Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25678 del 14/12/2016
Cassazione civile, sez. trib., 14/12/2016, (ud. 28/10/2016, dep.14/12/2016), n. 25678
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17799/2011 R.G. proposto da:
B.G.A., elettivamente domiciliato in Roma, via dei
Gracchi, 209, presso lo studio dell’Avv. Alberto Buzzi, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende,
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Lombardia, n. 7/31/2011, depositata il 28/01/2011.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28
ottobre 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;
udito per il ricorrente l’Avv. Massimo Cammarota;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
SORRENTINO Federico, il quale ha concluso per il rigetto del
ricorso.
In applicazione del decreto del Primo Presidente in data 14 settembre
2016, il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione
semplificata.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. B.G.A. impugnava il silenzio rifiuto formatosi sulla sua istanza di rimborso del 50% delle trattenute Irpef operate nel 2000 sulle somme percepite a titolo di incentivo all’esodo, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, avvenuta quando egli non aveva ancora compiuto 55 anni.
A sostegno della richiesta di rimborso, presentata il 19/1/2006, il contribuente invocava la sentenza della CGUE del 21 luglio 2005, causa C-207/2004, che ha ritenuto discriminatoria la disciplina (art. 19, comma 4-bis T.U.I.R.) che prevede la riduzione alla metà delle imposte dovute, sulla base di un differente limite di età, cinquanta anni per le donne e cinquantacinque per gli uomini.
La C.T.P. adita ha respinto il ricorso con decisione confermata dalla C.T.R della Lombardia.
Avverso la sentenza d’appello il contribuente propone ricorso per cassazione, con unico mezzo.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Con l’unico motivo di ricorso il contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la C.T.R. tenuto conto della peculiarità della fattispecie, caratterizzata dall’intervento della Corte di giustizia (sentenza 21 luglio 2005, causa C-207/04, Vergani, e successiva ordinanza 16 gennaio 2008, cause da C128/07 a C-131/07, Molinari e aa.), che sottrarrebbe il caso in esame all’operatività dell’istituto della decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38.
3. Il motivo è infondato.
La questione con essa sollevata trova nella giurisprudenza di questa Corte soluzione ormai ferma nel senso che “in tema di rimborso delle imposte sui redditi, l’indebito tributario è soggetto ai termini di decadenza o prescrizione previsti dalle singole leggi di imposta, qualunque sia la ragione della non debenza, quali l’erronea interpretazione o applicazione della legge fiscale, il contrasto con norme di diritto comunitario, ovvero uno jus superveniens con applicabilità retroattiva” (Cass. Sez. U, n. 13676 del 16/06/2014, Rv. 631442; conf. Sez. 5, n. 15276 del 10/06/2008; Sez. 5, n. 5978 del 17/03/2006, Rv. 588561; Sez. 5, n. 17918 del 06/09/2004, Rv. 576786).
La scadenza del termine per richiedere il rimborso determina il consolidamento dei rapporti di dare ed avere tra contribuente ed erario e l’esaurimento dello stesso rapporto tributario (v. Cass. 9223/2011), con la conseguenza che il contenuto dello stesso non può più essere rimesso in discussione. Ne deriva che anche le richieste di rimborso dei tributi incompatibili con la normativa comunitaria devono essere presentate entro i termini di decadenza, termini che non contrastano con le disposizioni comunitarie (v. Cass. nn. 13676/2014; 17009/2012; 2809/2005; 7173/2002; 7178/2004; 11316/2000).
D’altra parte, anche la Corte di giustizia CE ha espressamente affermato che “il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre un termine nazionale di decadenza alle azioni di rimborso di tributi percepiti in violazione di disposizioni comunitarie, anche se questo Stato membro non ha ancora modificato la propria normativa interna per renderla compatibile con tali disposizioni” (sentenza 17 novembre 1998, causa C-228/96, Fallimento Aprile S.r.l. c/ Amm. Finanz., pt. 45).
Regola, questa, che trova la sua ragion d’essere nella superiore esigenza di garantire la stabilità e la certezza del bilancio dello Stato, sul versante delle entrate.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Trattandosi di soluzione interpretativa consolidatasi successivamente alla proposizione del ricorso, sussistono i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese processuali.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016