Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26386 del 20/12/2016
Cassazione civile, sez. II, 20/12/2016, (ud. 17/11/2016, dep.20/12/2016), n. 26386
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22724-2011 proposto da:
C.V., G.V., F.C.A.,
G.G. nato a (OMISSIS), F.A.,
C.M.G., elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato
SABINO DI GREGORIO, rappresentati e difesi dall’avvocato COSIMO
PALAZZO;
– ricorrenti –
contro
A.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO
22, presso lo studio dell’avvocato MARCO TRONCI, rappresentato e
difeso dall’avvocato NICOLA DE PIETRO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 430/2011 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 09/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito l’Avvocato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SGROI Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
A.C. notificò atto di citazione del 24/4/1990 a T.V.G. davanti a Tribunale di Brindisi. L’attore dedusse che, con atto pubblico del 24/1/1979, unitamente a S.G.F., V.G., G., A., G. e Gi., nonchè A.E., M.L., Ma. e V., aveva venduto a T.G.V. la zona di terreno in (OMISSIS), estesa circa are 12, censita in catasto al fol. (OMISSIS), particella (OMISSIS); mentre, con atto pubblico di divisione per notar R. dell'(OMISSIS), gli era stata attribuita la particella 465 dello stesso foglio di mappa, confinante a sud con la zona acquistata da T.G.V., la quale, immessasi nel possesso della zona a lei venduta, si era appropriata di una maggiore estensione di circa 300 mq., sottraendola alla particella (OMISSIS) e successivamente recintandola con una muratura in blocchi. A.C. chiese perciò al Tribunale di Brindisi la condanna della T. al rilascio della superficie di cui si era appropriata e la sua domanda venne accolta dal primo giudice con sentenza n. 1330/1993. Questa pronuncia era stata impugnata innanzi alla Corte d’Appello di Lecce per mancata integrità del contraddittorio con accoglimento del gravame e rimessione al primo giudice ex art. 354 c.p.c. Riassunta la causa, si costituivano con comparsa del 2 novembre 1999 T.G. e F.N., in qualità di eredi di T.G.V., chiedendo riconvenzionalmente di dichiararsi l’avvenuta usucapione della superficie contestata, ovvero subordinatamente la corresponsione delle indennità per i miglioramenti e le addizioni eseguite, o ancora riconoscersi l’accessione invertita. Con sentenza n. 347/2006 il Tribunale di Brindisi accoglieva la domanda attorea di rilascio e rigettava le riconvenzionali. Proposto appello da T.G. e F.N., nel corso del relativo giudizio si costituiva A.V. quale erede di A.C.. La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza n. 430/2011 del 9 maggio 2011, rigettava l’impugnazione. La Corte di merito riteneva i motivi di appello generici e comunque privi di fondatezza.
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce hanno proposto ricorso per cassazione C.V., G.V., F.C.A., G.G., F.A. e C.M.G., tutti quali eredi di T.G., deceduto il (OMISSIS), articolato in tre motivi.
Resiste con controricorso A.V..
Con ordinanza del 14 gennaio 2016 questa Corte ordinava l’integrazione del contraddittorio del contraddittorio nei confronti di F.N.. Su conforme rilievo del controriccorrente, veniva evidenziato come, a seguito della morte della convenuta, nonchè attrice in riconvenzionale, T.G.V., nel corso del giudizio davanti al Tribunale di Brindisi si erano costituiti con comparsa del 2 novembre 1999 T.G. e F.N., in qualità di eredi della stessa T.G.V., e gli stessi avevano proposto appello davanti alla Corte d’appello di Lecce. T.G. e F.N., avendo pertanto ricevuto la loro legittimazione processuale attiva e passiva quali eredi di T.G.V., si trovano, per tutta l’ulteriore durata del processo, nella posizione di litisconsorti necessari per ragioni processuali, indipendentemente dalla natura del rapporto sostanziale controverso, dal che la ravvisata necessità di integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti di F.N..
L’ordinanza del 14 gennaio 2016, non andando a buon fine la trasmissione della comunicazione a mezzo posta elettronica certificata ai difensori dei ricorrenti operata il 14 gennaio 2016 (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 11383 del 31/05/2016), veniva comunicata agli stessi ricorrenti, che non avevano eletto domicilio in Roma, mediante deposito in cancelleria in data 21 gennaio 2016, ai sensi degli artt. 136 e 366 c.p.c.
Risultando, pertanto, che nessuna delle parti abbia provveduto all’integrazione del contraddittorio nel termine fissato di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza ex art. 331 c.p.c. del 14 gennaio 2016, il ricorso va dichiarato inammissibile (riferendosi, invero, l’improcedibilità d ex art. 371-bis c.p.c. al difetto del diverso e successivo adempimento del deposito dell’atto di integrazione del contraddittorio debitamente notificato).
Consegue altresì la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione in favore del controricorrente.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida per in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016