Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26894 del 23/12/2016
Cassazione civile, sez. un., 23/12/2016, (ud. 13/09/2016, dep.23/12/2016), n. 26894
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Pres.te f.f. –
Dott. DI AMATO Sergio – Presidente Sezione –
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione –
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente Sezione –
Dott. CURZIO Pietro – rel. Pres. Sezione –
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente Sezione –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente Sezione –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22858-2014 proposto da:
M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO
EMILIO 71, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA MARCHETTI, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA LIPPI, per
delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, RAGIONERIA TERRITORIALE DELLO STATO DI PISA, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 242/2014 della CORTE DEI CONTI – Prima Sezione
giurisdizionale centrale di appello – ROMA, depositata il
12/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/09/2016 dal Presidente Dott. CURZIO PIETRO;
uditi gli avvocati Simonetta MARCHETTI, Andrea LIPPI e Bruno DETTORI
per l’Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IACOVIELLO
FRANCESCO MAURO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
RAGIONI DELLA DECISIONE
M.F., titolare di pensione militare privilegiata di 7^ cat. aggiornata al costo della vita con l’indennità integrativa speciale, ha prestato lavoro alle dipendenze di un’amministrazione pubblica sino al 28 febbraio 1997 ed in seguito è divenuto titolare di pensione INPS (INPDAP).
La Ragioneria territoriale dello Stato di Pisa, a causa, prima dello svolgimento di altro lavoro poi della percezione di pensione INPS, non ha mai corrisposto indennità integrativa speciale e 13ma in misura integrale (700,00 Euro circa) sulla pensione privilegiata, ma solo in misura idonea a garantire il c.d. minimo INPS (353,08 Euro).
Il ricorrente, prima in sede amministrativa, poi con ricorso alla Corte dei conti, ne chiese la corresponsione in misura integrale, tanto per il periodo in cui aveva lavorato percependo una retribuzione, che per il periodo di percezione della pensione INPS.
La Corte respinse la prima domanda per prescrizione. Il ricorrente non propose appello. Appellò invece la parte della sentenza relativa al periodo successivo al pensionamento INPS (INPDAP), precisando che la Corte dei conti aveva applicato un principio (quello del divieto di cumulo della indennità integrativa speciale su plurimi trattamenti pensionistici), applicabile esclusivamente alle pensioni liquidate prima del 1 gennaio 1995, epoca di entrata in vigore della riforma pensionistica, poichè sino a quell’epoca le pensioni venivano aggiornate al costo della vita mediante indennità integrativa speciale, mentre la riforma aveva inglobato l’indennità integrativa speciale nel trattamento base.
Nell’appello si sostenne che non si era in presenza di un caso di doppia percezione dell’ indennità integrativa speciale in costanza di un duplice trattamento pensionistico, ma invece di un soggetto che gode di una pensione tabellare (con indennità integrativa speciale corrisposta al minimo INPS) e di una pensione INPS (INPDAP) per la quale l’indennità integrativa speciale non è prevista, con la conseguenza che era stata negata la indennità integrativa speciale integrale ad un soggetto titolare di un unico trattamento di pensione che preveda l’indennità integrativa speciale.
La Corte dei conti sezione centrale di appello tuttavia respinse l’impugnazione, confermando la decisione di primo grado, salvo che sul punto relativo alle spese.
Contro tale decisione il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione. La Ragioneria territoriale – Ministero dell’economia e delle finanze, si sono difesi con controricorso.
Il ricorrente denunzia, con unico motivo, “violazione degli artt. 103, 111 e 117 Cost. per eccesso di potere giurisdizionale e violazione del limite esterno di giurisdizione”.
La tesi del ricorrente è che la Corte dei conti avrebbe creato una norma, in quanto la disciplina vigente prevede la limitazione del secondo trattamento pensionistico nei limiti del minimo INPS solo nel caso di percezione di due trattamenti che contemplino l’indennità integrativa speciale.
Il ricorso è inammissibile.
Le sentenze della Corte dei conti possono essere impugnate dinanzi alle sezioni unite della Corte di cassazione solo per motivi attinenti alla giurisdizione (art. 111 Cost., art. 362 c.p.c.). Al di fuori di questo ambito il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente sostiene che la Corte dei conti con la sentenza impugnata avrebbe travalicato i confini della sua giurisdizione perchè si è sostituita al legislatore, creando una nuova norma. La tesi non è condivisibile.
La sentenza di appello premette che la riforma pensionistica ha previsto l’inglobamento della indennità integrativa speciale, che ha così cessato di essere elemento autonomo del trattamento. Ma la Corte sostiene che in tal modo ciò che prima veniva percepito con imputazione distinta in seguito ha continuato comunque ad essere percepito sebbene inglobato in altra voce. Questa constatazione comporta che il mutamento è meramente formale e che, sul piano fattuale, l’importo della indennità integrativa speciale continua ad essere percepito su entrambi i trattamenti economici. Ciò porta la Corte a ritenere che il divieto (peraltro parziale) di cumulo persiste e che di conseguenza sulla seconda pensione (quella privilegiata di cui si discute) l’indennità integrativa speciale deve essere percepita nella misura minore in cui viene versata al ricorrente (e cioè nei limiti necessari per ottenere l’integrazione della pensione sino all’importo corrispondente al trattamento minimo previsto per i fondi pensione lavoratori dipendenti, c.d. minimo INPS).
La scelta della Corte rientra nella sfera della sua giurisdizione in quanto attiene alla interpretazione della normativa. Non vi è pertanto nè invasione della sfera del potere legislativo, nè superamento dei limiti c.d. esterni della giurisdizione. Il ricorso per cassazione, di conseguenza, è inammissibile.
L’inammissibilità comporta la condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità ed il raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del Ministero dell’economia e finanze, controricorrente, liquidandole in 3.000,00 Euro per compensi professionali, oltre 15% per spese forfetarie ed accessori. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del medesimo art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016