Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27595 del 10/12/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 27595 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

SENTENZA
sul ricorso 1317-2011 proposto da:
AG EN ZIA DELLE ENTRATE 06363391001. in

persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STXID, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
SOC111,-“,T

1-i i-\RLASSINA SRL 01853880134 in persona del legale

rappresent2nte pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
A. l’ARNESE, 7, presso lo studio dell’avvocato BERLIRI CLAUDIO,

Data pubblicazione: 10/12/2013

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BUSSANI
MAURO, giusta delega a margine del controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 141/29/2009 della Commissione Tributaria

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
udito per la controricorrente gli Avvocati Mauro Bussani e Claudio
Berliri che hanno chiesto il rigetto del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. UMBERTO
APICE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la società Barlassina srl – esercente l’attività di
commercio di autoveicoli – per la cassazione della sentenza con cui la Commissione
Tributaria Regionale della Lombardia, riformando la sentenza di primo grado, ha annullato la
ripresa fiscale e le sanzioni relative all’anno di imposta 2003, pretese dall’ Ufficio sulla base di
una contestazione di mancata fatturazione di somme versate alla contribuente dai suoi clienti al
momento della formulazione delle proposte di acquisto dei veicoli (o anche dopo tale
momento, ma prima della conclusione dei contatti di compravendita); somme ricevute,
secondo la contribuente, a titolo di caparra o deposito cauzionale e, secondo l’Ufficio, a titolo
di acconto sul prezzo.

La Commissione Tributaria Regionale ha fondato la propria decisione sull’assunto che la
contribuente avrebbe dimostrato, producendo in giudizio 243 proposte di acquisto di veicoli,
che le somme in questione erano state in parte versate titolo di caparra, e quindi non erano
soggette all’obbligo di fatturazione, e in parte tempestivamente regolarizzate, perché riferite a
veicoli ceduti e consegnati nello stesso mese di incasso.
li ricorso della difesa erariale si fonda su tre motivi: con il primo motivo si censura la
violazione dell’articolo 52, quinto comma, d.p.r. 633/72 in cui la sentenza gravata sarebbe
incorsa ritenendo ammissibili documenti prodotti dal contribuente e non esibiti in sede di
verifica: con il secondo motivo si censura il vizio di insufficiente motivazione della sentenza
gravata sulla destinazione(a caparra o ad acconto) dei versamenti della cui fatturazione si
Ric. 2011 n. 01317 sez. MT ud. 13-11-2013
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Regionale di MILANO del 23.10.09, depositata il 16/11/2009;

discute; con il terzo motivo si censura la violazione e falsa l’applicazione degli articoli 6,
primo comma, 5. quarto comma, e 13 D.Lgs. 471/97, in cui la sentenza gravata sarebbe
incorsa affermando l’inapplicabilità delle sanzioni tributarie casi di regolare tenuta dei libri
obbligatori da parte del contribuente.
La contribuente resiste con controricorso.

La causa – originariamente avviata alla trattazione camerale con relazione ex art. 380 bis cpc e
quindi rimessa dal Collegio alla pubblica udienza – è stata discussa all’udienza del 13.11.13, in

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo mezzo, relativo alla dedotta violazione dell’articolo 52, quinto comma, d.p.r. 633/72,
è infondato.
In punto di fatto la Commissione Tributaria Regionale ha affermato che la documentazione
prodotta in giudizio dalla società non era stata esibita in sede di verifica della Guardia di
Finanza

“per la manifesta difficoltà di reperimento da parte della società cotne

opportunamente registrato dai verbalizzanti”. Da tale accertamento di fatto il giudice

territoriale trae la conseguenza che nella specie non sarebbe riscontrabile

“alcuna ipotesi di

rifiuto di esibizione o sottrazione” della documentazione poi prodotta in giudizio, cosicché la

disposizione di cui all’articolo 52, quinto comma, d.p.r. 633/72, non risulterebbe applicabile
per difetto di un “comportamento teso scientemente a porre in essere i riferiti atti omissivi al
fine intralciare e condizionare la verifica in atto”. Tale affermazione è criticata dalla difesa

