Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 163 del 05/01/2017

Cassazione civile, sez. lav., 05/01/2017, (ud. 11/10/2016, dep.05/01/2017),  n. 163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19281-2012 proposto da:

M.L., c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA G.B. MORGAGNI 2/A, presso lo studio dell’avvocato UMBERTO

SEGARELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MARIA DI PAOLO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI TERNI, C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALESSANDRO ALESSANDRO, giusta delega in atti;

– MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 34/2012 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 17/05/2012 R.G.N. 504/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2016 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato DI PAOLO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto e affermazione del

giudice amministrativo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Perugia, con la sentenza n. 34/12, depositata il 17 maggio 2012, nel pronunciare sull’impugnazione principale proposta dal MIUR nei confronti di M.L. e del Comune di Terni, in ordine alla sentenza non definitiva del Tribunale di Terni n. 439 del 2007, e alla sentenza definitiva del medesimo Tribunale n. 277 del 2010, e sugli appelli incidentali proposti da M.L., nei confronti della sentenza definitiva, e dal Comune di Terni, dichiarava il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria e respingeva l’appello incidentale.

2. Con ricorso al Tribunale di Terni, M.L. aveva esposto di essere dipendente del Comune di Terni, inquadrata nella categoria D, posizione economica D5, ex 8 qualifica funzionale, con profilo di funzionario amministrativo, titolare di posizione organizzativa.

Nell’anno scolastico 1988-1989 era stata insegnante di ruolo nella scuola media superiore, presso l’Istituto tecnico commerciale statale di Narni.

Nel mese di maggio del 1989, il Preside dell’Istituto le aveva comunicato che, nell’anno scolastico 1989-1990, si sarebbe trovata in posizione soprannumeraria nell’organico di diritto e che, pertanto, sarebbe stata soggetta a trasferimento d’ufficio.

Pertanto la M. aveva proposto domanda di mobilità, ai sensi del D.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, art. 4, chiedendo di essere trasferita in via alternativa a varie amministrazioni, fra cui il Comune di Terni.

Il Provveditore agli Studi di Terni aveva negato l’assenso al trasferimento, poichè a proprio avviso la lavoratrice non rientrava tra il personale in esubero.

Proposto ricorso al TAR Umbria avverso il provvedimento di diniego, la domanda incidentale di sospensione veniva accolta. In conseguenza di ciò il Comune di Terni ammetteva la M. con riserva alla procedura di mobilità, inserendola nella prima posizione della graduatoria per i posti di funzionario direttivo amministrativo, già 8 qualifica funzionale.

L’immissione in servizio veniva procrastinata fino alla decisione definitiva del TAR intervenuta con sentenza depositata il 10 novembre 1993, che accoglieva i ricorsi della M. e annullava i provvedimenti con cui era stato negato l’assenso alla mobilità.

Il Provveditore quindi prestava l’assenso al trasferimento. Il MIUR proponeva appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del TAR. Il Consiglio di Stato rigettava l’istanza di sospensione della esecuzione della sentenza del TAR e, in conseguenza di ciò, il Provveditore agli studi disponeva il trasferimento della M. al Comune di Terni a decorrere dal 1 febbraio 1995.

Con sentenza depositata il 20 novembre 2000 il Consiglio di Stato respingeva l’appello del MIUR.

Il Comune aveva poi negato alla M. la qualifica dirigenziale, nonostante avesse promosso a tale categoria il restante personale di 8 qualifica (in ragione del passaggio del Comune stesso alla classe 1/A disposto dal Ministero dell’interno il 16 giugno 1990).

3. Tanto premesso, la M. adiva il Tribunale di Terni chiedendo che fosse dato atto dell’illegittimità dei provvedimento di diniego emesso dal Provveditore agli studi di Terni il 20 ottobre 1989, accertato con le sentenze del TAR e del Consiglio di Stato, e che fosse accertato il diritto della stessa a essere inquadrata nei ruoli del Comune di Terni dal 14 novembre 1990 o dal 14 dicembre 1990, e l’illegittimità della mancata attribuzione della qualifica dirigenziale, con condanna del Comune ad inquadrarla nei propri ruoli con la decorrenza e la qualifica indicate e a corrisponderle le differenze retributive conseguenti, se del caso in solido con il MIUR. Chiedeva, altresì, la condanna di entrambi gli enti, anche in solido, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa del mancato inquadramento nei ruoli del Comune con la decorrenza corretta.

