Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1973 del 25/01/2017
Cassazione civile, sez. VI, 25/01/2017, (ud. 23/11/2016, dep.25/01/2017), n. 1973
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18088-2014 proposto da:
S.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TIBULLO 10,
presso lo studio dell’avvocato GUIDO FIORENTINO, che lo rappresenta
e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, e rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,
EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI giusta procura speciale a
margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2369/2013 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del
17/12/2013, depositata il 30/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l’Avvocato Pulli Clementina difensore del controricorrente che
si riporta agli scritti.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte di appello di Messina ha accolto l’appello dell’Inps ed ha riformato la sentenza del Tribunale di Patti che aveva riconosciuto il diritto di S.B. a percepire l’assegno ordinario di invalidità, L. n. 222 del 1984, ex art. 1 a decorrere dal gennaio 2005.
La Corte territoriale, in esito ad un nuovo accertamento medico legale, ha escluso che le patologie da cui era affetta l’assicurata ne riducessero la capacità lavorativa nella misura richiesta dalla legge.
Per la cassazione della sentenza ricorre S.B. e denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia; inoltre, con il secondo motivo, denuncia la violazione della L. n. 222 del 1984 per avere omesso, la Corte di appello, di valutare l’incidenza delle patologie accertate su ogni altra attività confacente con le attitudini dell’interessata ignorando le controdeduzioni espresse alla ctu alla consulenza in primo grado e la richiesta di rinnovo dell’esame peritale. L’Inps si è difeso con tempestivo controricorso.
Tanto premesso, le censure sono sotto vari profili inammissibili.
Seppur formulate con riguardo alla violazione dell’art. 112 c.p.c. e della L. n. 222 del 1984 con esse si pretende, inammissibilmente, che il giudice di legittimità proceda ad una nuova e più favorevole valutazione della documentazione medica acquisita senza tuttavia precisare in che modo la sentenza si sia discostata dalle nozioni correnti della scienza medica ovvero se il consulente, chiamato a riesaminare il quadro clinico dell’assicurata, abbia omesso accertamento strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi.
Al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice non denunciabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 1653 del 2012). Nessuna violazione della L. n. 222 del 1984, art. 1 è poi ravvisabile nella sentenza che ha correttamente tenuto conto della specifica capacità lavorativa dell’invalida.
In conclusione, per le esposte considerazioni, il ricorso, manifestamente infondato deve essere rigettato con ordinanza ai sensi dell’art. art. 375 c.p.c., n. 5.
Sussistono i presupposti per l’esonero dal pagamento delle spese del giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. ed inoltre l’ammissione al gratuito patrocinio esonera la ricorrente dal versamento del contributo unificato.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso.
Dichiara non ripetibili le spese del giudizio di legittimità e dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017