Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23129 del 14/11/2016
Cassazione civile sez. II, 14/11/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 14/11/2016), n.23129
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4381/2012 proposto da:
S.G., (OMISSIS), S.P.C. (OMISSIS),
elettivamente domiciliate in ROMA, VIA MARTIN SICURO 5, presso lo
studio dell’avvocato ANTONIETTA MASTRANGELO, rappresentate e difese
dall’avvocato ADRIANO RODOLFO CAVALLARO nominato con procura
notarile del 24.6.2016 in Riposto Rep. n. (OMISSIS) per Notaio Dott.
PA.FI.;
– ricorrenti –
contro
P.G., (OMISSIS), T.M. (OMISSIS), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA CONTE ROSSO 5, presso lo studio
dell’avvocato MARIO VITALE, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 354/2011 del TRIBUNALE SEDE DISTACCATA DI 44
GIARRE, depositata il 15/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;
udito l’Avvocato ADRIANO CAVALLARO, difensore delle ricorrenti, che
preliminarmente ha chiesto che sanata la nomina conferitagli con la
procura notarile successivamente depositata; nel merito ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SALVATO Luigi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
S.G. e S.P.C., con atto di citazione del 2005, convenivano in giudizio, davanti al Giudice di Pace di Giarre, P.G. e T.M., e premettendo: di essere proprietarie di tre appartamenti, posti al primo e al secondo piano, oltre area soprastante e garage facenti parte dell’edificio condominiale sito in (OMISSIS); che nello stesso edificio risiedono quali proprietari di un appartamento e dell’annessa porzione di terreno ad esso adiacente, i sigg. P.G. e T.M., nonostante tale porzione di terreno risultasse vincolata a villetta per destinazione del padre di famiglia, in conseguenza di disposizione contrattuale, avevano realizzato sul terreno, previa cementazione della relativa area; un gazebo. Chiedevano il ripristino dello stato di villetta mediante la rimozione del gazebo e la riconversione della terrazza cementata.
Si costituivano i sigg. P. e T. i quali contestavano le domande di parte attorea asserendo la regolarità dell’opera sia per l’inesistenza di vincoli imposto all’atto di compravendita e sia perchè realizzata in conformità a quanto previsto dalla L.R. n. 4 del 2003, art. 20.
Il Giudice di Pace di Giarre, espletata l’istruttoria anche con CTU, con sentenza n. 465 del 2007 rigettava la domanda e compensava le spese di lite comprensive quelle relative alla CTU.
Il Tribunale di Catania, pronunciandosi su appello delle sigg.re S.G. e S.S.C., e su appello incidentale dei sigg. P. – T. relativo alla compensazione delle spese disposta dal Giudice di Pace, con sentenza n. 354 del 2011 rigettava l’appello e, in accoglimento dell’appello incidentale, condannava gli appellanti principali al pagamento delle spese di lite del doppio grado del giudizio. Secondo il Tribunale di Catania, la costruzione del gazebo non determinerebbe una violazione della clausola contrattuale di vendita con cui era stato convenuto che lo spazio in cui è stata realizzata la struttura da qua fosse adibito a villetta, perchè, essendo un manufatto facilmente montabile e smontabile non collegato ad alcun corpo di fabbricato, non integrava gli estremi di una costruzione. Il gazebo, comunque, non alterava il decoro architettonico dell’edificio. La sentenza impugnata andava, invece, riformate in ordine al regolamento delle spese di lite, dato che il Giudice di pace non avrebbe applicato il principio di soccombenza, come, invece, avrebbe dovuto fare.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da S.G. e S.P.C. con ricorso affidato a tre motivi. I coniugi P. T. hanno resistito con controricorso. In data 1 luglio 2016 l’avv. Cavallaro ha depositato atto di procura, con il quale i sigg. S. hanno conferito procura speciale alle liti all’avv. Cavallaro Adriano.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, va esaminata l’eccezione avanzata da parte controricorrente e relativa alla mancanza di procura. In particolare, parte controricorrente, eccepisce che, nel caso in esame, manca del tutto la procura dato che si fa riferimento al mandato conferito in primo grado del giudizio nel quale, però mancherebbe, uno specifico riferimento al giudizio di legittimità.
1.1.- L’eccezione è fondata.
L’art. 365 c.p.c., prevede che il ricorso debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo “munito di procura speciale”. Il successivo art. 366 prevede, inoltre, che il ricorso debba tra l’altro contenere, sempre a pena di inammissibilità, “l’indicazione della procura, se conferita con atto separato”. Dal combinato disposto di tali norme emerge che il difensore che sottoscrive il ricorso deve essere munito di “procura speciale”, ovvero deve essere investito dalla parte in maniera non equivoca di mandato a ricorrere per la cassazione della sentenza emessa dal giudice di merito (Cass. 22.11.96 n. 10309, 14.12.94 n. 10696). Per la espressione di tale volontà della parte non occorrono particolari formule, essendo sufficiente l’atto di conferimento in calce od a margine dei ricorso, il quale esplicita con chiarezza l’intenzione di conferire al difensore il mandato di rappresentanza e difesa in sede di legittimità (purchè, ovviamente, sia certo che la procura fu rilasciata anteriormente alla notifica del ricorso stesso, Cass. 7.4.97 n. 2970, 20.6.96 n. 8372 e 17.3.95 n. 3111).
A questa funzione, però, non assolve la procura conferita in precedente grado di giudizio, pur se riferita ai gradi successivi, in quanto in questi casi manca il requisito della specialità (ovvero dell’esplicito riferimento al giudizio di cassazione), richiesto dalla legge (Cass. 13.2.99 n. 1215, 9.10.98 n. 10033, 4.8.95 n. 8570 e numerose altre conformi).
Va, altresì, chiarito che la procura depositata in data 1 luglio 2016 non è idonea a sanare il difetto di cui si dice. L’art. 365 c.p.c., in quanto dispone che il ricorso sia sottoscritto da un avvocato munito di procura speciale, individua un altro requisito della specialità, che è dato dal non poter essere la procura rilasciata dopo che del ricorso è stata chiesta (od eseguita, secondo Cass. 27.3.1980 n. 2098, Cass. 15.4.1980 n. 2449) la notificazione: la necessità di tale requisito si desume dal confronto tra l’art. 365 e l’art. 125 c.p.c. (Cass. n. 1770 del 2014).
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile e i ricorrenti, in ragione del principio di soccombenza, condannati al pagamento delle spese del giudizio, che vengono liquidate con il dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 7 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2016