4. Il Tribunale di Terni, con sentenza non definitiva n. 439 del 2007, dichiarava la propria giurisdizione a conoscere la controversia.

Con sentenza definitiva n. 277 del 2010 il Tribunale, accertata l’illegittimità di due delibere del Comune di Terni, dichiarava il diritto della M. ad essere inquadrata nei ruoli del Comune dal 14 novembre 1990, con qualifica e profilo professionale di funzionario direttivo amministrativo; condannava, quindi, il MIUR al risarcimento dei danni subiti dalla M. per il ritardato inquadramento nella misura di Euro 39.373,56, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal 14 novembre 1990 al saldo. Dichiarava unici legittimati passivi il MIUR e il Centro servizi amministrativi di Terni, già Provveditorato agli studi, e dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Comune di Terni.

5. La Corte d’Appello, con la sentenza oggetto del presente ricorso, rilevava, quanto alla domanda di danni relativi al ritardato inquadramento nei ruoli del Comune, che la M., dopo che il giudice amministrativo aveva annullato il provvedimento del 16 giugno 1989, con il quale era stato negato l’assenso alla mobilità, e l’Amministrazione aveva nuovamente esaminato la vicenda, non aveva impugnato il decreto n. 21216 del 1994, con cui il provveditorato aveva assentito alla mobilità, e il decreto 35914 del 6 dicembre 1994, con cui era stata trasferita, una volta acquisito l’assenso del Comune di Terni.

Tali provvedimenti non potevano essere messi in discussione dinanzi al giudice ordinario per far valere il diritto al risarcimento del danno, in ragione della prospettata loro illegittimità (in quanto avevano determinato il trasferimento, chiesto nel 1989, tardivamente, solo dal 1995), atteso che, anche all’epoca dei fatti di causa, sussisteva la giurisdizione del giudice amministrativo per il risarcimento del danno conseguente a atti amministrativi illegittimi (L. n. 1034 del 1971, art. 7).

Sussisteva il difetto di giurisdizione anche sotto un altro profilo, perchè la domanda di risarcimento riguardava le maggiori retribuzioni non percepite nel periodo compreso fra il 1990 e il 1995, e dunque in un periodo anteriore alla devoluzione al giudice ordinario della giurisdizione in materia.

Il giudice di secondo grado, quindi, affermava che rientravano nella giurisdizione del giudice ordinario le sole questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le questioni relative al periodo anteriore erano, invece, devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, ma dovevano essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 dicembre 2000; nè, in difetto di tale tempestiva proposizione, esse possono formare oggetto di azione dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria.

In ragione di tali principi dichiarava, quindi, il difetto di giurisdizione in relazione alla domanda di riconoscimento del diritto all’inquadramento nei ruoli del Comune dal 14 novembre 1990 e a quella di condanna dell’Amministrazione comunale al pagamento di differenze retributive per il periodo 14 novembre 1990-31 gennaio 1995, e di entrambi i convenuti al risarcimento dei danni derivati dal ritardato accoglimento della domanda di mobilità.

5.1. Analoga declaratoria di difetto di giurisdizione veniva pronunciata con riguardo a una parte della domanda concernente il diritto all’inquadramento come dirigente dal 29 luglio 1991, e la conseguente condanna del Comune al pagamento delle differenze retributive del periodo 29 luglio 1991-30 giugno 2005, o in subordine, di entrambi i convenuti al risarcimento dei danni conseguenti al mancato inquadramento come dirigente.

Ciò perchè la domanda presupponeva l’accertamento dell’illegittimità di atti dell’amministrazione comunale di Terni che, anche se emanati entro il 30 giugno 1998, continuarono a spiegare effetti sullo status giuridico ed economico della ricorrente anche dopo quella data.

