione esatta e diretta fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico della parte soccombente. Rientra, infatti, nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione delle proporzioni della reciproca soccombenza e la determinazione delle proporzioni in cui le spese giudiziali debbono ripartirsi o compensarsi fra le parti, con esclusione, quindi, di ogni controllo in sede di legittimità (Cass. n. 289/66; in tal senso Cass., n. 9390/2016 e Cass., n. 2149/2014). In definitiva, anche sotto tale profilo la sentenza resiste alle censure mosse dal ricorrente. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e la parte deve essere condannata al pagamento delle spese del presente giudizio non risultando dal ricorso per cassazione la sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 152 disp. att. c.p.c. (nel testo modificato dalla L. 24 novembre 2003, n. 326) per poter beneficiare della esenzione dal pagamento delle spese processuali. Nella liquidazione delle spese deve tenersi conto della limitata attività difensiva svolta dalla parte intimata, che non ha depositato controricorso ma solo ha rilasciato procura in calce al ricorso per cassazione notificatole, sicchè deve riconoscersi solo il diritto al rimborso delle spese per il rilascio della procura e gli onorari per lo studio della controversia e la discussione orale (Cass., 19 gennaio 2006, n. 1016).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 1100 di cui Euro 100 per esborsi, oltre al 15% di spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2016

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