Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25743 del 14/12/2016
Cassazione civile, sez. lav., 14/12/2016, (ud. 28/09/2016, dep.14/12/2016), n. 25743
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6477-2011 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in
persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
Avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, ALESSANDRO RICCIO, giusta
delega in atti;
– ricorrente –
contro
L.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA S. COSTANZA 27, presso lo studio dell’avvocato LUCIA
MARINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ISIDE
PASINI, giusta delega in atti;
– controricorrente –
nonchè contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE C.F. (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 153/2010 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,
depositata il 16/06/2010 R.G.N. 433/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28/09/2016 dal Consigliere Dott. BERRINO UMBERTO;
udito l’Avvocato RICCI MAURO;
udito l’Avvocato MARINI ELISABETTA per delega Avvocato MARINI LUCIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CELENTANO CARMELO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 18/3 – 15/6/2010 la Corte d’appello di Brescia, in riforma della sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede, ha condannato l’Inps a corrispondere all’appellante L.G. l’assegno di invalidità con decorrenza dalla revoca della pensione di inabilità, oltre gli interessi sui ratei maturati e le spese del doppio grado di giudizio, dopo aver rilevato che il consulente tecnico nominato d’ufficio in primo grado aveva accertato che l’assistita era, comunque, risultata essere portatrice di un grado di invalidità dell’80%, come tale sufficiente per il riconoscimento del predetto beneficio.
Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con un solo motivo.
Resiste con controricorso la L..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con un solo motivo l’Inps si duole della violazione e falsa applicazione della L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che la Corte di merito è incorsa in errore nel riconoscere alla L. l’assegno di invalidità in quanto, dopo aver accertato che l’assistita versava nella condizione sanitaria per poter beneficiare di tale provvidenza anche dopo la revoca in sede amministrativa del riconoscimento dell’invalidità civile totale, non ha tenuto conto della circostanza che la medesima avrebbe dovuto provare la sussistenza dell’ulteriore requisito socio-economico. Invece, aggiunge l’Inps, la L. non aveva dato prova della sussistenza di tale requisito, rappresentante un elemento costitutivo del beneficio riconosciuto, nè tantomeno nella sentenza impugnata era fatto riferimento alla ricorrenza dello stesso.
Quindi, la questione cui questa Corte è chiamata a pronunciarsi è se, in assenza di esplicita richiesta di assegno mensile di assistenza della L. n. 118 del 1971, ex art. 13 e in presenza di richiesta volta ad accertare solo la sussistenza del più grave stato di invalidità civile di cui all’art. 12 della stessa legge, pur ammettendosi implicitamente ricompresa nella seconda domanda la prima, per potersi pronunziare su quest’ultima, devono essere provati dal richiedente ed accertati dal giudice i requisiti socio economici previsti per l’assegno mensile, consistiti nel possesso di redditi inferiori ai limiti di legge e nell’incollocamento al lavoro.
2. Il ricorso è fondato.
Invero, ha ragione la difesa dell’Inps a sostenere che la Corte territoriale è incorsa in errore nel momento in cui, una volta accertata la ricorrenza del requisito sanitario per il riconoscimento dell’assegno di invalidità, pur dopo la revoca in sede amministrativa dell’originaria prestazione della pensione di invalidità civile, non ha verificato la sussistenza del concorrente requisito socio-economico, rappresentante anch’esso un elemento costitutivo del diritto alla fruizione dell’assegno di invalidità.
Si è, infatti, affermato (Cass. Sez. Lav. n. 3688 del 24.2.2015) che “la domanda giudiziale di ripristino della prestazione assistenziale, al pari di quelle concernenti il diritto ad ottenere per la prima volta prestazioni negate in sede amministrativa, non dà luogo ad un’impugnativa del provvedimento amministrativo di revoca, ma riguarda il diritto del cittadino ad ottenere la tutela che la legge gli accorda, sicchè il giudice è chiamato ad accertare se sussista, o meno, il diritto alla prestazione, verificandone le condizioni di esistenza alla stregua dei requisiti richiesti dalla legge, vigente al momento della nuova domanda, trattandosi del riconoscimento di un nuovo diritto del tutto diverso, ancorchè identico nel contenuto, da quello estinto per revoca.” (conf. a Cass. sez. lav. n. 392 del 12.1.2009).
3. Nè può parlarsi di giudicato interno formatosi in merito al requisito socio – economico, come infondatamente sostenuto dalla difesa della controricorrente, perchè la precedenza prestazione revocata di cui quest’ultima era titolare era rappresentata dalla pensione di invalidità che è diversa dall’assegno di invalidità e presuppone requisiti differenti.
4. Pertanto, il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va cassata, con rinvio del procedimento alla Corte d’appello di Brescia che, in diversa composizione, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016