La ricorrente non aveva avuto il superiore inquadramento – come i dipendenti che erano in servizio con l’ottava qualifica funzionale nel 1991, responsabili di strutture organizzative – perchè a quelle data era ancora dipendente del Ministero, e solo nel febbraio 1995 era passata alle dipendenze del Comune, in ragione degli atti già sopra indicati adottati dall’Amministrazione dopo l’annullamento dell’atto di diniego alla mobilità.

In definitiva, affermava la Corte d’Appello, richiamando l’orientamento di cui alle sentenze Cass., S.U., n. 1809 del 2003, n. 3228 del 2004, n. 9154 del 2006, n. 11811 del 2008, che il difetto di giurisdizione copre tutte le domande, connesse all’asserito diritto alla qualifica dirigenziale, riguardante i crediti maturati fino al 30 giugno 1998.

Pertanto, accoglieva integralmente l’appello principale del Ministero, mentre quello incidentale del Comune veniva accolto parzialmente.

5.2. In relazione alla domanda proposta dalla M. di riconoscimento del diritto ad essere inquadrata come dirigente dell’ente locale e ad ottenere la condanna del Comune alla ricostruzione della carriera, con la conseguente condanna al pagamento delle differenze retributive e in subordine la condanna sia del Comune che del MIUR al risarcimento dei danni derivati dal mancato inquadramento a sua volta derivante dal ritardo nel trasferimento, la Corte d’Appello, per la parte ritenuta rientrante nella propria giurisdizione, confermava la statuizione del giudice di primo grado di difetto di legittimazione passiva del Comune e di rigetto della domanda.

Affermava che la prima domanda era inammissibile esulando dai poteri dell’autorità giudiziaria la condanna della pubblica amministrazione ad un facere. Alla preclusione dell’accertamento da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria conseguiva il rigetto della domanda risarcitoria.

In ogni caso la Corte d’Appello, escludeva la fondatezza della prima domanda, atteso che la riqualificazione del personale appartenente alla ottava qualifica funzionale, conseguente all’attribuzione al Comune di Terni della classe 1/A non era stata generalizzata, ma aveva riguardato i responsabili di strutture organizzative previste dalla pianta organica.

La M. non aveva fornito alcuna prova di aver ricevuto un incarico come responsabile di qualsivoglia struttura organizzativa, sia prevista in pianta organica, sia di fatto, che, se debitamente allegata, avrebbe potuto far presumere che analogo incarico le sarebbe stato conferito anche qualora fosse stata assunta nel 1990. Pertanto il presupposto della promozione alla qualifica di dirigente rimaneva una mera allegazione di parte sfornita di prova, con conseguente infondatezza delle pretese di pagamento di differenze retributive o di risarcimento danni.

6. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre M.L. prospettando 12 (recte: 13) motivi di impugnazione.

7. Resistono con controricorso il Comune di Terni e il MIUR.

8. Venendo in rilievo questione di giurisdizione, il Presidente aggiunto, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 1, ha delegato per la decisione la Sezione lavoro con decreto 15.3.2016.

9. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I primi quattro motivi di ricorso vertono sulla statuizione della Corte d’Appello che ha ritenuto il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, sussistendo quella del giudice amministrativo, in ordine alla domanda di inquadramento nei ruoli del Comune e pagamento differenze retributive, periodo 1990-1995, nonchè risarcimento dei danni conseguenti al ritardato passaggio al Comune di Terni, determinato da atti illegittimi.

2. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 1034 del 1971, artt. 7 e 10, della L. n. 2248 del 1865, artt. 2 e 4, all. E, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Si censura la statuizione relativa al difetto di giurisdizione in relazione alla domanda di risarcimento del danno per ritardato trasferimento intervenuto con decreto del 6 dicembre 1994.

La ricorrente deduce che il danno derivava dal precedente provvedimento di diniego alla mobilità annullato dal TAR, confermata dal Consiglio di stato nel 2000, e che fino alla riforma del 1998, quando veniva meno la giurisdizione del giudice amministrativo sulla materia del pubblico impiego contrattualizzato, l’Amministrazione non poteva essere convenuta in giudizio per il risarcimento dei danni derivanti da atti e provvedimenti.

Nel caso di giurisdizione esclusiva, inoltre, il risarcimento del danno poteva configurarsi solo nel caso di un diritto soggettivo perfetto, e nella specie la ricorrente si trovava in una situazione di interesse legittimo.