erariale sul rilievo che, al contrario di quanto ritenuto dalla Commissione Tributaria
Regionale, l’operatività della disposizione di cui all’articolo 52, quinto comma, d.p.r. 633/72
non postula necessariamente un comportamento doloso del contribuente.
Osserva il Collegio che è indubbio che, come sostiene la ricorrente, la sanzione della
inutilizzabilità dei documenti di cui sia stata rifiutata l’esibizione in sede di verifica, prevista
dall’articolo 52, quinto comma, d.p.r. 633/72, non presuppone necessariamente che il rifiuto
di esibizione sia stato doloso, ossia finalizzato ad impedire l’attività di accertamento, ben
potendo tale sanzione applicarsi anche quando detto rifiuto sia dipeso da errore non scusabile,
di diritto o di fatto, dovuto a dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative o altro (in
questo senso, si vedano le sentenze di questa Corte nn. 21768/09, 7269/09). Tuttavia, perché
sia preclusa la utilizzazione in sede amministrativa o contenziosa di un documento, è

pur

sempre necessario non solo, come precisato già nelle suddette sentenze di questa Corte, che
esso sia stato richiesto in sede di verifica (non potendo costituire rifiuto la mancata esibizione

di qualcosa che non si è richiesto), ma anche che alla richiesta di esibizione il contribuente
fosse in condizione di corrispondere positivamente adottando l’ordinaria diligenza, ossia che

il documento richiesto fosse in suo possesso o fosse da lui agevolmente e tempestivamente
reperibile, in originale o in copia, presso chi lo possedeva. La sentenza gravata non è dunque

Ric. 2011 n. 01317 sez. MT – ud. 13-11-2013
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cui il Procuratore Generale ha concluso come da verbale.

incorsa nel denunciato vizio di violazione di legge, perché correttamente ha escluso che
fossero inutilizzabili documenti la cui mancata esibizione in sede di verifica era dipesa dalla

“manifesta difficoltà di reperimento”, espressione da intendere come equivalente a “difficoltà
di reperimento non superabile con l’ordinaria diligenza”. L’accertamento di fatto che i
documenti prodotti in giudizio dalla contribuente fossero di difficile reperimento al momento
della verifica, d’altra parte, non forma oggetto di censura nel ricorso per cassazione
dell’Agenzia delle entrate e quindi, in definitiva, il primo mezzo va rigettato.

destinazione (a caparra o ad acconto) dei versamenti della cui fatturazione si discute, va
giudicato inammissibile sotto un duplice profilo; da un lato, perché non è autosufficiente, in
quanto – risolvendosi nella critica delle conclusioni che il giudice di merito ha tratto dall’esame
dei documenti prodotti in giudizio dalla contribuente – avrebbe dovuto trascrivere, o
quantomeno riprodurre nei suoi termini essenziali, il contenuto di tali documenti, precisando in
quali fascicoli essi siano rinvenibili per essere esaminati dalla Corte; d’altro lato, perché il
motivo non indica specifici fatti storici, trascurati dal giudice di merito, la cui adeguata
valutazione avrebbe condotto con certezza ad un esito decisionale diverso, ma si sostanzia
nella contrapposizione della valutazione delle risultanze istruttorie operata dalla parte a quella
operata dal giudice, in tal modo risolvendosi nella inammissibile richiesta alla Corte di
cassazione di sostituirsi al giudice di merito all’apprezzamento delle risultanze processuali.
Il terzo motivo, relativo alla dedotta violazione degli articoli 6, primo comma, 5, quarto
comma. e 13 D.Lgs. 471/97, è pur esso inammissibile, perché non pertinente alla ratio
clecidendi della sentenza gravata. Secondo la ricorrente, infatti. la Commissione Tributaria
Regionale avrebbe annullato le sanzioni irrogate con l’impugnato avviso di accertamento in
base ad un’autonoma ratio decidendi secondo la quale la regolarità amministrativa e contabile
dei libri obbligatori tenuti dalla contribuente comporterebbe ex se l’inapplicabilità delle
sanzioni. Tale assunto, tuttavia, non è rinvenibile nella sentenza gravata, la quale non
contiene l’affermazione – di diritto – che la regolarità amministrativa e contabile dei libri
obbligatori esimerebbe i contribuenti dall’applicazione delle sanzioni previste dalla legge per
le violazioni tributarie, ma argomenta – in linea di fatto – che la regolarità amministrativa e
contabile dei libri obbligatori tenuti dalla società Barlassina srl consentirebbe di ritenere
infondate nel merito le pretese dell’Ufficio e, quindi, di ritenere insussistenti le violazioni
sanzionate con l’atto impositivo impugnato.
In conclusione il ricorso va respinto con riferimento a tutti e tre i mezzi che lo sorreggono.
Le spese si compensano.

PQM
Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così

deciso in Ronw il 13 novembre 20 3

Ric. 2011 n. 01317 sez. MT – ud. 13-11-2013

Il secondo motivo di ricorso, relativo al preteso vizio di motivazione sul punto della

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