Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27481 del 30/12/2016
Cassazione civile, sez. trib., 30/12/2016, (ud. 16/12/2016, dep.30/12/2016), n. 27481
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11336-2012 proposto da:
SOGEPIM SOCIETA’ GESTIONE IMMOBILIARE SRL in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato MARIO
CONTALDI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati
GIANLUCA CONTALDI, STEFANIA CONTALDI giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DI ROMA UFFICIO (OMISSIS) in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione –
avverso la sentenza n. 43/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,
depositata il 15/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/12/2016 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GIANLUCA CONTALDI per delega
dell’Avvocato MARIO CONTALDI che ha chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GIACALONE Giovanni che ha concluso per l’accoglimento per quanto di
ragione del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La SO.GE.P.IM. s.r.l. impugna la sentenza della CTR del Lazio n. 43/2711, depositata il 15/3/2011, che ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che, in accoglimento del ricorso della contribuente, aveva annullato l’avviso di liquidazione della maggiore imposta (INVIM decennale) dovuta dalla società, la quale sosteneva di aver erroneamente indicato il valore finale relativo al 31/12/2002, anzichè quello al 31/12/1992, con riguardo a tre immobili.
Osservava il giudice di appello che solo dopo la notificazione dell’avviso di accertamento ai fini dell’INVIM decennale, emesso dall’Ufficio sulla base dei valori finali indicati dalla stessa contribuente, quest’ultima aveva ritenuto di emendare, in sede giurisdizionale, la dichiarazione affetta – in tesi – da errore, non più emendabile allorquando l’Amministrazione finanziaria abbia emesso l’atto impositivo, che individua il momento conclusivo del procedimento di accertamento della obbligazione tributaria.
A sostegno del ricorso per cassazione la contribuente adduce due motivi, mentre l’intimata Agenzia delle Entrate si costituisce al solo fine di partecipare, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, all’udienza di discussione orale. La società ricorrente deposita memoria ex art. 378 c.p.c..
Il Collego ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente società, con il primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 53, 3, 97 e 113 Cost., nonchè dell’art. 1429 c.c., n. 2, giacchè la CTR, pur in assenza di una norma che disponga in tale senso, ha limitato temporalmente l’emendabilità della dichiarazione affetta da errori alla fase antecedente l’emissione dell’atto impositivo, che dei dati erronei contenuti nella dichiarazione ha tenuto conto, in quanto momento conclusivo del procedimento di accertamento della obbligazione tributaria.
La ricorrente, con il secondo motivo, denunzia violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 2, giacchè la questione concernente la non emendabilità della dichiarazione, in difetto di una dichiarazione rettificativa della contribuente, era posta dall’Agenzia delle Entrate per la prima volta in appello.
La censura svolta nel primo motivo è fondata ed il ricorso, con assorbimento del secondo motivo, merita accoglimento.
Per un’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte “l’emendabilità, da parte del contribuente, degli errori, anche non meramente materiali o di calcolo, contenuti in dichiarazioni (o, comunque, in atti dei medesimi costituenti il presupposto dell’imposizione fiscale), va riconosciuta, essendo espressione di un principio generale del sistema tributario, atteso che la dichiarazione non ha valore confessorio, nè costituisce fonte dell’obbligazione tributaria – inserendosi nell’ambito di un più complesso procedimento di accertamento e di riscossione – ed alla luce dei principi costituzionali di capacità contributiva e di buona amministrazione (i quali rendono intollerabile un sistema legale che impedisca al contribuente di dimostrare l’inesistenza di fatti giustificativi del prelievo), nonchè del principio – esistente ancor prima dell’espresso riconoscimento contenuto nella L. n. 212 del 2000, art. 10 – della collaborazione e della buona fede, che deve improntare i rapporti tra lui ed amministrazione finanziaria” (Cass. n. 12754/2011; da ultimo, per il caso di errori ed omissioni nella dichiarazione dei redditi, S.U. n. 13378/2016).
Ne consegue che, in tema di imposta di successione (alla cui disciplina generale rinvia, per quanto qui interessa, quella dell’INVIM), “il contribuente può procedere alla rettifica di errori di qualsiasi genere, contenuti nella dichiarazione, anche dopo la scadenza del termine per la presentazione, di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 31 salva l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 50 e s., e con effetti diversi, a seconda che la modifica abbia luogo prima della notificazione dell’avviso di liquidazione della maggiore imposta, ovvero successivamente alla stessa: nel primo caso, infatti, l’Ufficio è tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l’esercizio dei suoi poteri in ordine ai valori emendati, ma con onere della prova a carico dell’Amministrazione, mentre, nella seconda ipotesi, pur non potendo considerarsi precluso l’esercizio della facoltà di correzione, quest’ultima, venendo necessariamente ad operare in sede contenziosa, pone a carico del contribuente l’onere di dimostrare la correttezza della modifica proposta. Ne consegue che l’ufficio deve prendere in considerazione la rettifica della dichiarazione, ai fini della liquidazione della predetta imposta, anche quando quest’ultima sia già stata liquidata in base alla dichiarazione originaria, altrimenti spettando tale valutazione al giudice tributario” (Cass. n. 11192/2013; n. 20852/2007, n. 5361/2006).
Va, pertanto, ribadito il principio secondo cui la dichiarazione dei redditi del contribuente, se affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione, è emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico, con il solo limite temporale derivante dall’esaurimento, provocato dal trascorrere del tempo o dal sopravvenire di decadenze, del rapporto tributario cui inerisce la dichiarazione, ovvero, in assenza di tali evenienze, anche dopo l’emissione di un provvedimento impositivo, nell’ambito del processo tributario.
La CTR, nel caso in specie, non ha fatto corretta applicazione dei suesposti principi perchè ha ritenuto di escludere la emendabilità della dichiarazione della società SO.GE.P.IM. sulla scorta della affermazione, contenuta nella impugnata sentenza, che si trattava di “un esercizio tardivo e pertanto inefficace del potere riconosciuto al contribuente, in quanto effettuato dopo che il procedimento di accertamento dell’obbligazione tributaria era già concluso”, senza correlare, invece, siffatta conclusione a specifiche disposizioni di legge – non indicate – ed alle preclusioni provocate dal trascorrere del tempo o dal sopravvenire di decadenze, e quindi, nonostante il diritto del contribuente di contestare il provvedimento impositivo, fornendo prova delle circostanze dedotte, e cioè degli errori pretesamente presenti nella dichiarazione fiscale.
E poichè nella impugnata decisione è stata omessa alcuna valutazione in ordine alla fondatezza delle deduzioni sollevate, in sede contenziosa, dalla società ricorrente, in conseguenza dell’erroneamente ritenuta non emendabilità della dichiarazione per l’applicazione dell’INVIM decennale, la sentenza va cassata con rinvio alla CTR del Lazio, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese dei giudizio di cassazione, alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016