3. Con il secondo motivo di ricorso è prospettato difetto di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Ad avviso della ricorrente, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’Appello, con il provvedimento di trasferimento non era intervenuta una rivalutazione da parte dell’Amministrazione, ma solo la doverosa parziale, perchè provvisoria, esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali come affermato dalla Corte d’Appello. Pertanto non vi erano provvedimenti da impugnare e la M. solo nel 2000 diveniva titolare del diritto alla ricostruzione della carriera, e al risarcimento del danno, a seguito di sentenza del Consiglio di Stato.

4. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 1034 del 1971, art. 33 e dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

L’ottemperanza, ai sensi della disciplina sopra richiamata, era prevista solo per le sentenze passate in giudicato. La ricorrente, quindi, prima del 2000, quando il Consiglio di stato confermava la sentenza di primo grado, determinandone il passaggio in giudicato, era priva dei mezzi per azionare il diritto alla ricostruzione della carriera.

Una volta passata in giudicato la sentenza, doveva procedersi alla ricostruzione della carriera della ricorrente dal giorno in cui il MIUR/provveditorato non aveva concesso il nulla osta alla mobilità (1989).

5. Con il quarto motivo di ricorso è prospettata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45 e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69.

Assume la ricorrente che prima del 2000 non vi erano domande da proporre al TAR nel termine decadenziale del settembre 2000 (disciplina transitoria), atteso che non venivano in rilievo atti adottati prima del 1998, ma le conseguenze di un errore dell’Amministrazione risalente al 1990, accertato nel 2000.

6. Con il quinto motivo di ricorso è dedotta l’erronea e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

Assume la ricorrente che la Corte d’Appello contraddittoriamente, pur affermano il diritto della stessa al pagamento delle differenze retributive, ne esclude l’azionabilità dinanzi al giudice ordinario.

7. Con il sesto motivo di ricorso è dedotta la violazione della L. n. 2248 del 1865, artt. 2 e 3, all. E; violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69.

La Corte d’Appello avendo rilevato che un atto amministrativo aveva leso un diritto, e che tale lesione perdurava, avrebbe dovuto disapplicarlo.

8. I motivi da 1 a 6 devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati atteso che, in ragione della giurisprudenza di legittimità in materia di riparto di giurisdizione, sussiste il difetto di giurisdizione del giudice ordinario con riguardo alla domanda di ritardato inquadramento nei ruoli del Comune e danni periodo 1990-1995, come sopra precisato.

La tesi posta dalla ricorrente a fondamento del ricorso è che ella era nella impossibilità di agire prima del passaggio in giudicato della sentenza che aveva annullato il diniego alla mobilità.

E’ una tesi non fondata in quanto, come la giurisprudenza ha precisato, la domanda di risarcimento di un danno prodotto dall’esercizio illegittimo della funzione amministrativa è ammissibile senza che sia necessario attendere l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento amministrativo (Cass., S. U., n. 30254 del 2008, n. 11850 del 2016).

Pertanto, deve essere condivisa e confermata la decisione della Corte d’appello in ordine alla carenza di giurisdizione del giudice ordinario a decidere sulla domanda proposta per chiedere il risarcimento di un danno che si sarebbe determinato in ragione di un provvedimento del 1994, nella vigenza della giurisdizione del giudice amministrativo.

9. Con il settimo motivo di ricorso è dedotta contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto fondamentale della controversia.

Assume la ricorrente, che già aveva denunciato (pag. 31 del ricorso) l’erroneità del frazionamento della giurisdizione con riguardo alla domanda di inquadramento come dirigente dal 29 luglio 1991 e la conseguente domanda risarcitoria, che la motivazione non dà conto della mancata pronuncia sulla parte della domanda relativa alla mancata attribuzione della qualifica dirigenziale, con riguardo al periodo successivo al 30 settembre 1998, pur avendo la Corte d’Appello ammesso una dicotomia giurisdizionale in relazione a tale discrimine temporale.

10. Con l’ottavo motivo di ricorso è prospettata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, intendendosi censurare la statuizione relativa al difetto assoluto di giurisdizione nei confronti della domanda relativa all’inquadramento nella qualifica dirigenziale.

11. I motivi settimo e ottavo che pongono questione di giurisdizione con riguardo alle domande di inquadramento dirigenziale, differenze retributive e danni conseguenti alla mancata attribuzione della suddetta qualifica, devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.

12. Gli stessi sono fondati e vanno accolti, dovendosi dichiarare la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.

E’ oramai consolidato il principio secondo il quale, in tema di pubblico impiego contrattualizzato, la sopravvivenza della giurisdizione del giudice amministrativo, regolata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, costituisce, nelle intenzioni del legislatore, ipotesi assolutamente eccezionale, sicchè, per evitare il frazionamento della tutela giurisdizionale, quando il lavoratore deduce un inadempimento unitario dell’amministrazione, la protrazione della fattispecie oltre il discrimine temporale del 30 giugno 1998 radica la giurisdizione presso il giudice ordinario anche per il periodo anteriore a tale data, non essendo ammissibile che sul medesimo rapporto abbiano a pronunciarsi due giudici diversi, con possibilità di differenti risposte ad una stessa istanza di giustizia (cfr, ex plurimis, Cass., S.U., nn. 14687 del 2015, 3183 del 2012;6102 del 2012; 8520 del 2012; 142 del 2013).

Nel caso di specie, appunto, l’inadempimento si è protratto oltre il discrimine temporale del 30 giugno 1998, reclamando la ricorrente differenze retributive per periodo anteriore e successivo alla predetta data, ove la intervenuta contrattualizzazione del pubblico impiego esclude, peraltro, il difetto assoluto di giurisdizione.

Pertanto la domanda rientra nel suo insieme nella giurisdizione del giudice ordinario.

13. Con il nono motivo di ricorso è dedotta la violazione D.P.R. n. 347 del 1983, art. 2 e art. 40, e dell’art. 2697 c.c.. Si censura l’affermazione relativa al fatto che non era provato che, se subito trasferita la M. si sarebbe trovata nella condizione per ottenere la qualifica dirigenziale, dal momento che ciò era in re ipsa nella nuova classificazione ottenuta dal Comune.

14. Con il decimo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 2697 c.c., del D.P.R. n. 347 del 1983, art. 40 e dell’art. 2 del medesimo dPR.

Assume la ricorrente di aver offerto le necessarie prove documentali in ragione delle quali si evinceva che i criteri di attribuzione delle qualifiche dirigenziali seguiti dal Comune erano stati automatici.

15. Con l’undicesimo motivo di ricorso si prospetta la difettosa e contraddittoria motivazione della sentenza circa la ritenuta non automaticità dell’attribuzione della riqualificazione a seguito dell’attribuzione al Comune della classe A/1, risultando dagli atti che la riqualificazione fu automatica.

15.1. Tale motivo è ulteriormente specificato, con il secondo dodicesimo motivo di ricorso, esponendosi che sarebbe stato onere dell’Amministrazione produrre documentazione relativa alla non automaticità della riqualificazione.

16. All’accoglimento del settimo e dell’ottavo motivo di ricorso, consegue l’assorbimento dei suddetti motivi nono, decimo, undicesimo e secondo dodicesimo motivo.

17. Con il primo dodicesimo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Assume la ricorrente che l’appello del Comune di Terni avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per insussistenza dell’interesse a ricorrere, essendo stato proposto prima della notifica dell’appello incidentale da parte della M..

17.1. Il motivo è inammissibile per violazione del criterio dell’autosufficienza, atteso che la ricorrente non riporta compiutamente, e nella loro integralità, nel ricorso le modalità temporali delle notificazioni degli appelli incidentali, così da poter valutare la fondatezza del motivo stesso senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte.

18. La Corte rigetta i motivi da 1 a 6 e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo. Accoglie i motivi 7 e 8 e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Assorbe i motivi da 9 a 11 e il secondo motivo n. 12. Dichiara inammissibile il primo motivo n. 12. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione.

PQM

La Corte rigetta i motivi da 1 a 6 e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo. Accoglie i motivi 7 e 8 e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Assorbe i motivi da 9 a 11 e il secondo motivo n. 12. Dichiara inammissibile il primo motivo n. 12. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2017

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